Come la macchina dell’intolleranza di sinistra ha messo all’angolo la castigatrice delle censure liberal, Kirsten Powers
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New York. Che la sinistra si scagli con intenzioni intolleranti contro un libro che descrive l’intolleranza della sinistra è la perfetta chiusura del cerchio
di Mattia Ferraresi | 14 Maggio 2015 ore 06:18
New York. Che la sinistra si scagli con intenzioni intolleranti contro un libro che descrive l’intolleranza della sinistra è la perfetta chiusura del cerchio. Il nuovo libro di Kirsten Powers, “The Silencing: How the Left Is Killing Free Speech”, non era ancora sugli scaffali quando i commentatori liberal hanno preso ad attaccarlo, provando involontariamente la verità del suo contenuto. Powers ha compilato una rassegna di boicottaggi, licenziamenti, disinviti di università a personaggi non allineati alla cultura liberal prevalente, dall’ex ceo di Mozilla, Brendan Eich, cacciato per una donazione perfettamente legale a sostegno della campagna per il matrimonio tradizionale, fino a Christin Hoff Sommers, femminista non convenzionale che regolarmente vede sfumare inviti delle università per le proteste preventive di professori e studenti liberal. Aveva così tanti esempi per illustrare la guerra da sinistra contro la libertà di espressione che ha dovuto sacrificare un paio di capitoli.
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“Quello che mi ha colpito – ha spiegato Powers – è che la sinistra illiberale mi ricorda i fanatici religiosi, ma di una religione secolarizzata. La persona religiosa media ha il proprio credo, ma non cerca di licenziare chi la pensa diversamente. Solo i fanatici lo fanno. Per loro non è sufficiente credere, non riescono a tollerare che altri non credano in quello in cui credono loro. Devono dimostrare che sono moralmente superiori alle persone con le quali sono in disaccordo”. William Buckley diceva già una vita fa che “i liberal vogliono sentire altri punti di vista rispetto al loro, ma sono scioccati quando scoprono che esistono altri punti di vista”. Ai liberal questa rappresentazione non è piaciuta. Si badi bene: non sono gli esempi di intolleranza elencati nel libro a essere sotto attacco, quanto l’autrice, secondo un classico schema di attacco incentrato sulla delegittimazione dell’autore invece che sulla confutazione delle sue tesi. Esempio: per smontare le accuse di usare i fondi in modo improprio e illegale contenute in un’inchiesta, il team di Hillary Clinton non si prende la briga di rispondere punto su punto, ma si limita a screditare l’autore, mettendolo nella schiera degli urlatori della destra zoticona, confinandolo nel girone dei cospiratori che ancora insistono a dire che Obama è un musulmano nato in Kenya, o forse una lucertola gigante venuta dallo spazio.
Allo stesso modo Oliver Willis di Media Matters, osservatorio progressista dei media, bolla Powers come una “impiegata da Fox News, anti choice che scrive per la Heritage Foundation”, e ne conclude: “Sì, continuate a dirmi che è una democratica”. Chi lavora in un osservatorio dei media sa che è più efficace presentarla come una controfigura ideologica di Sarah Palin invece di entrare nel merito, magari ricordando che Powers ha iniziato la sua carriera nell’Amministrazione Clinton e sosteneva il matrimonio gay quando Hillary era contraria. Era ed è ancora pro life, ma non anti choice. Poi si è convertita al cristianesimo, ma è tuttora a favore del matrimonio omosessuale, e si definisce una liberal nonostante le rappresentazioni distorte della sinistra che concede libertà di parola soltanto a chi esprime concetti con cui è d’accordo.