#MenoumeEvropi. Perché pure in Grecia si dubita del piano-Tsipras
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Lunedì il vertice a Bruxelles per scongiurare l'uscita di Atene dall'euro. I creditori hanno un piano, magari discutibile. Tsipras, invece, come vuole far crescere il paese?
Un manifesto esposto ieri ad Atene per protestare contro la linea Tsipras in Europa (foto LaPresse)
di Marco Valerio Lo Prete | 19 Giugno 2015 ore 13:36 Foglio
"Europa! Europa! Europa!". Ieri sera alla fine erano migliaia i cittadini greci riuniti in Piazza Syntagma per chiedere al governo di Alexis Tsipras di fare di tutto per restare nell'euro. Sui social-network spopolava l'hashtag "#MenoumeEvropi", "restiamo in Europa" appunto. Una manifestazione sui generis per gli standard ellenici ed europei degli ultimi tempi, nel corso della quale le bandiere con le stelle oro su sfondo blu venivano sventolate con forza, e non bruciate o calpestate come accaduto nel corso delle proteste anti austerity più violente degli ultimi tempi. Anche da alcuni cartelli emergevano critiche per una volta più contro il governo in carica (nato dall'alleanza tra la sinistra radicale di Syriza e un piccolo partito nazionalista) che contro la Troika dei creditori: "No allo stalinismo", diceva uno degli striscioni.
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Nel frattempo Donald Tusk, il presidente del Consiglio Ue, subito dopo la fine dell'ennesimo Eurogruppo inconcludente, convocava per lunedì un vertice straordinario per discutere la questione greca "ai massimi livelli politici". Perché il premier greco Alexis Tsipras sarà pure in Russia a discutere con Vladimir Putin, ma intanto il 30 giugno scade formalmente il programma di aiuti internazionali per la Grecia da parte della Troika (Unione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale); e sempre entro il 30 giugno Atene dovrà rimborsare 1,6 miliardi di euro al Fmi. Il governo Tsipras vuole prima ottenere l’ultima tranche di aiuti internazionali, e poi con questi soldi pagare il Fmi. E se non ci riuscisse? I mercati sono più che scettici. Qualche analista e qualche leader europeo, dietro le quinte, a questo punto rimpiange il grigio premier conservatore Antonis Samaras, al potere dal 2012 fino allo scorso gennaio, certo più pacato e prevedibile di Tsipras & co.
Soprattutto, però, la piazza ateniese di ieri sembrava porre un giusto quesito al governo in carica. E' vero, i creditori - e la cancelliera tedesca Merkel in testa - saranno pure criticabili, avranno compiuto errori gravi e si saranno pure dimostrati inutilmente inflessibili in alcuni frangenti, ma Tsipras quali alternative propone? Non tanto per l'immediato, visto che il suo ministro delle Finanze Varoufakis è un vulcano di idee e proposte per un possibile, ma per il giorno dopo. Sia il giorno dopo il deal, sia il giorno dopo l'ipotetico default: Tsipras come intende rivoluzionare una Pubblica amministrazione elefantiaca e disfunzionale? Come vuole trasformare la "frappè economy" ellenica in un mercato produttivo e minimamente competitivo? Nessuno sembra averlo capito, ancora. Non solo nelle algide stanze di Bruxelles.
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