Attentati di Parigi: ecco lo schema d’attacco usato dai terroristi
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Ideato in Siria, pianificato in Belgio, eseguito in Francia. Il modello usato dagli jihadisti il 13 novembre, rischia di essere riprodotto anche in altri parti d’Europa
di GUIDO OLIMPIO Corriere della Sera 17.11.2015
WASHINGTON - Ideato in Siria, pianificato in Belgio, eseguito in Francia. Questo, come ha indicato il presidente Hollande, lo schema d’attacco. Un modello usato in precedenza su scala minore che ora rischia di essere riprodotto anche in altre parti d’Europa e non solo.
Fase uno
Un buon numero di militanti del commando sono stati in Siria. Li hanno preparati, indottrinati, istruiti. I corsi di addestramento riservati agli europei variano, così come mutano i soggiorni. Da poche mesi a lunghi periodi. Testimonianze di estremisti fermati sostengono che il training in qualche caso è durato una settimana, in altri quattro. La presunta mente dell’assalto, Abdelhamid Abaaoud, era in contatto con alcune delle reclute in quanto accoglie volontari francesi e belgi a Raqqa, ma lavora anche con nord africani. In passato il belga-marocchino, noto anche come Abu Omar, ha dato somme di denaro a complici poi rimandati indietro con l’incarico di compiere attentati. Non sofisticati: scegli target facili, ha consigliato ad uno. E’ in questa bolla che vivono e si muovono i jihadisti. E’ qui che Abaaoud ha pensato all’operazione del venerdì nero. Alcuni osservatori sono più cauti sul reale peso del terrorista: più facilitatore - ipotizzano - che “mente”. Forse c’è altro sopra di lui.
Fase due
Da tempo l’Isis ha eletto il Belgio a testa di ponte avanzata per attacchi da condurre in paesi vicini. Vecchia tattica che torna utile per cercare di confondere le idee alle polizie. Ed è riuscita, anche perché non esiste una banca dati comune Ue. Il territorio belga ha una tradizione di presenza islamista radicale (dagli anni ‘90), è ben collegato al resto d’Europa, conta su elementi già rodati, ha fornito allo Stato Islamico centinaia di volontari. E’ il luogo ideale per la pianificazione e l’acquisto di armi grazie al mercato nero. Abu Omar ha ed aveva le sue sponde a Molenbeek e in altre zone difficili. Lo dicono i fatti: il battesimo del fuoco lo si è avuto con l’attentato contro il museo ebraico di Bruxelles (2014). Guardiamo i dettagli dell’episodio. Eseguito da un francese reduce del conflitto siriano, usato un Kalashnikov, fuga verso sud ed arresto a Marsiglia. A innescarlo sarebbe stato sempre Abaaoud. Di nuovo un’azione lungo l’asse Belgio-Francia. Le indagini dopo gli attacchi di Parigi mostrano il travaso di uomini, è evidente il legame con il santuario belga.
Fase tre
L’esecuzione ha portato gli uomini nelle strade di Parigi. L’inchiesta parla di vetture noleggiate in Belgio, di spostamenti, di possibili nascondigli (uno in un sobborgo di Parigi), di kamikaze francesi. L’artificiere ha preparato le cinture esplosive, i mujaheddin si sono comportati come guerriglieri infiltrati nel campo nemico riuscendo a sfuggire ai controlli nonostante alcuni di loro fossero ben noti alle autorità ed uno segnalato un paio di volte dai turchi. Erano invece sconosciuti all’intelligence Usa . I killer hanno agito scegliendo - come suggerisce il loro ispiratore - bersagli indifesi. E infatti hanno sterminato dozzine di innocenti nei bar e nel teatro. Hanno invece fallito contro l’unico bersaglio protetto: lo stadio. Siamo certi che l’Isis starà studiando gli errori commessi dalle sue pedine in vista di future missioni, individuali o di gruppo. A seconda delle opportunità.
La cooperazione
La dimensione sovranazionale del piano esige una collaborazione di eguale livello, che vada oltre i confini. Gelosie e diffidenze tra servizi di stati diversi sono un grande regalo ai killer, anche se le esigenze dei governi non sono omogenee.Attentati di Parigi: ecco lo schema d’attacco usato dai terroristi
Ideato in Siria, pianificato in Belgio, eseguito in Francia. Il modello usato dagli jihadisti il 13 novembre, rischia di essere riprodotto anche in altri parti d’Europa
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