Hate university/3. Il ruolo del Qatar nel crescente antisemitismo degli atenei americani. Israele come uno Stato suprematista bianco e colonialista

Attraverso ingenti donazioni ai dipartimenti di studi sul Medio Oriente, il regime di Doha promuove delle università più prestigiose degli Stati Uniti narrazioni d’odio, Ultimo di tre articoli

16.11.2024 Carole Hallac, linkiesta.it lettura5’

Questo è l’ultimo di tre articoli di Carole Hallac dedicati ai fenomeni di antisemitismo nelle università americane.In www.inkiesta il primo articolo, e il secondo articolo.

Un recente studio condotto dall’Institute of Study of Global Antisemitism and Policy (Isgap), un istituto di ricerca dedicato a combattere l’antisemitismo globale, ha sollevato preoccupazioni sulle influenze antidemocratiche nei campus universitari americani, alimentate da finanziamenti stranieri. In particolare, il Qatar, un paese con soli trecentoquarantamila abitanti, risulta essere il maggior finanziatore di università, esercitando un impatto diretto sul discorso politico e accademico. Tra le istituzioni oggetto dell’indagine sui finanziamenti del Qatar figurano Cornell (1,95 miliardi di dollari), Texas A&M (oltre un miliardo), Yale (quasi sedici milioni) e Columbia (oltre sette milioni).

Queste donazioni, in gran parte non dichiarate (nonostante l’obbligo legale di segnalare donazioni superiori a duecentocinquantamila dollari), hanno sollevato interrogativi sulla trasparenza e sugli effetti che tali fondi potrebbero avere nel plasmare il pensiero critico nelle università. I legami del Qatar con movimenti come i Fratelli Musulmani e gruppi terroristici come Hamas suscita preoccupazioni per il collegamento tra il finanziamento per la ricerca accademica e l’ideologia jihadista.

Dalle ricerche traspare che, attraverso il soft power del denaro, il Qatar ha finanziato dipartimenti di studi sul Medio Oriente, influenzando la narrazione su Israele e sugli ebrei, percepiti come parte di una supremazia bianca colonialista. Questo ha oscurato il dibattito storico sull’antisemitismo, ridefinendo il discorso accademico in chiave antisionista. L’indagine di Isgap ha evidenziato la necessità di una maggiore vigilanza e trasparenza nelle relazioni tra università americane e donatori stranieri, per evitare che interessi esterni compromettano i valori democratici e il rispetto delle minoranze nelle istituzioni educative.

«Quello che abbiamo visto nel corso dei decenni è un’erosione degli standard del mondo accademico», commenta Jonathan Schanzer. «Abbiamo consentito ad alcune aree di studio, come le scienze sociali, di essere compromesse da individui con secondi fini. In passato si studiavano i fatti e la storia; ora si apprendono interpretazioni di quei fatti e della storia, e credo che questo stia avvelenando le menti dei giovani americani. Abbiamo un problema con quelli che definisco “radicali con la cattedra” che sono intoccabili dalle amministrazioni universitarie e non possono essere rimossi. Questo sistema garantisce che tali individui mantengano il loro lavoro in perpetuo. E penso che queste persone abbiano causato un danno irreparabile al nostro sistema educativo».

Le università statunitensi hanno anche aperto le loro porte agli studenti stranieri, nella speranza di ottenere maggiori finanziamenti e per diffondere i valori americani. Nelle Ivy League, con una percentuale di studenti stranieri tra il ventisette e trentanove per cento, la direzione degli scambi culturali che avvengono nei campus si è invertita. Gli studenti statunitensi subiscono l’influenza di opinioni politiche di governi e di popoli notoriamente poco inclini ai valori fondamentali delle società occidentali, come la democrazia e libertà di espressione.

Contemporaneamente, la crescente marginalizzazione di studenti ebrei è evidente dai dati forniti da Hillel International, un’organizzazione che sostiene la vita ebraica nei campus. Negli anni Settanta, gli ebrei costituivano circa il venticinque per cento della popolazione studentesca di Harvard; nel 2023, si stima questa percentuale sia inferiore al cinque per cento. Per le istituzioni della Ivy League in tutta l’America, il calo percentuale è equivalente.

Il fallimento delle istituzioni universitarie

La testimonianza al Congresso del dicembre 2023 con le presidenti di Harvard, Penn e Mit ha suscitato scalpore, in quanto sono state criticate per non aver condannato le incitazioni alla violenza contro gli ebrei, giustificando le loro posizioni in nome della libertà di espressione. Questo ha portato, nei mesi successivi, alle dimissioni di due di loro. Tuttavia, oltre un anno dopo il 7 ottobre 2023, le azioni intraprese dalle università per ripristinare l’ordine e proteggere gli studenti continuano a essere insufficienti.

Secondo una ricerca dell’Adl, il settanta per cento del corpo studentesco universitario sostiene che la propria università dovrebbe fare di più per affrontare il problema. Molti episodi di antisemitismo non vengono neanche denunciati all’amministrazione, poiché gli studenti ebrei oltre a non fidarsi del sostegno offerto, hanno paura di ritorsioni (cinquantacinque per cento). Inoltre, dal 7 ottobre 2023, solo il 38,6 per cento si sente a proprio agio nel farsi conoscere come ebreo, la metà rispetto agli anni precedenti (63,7 per cento).

Con il nuovo anno, poco sembra essere cambiato. La nuova presidente di Columbia, subentrata dopo il disastroso mandato di Manouche Shafik, nel suo discorso inaugurale si è scusata con i manifestanti per le azioni della polizia in campus, senza offrire alcuna parola di sostegno alla comunità ebraica, che continua a temere per la sua sicurezza. Il professor Shai Davidai ha ricevuto minacce da un imam estremista che in un video pubblico ha invitato i membri della Students for Justice in Palestine a «creare una situazione che metta nei guai o lo faccia espellere», senza nessuna posizione di condanna dall’amministrazione. Lo scorso 7 ottobre, il professore è stato espulso dal campus per aver confrontato l’amministrazione in difesa dei ragazzi ebrei bloccati dai manifestanti, che in compenso, non hanno avuto nessuna conseguenza disciplinare.

Nel frattempo, il procuratore di Manhattan, Alvin Bragg, ha fatto cadere le accuse contro i manifestanti di Columbia che hanno preso d’assalto un edificio dell’università, tenendo in ostaggio diversi custodi (che ora hanno sporto denuncia) e causando danni per migliaia di dollari. Questo semestre, una delle dimostranti, Johannah King-Slutzky, nota per aver chiesto aiuto umanitario durante l’assedio, insegna un corso sulle civiltà occidentali contemporanee. Poche conseguenze anche a Boston per i sessantotto studenti di Harvard che avrebbero dovuto subire azioni disciplinari per il loro ruolo nell’accampamento (nel campus, ndr), con la revoca di quasi tutte le sospensioni.

La controffensiva

La lotta contro l’antisemitismo, che ha colto di sorpresa le comunità ebraiche americane, si sviluppa su diversi fronti, comprese una serie di azioni legali. Shabbos Kestenbaum, che durante il suo ultimo anno accademico è stato minacciato con un machete da un membro della facoltà, è tra gli studenti che hanno presentato denuncia a Harvard. «Dopo mesi di richieste di aiuto all’amministrazione senza avere risposta, non ho avuto altra scelta che citare in giudizio l’università». Come lui, decine di studenti hanno fatto causa a diversi atenei, tra cui Columbia, Nyu, Ucla, Cornell, Penn e Stanford, accusandoli di violazione della legge sui diritti civili, cercando sia risarcimenti sia riforme per affrontare l’antisemitismo nel campus.

«Stiamo combattendo una battaglia con venti anni di ritardo», osserva Eden, tra i quarantasette studenti che hanno citato in giudizio Columbia, anch’essa delusa dall’inerzia delle università nel proteggere gli studenti. Dall’escalation del 7 ottobre si è intensificata la spinta ad adottare la definizione di antisemitismo dell’Alleanza internazionale per la memoria dell’Olocausto, riconosciuta a livello mondiale come uno strumento educativo per comprendere e identificare le manifestazioni di odio contro gli ebrei. Questa definizione include forme contemporanee di antisemitismo, come ritenere gli ebrei collettivamente responsabili delle azioni dello Stato di Israele, applicare doppi standard richiedendo a Israele comportamenti non richiesti ad altre nazioni democratiche, e negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione.

La questione è anche al centro di numerose udienze congressuali a Washington, con la minaccia di bloccare i fondi alle università che non proteggono gli studenti ebrei. Dopo un’indagine durata mesi e diverse critiche sulla sua gestione delle segnalazioni di antisemitismo, la Commissione della Camera per l’Istruzione e il Lavoro ha accusato Harvard di possibili violazioni dei diritti civili (Title VI del Civil Rights Act, che vieta alle istituzioni che ricevono assistenza federale — come le università — di discriminare in base a «etnia, colore od origine nazionale»). Tra le altre azioni più significative del Congresso, è stato introdotto un disegno di legge bipartisan da due deputati di New York, Ritchie Torres e Andrew Garbarino, per vietare alle università di accettare denaro o donazioni da paesi che sostengono il terrorismo: inclusa la Cina, la Russia, l’Iran e la Corea del Nord.

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