Chi sono i cardinali e i vescovi Usa che hanno festeggiato per l’elezione di Donald Trump
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Fatti, nomi, parole. Donald Trump ha vinto. Una vittoria che ha avuto la sua parte anche cattolica, come hanno sottolineato già diversi osservatori. E c’è stato chi, più o meno apertamente, nella Gerarchia negli States ha fatto il tifo per lui e oggi può dirsi soddisfatto.
Antonino D'Anna formiche.net 14.11.2016
“Negli Stati Uniti ci sono 196 vescovi locali, che diventano 240 se aggiungiamo gli ausiliari e 350 con gli emeriti – ha detto a Repubblica il vaticanista John Allen
– Hanno tutti posizioni diverse fra loro e inserirli in un unico schema è impossibile. Si può in ogni caso dire che un venti per cento ha posizioni teologiche conservatrici, mentre un dieci per cento è più progressista. Tutti gli altri possono pendere più a destra o più a sinistra a seconda del momento”. Comunque, ha aggiunto Allen, in queste elezioni, diversamente dal passato, i vescovi sono stati più prudenti. E lo sono stati sia rispetto a Clinton che rispetto a Trump. In qualche modo, entrambi non li convincevano. Tuttavia, se è vero che la maggioranza dei cittadini cattolici ha votato per Trump, sarà interessante vedere come, e se, i vescovi useranno questo credito che hanno verso il nuovo presidente. Su molte posizioni sono distanti da Trump, ma hanno un credito da giocare. Vedremo come si comporteranno”.
Si può dire già, comunque, cosa taluni hanno detto. Il cardinale arcivescovo di New York, Timothy Dolan, ha alzato la voce nel mese di ottobre, avendo peraltro incontrato ambo i candidati. Ha scritto una vibrante lettera ai fedeli nella quale osserva:
La dignità della persona umana, da difendersi e promuoversi come prima priorità, che non dipende da razza, permesso di soggiorno, azioni possedute, età o salute; la sacralità della vita umana dal concepimento al santo momento della morte, va difesa vigorosamente (…). Siamo così grati come americani del fatto che questi due principi siano alla base della nostra Repubblica. Ma siamo anche vigili perché sono sotto attacco; e siamo impegnati come cittadini patrioti e cattolici a promuoverli e difenderli.
Luci e ombreinvece si possono leggere nelle parole del vescovo di El Paso (Texas), Mark J. Seitz che ha addirittura emesso un comunicato nel quale, tra l’altro, sia pur affermando che entrambi i candidati alla presidenza Usa avevano assunto posizioni contrarie ai principi cattolici e in grado di preoccupare non poco, scrive:
Crediamo che ogni essere umano non importa a quale stadio di vita, quale sia il suo sesso, origine, stato economico o disabilità abbia diritto ad essere amato, rispettato e protetto. Per questo motivo, sulla base delle posizioni spesso assunte dal nostro Presidente eletto, possiamo trovare ragioni per la speranza ed anche per serie preoccupazioni.
Seitz quindi plaude alla difesa della vita:
Siamo felici del fatto che chi è negli stadi iniziali della vita, al concepimento prima della nascita, chi ha diritto alla protezione durante il suo viaggio dal ventre materno, riceverà più protezione e aiuto. Speriamo che quelli alla fine del viaggio della sua vita si preoccuperanno di lui e non lo uccideranno in qualche contorta nozione di misericordia.
Ma a preoccuparlo sono “i fratelli e le sorelle rifugiate e i migranti in fuga o che stanno scappando da inenarrabili violenze”, ma anche: “Siamo preoccupati per i nostri fratelli e sorelle che sono musulmani e possono essere scacciati solo sulla base della loro confessione religiosa”. Qui monsignore si riferisce alle parole con cui Trump aveva promesso di cacciare gli islamici dal Paese, parole che avevano sollevato non poche preoccupazioni.
Seitz però è fiducioso e battagliero: “La retorica della campagna elettorale è qualcosa che passa. Ora viene il compito di governare, per cui un leader deve lavorare con gli altri e cercare il compromesso. A chi ha paura, ricordiamo che la Chiesa starà dalla sua parte”.
A proposito di allusioni, William Murphy, vescovo di Rockville Centre nel Long Island alla fine di ottobre aveva inviato una lettera ai fedeli sottolineando che: “l’appoggio all’aborto squalifica qualsiasi candidato e gli impedisce di ricevere il vostro voto”. Nel testo della lettera, pubblicata a due settimane dalle elezioni, egli sottolinea:
Ho tre domande per voi:
1. Pensate che il nostro Paese stia andando nella direzione giusta o sbagliata? Credo stia andando in quella sbagliata. Se ho ragione, quindi,
2. Dei due candidati a Presidente (…) quale continuerà a spingerci sulla strada attuale o quale è più probabile che riporterà giustizia in queste aree che hanno bisogno di giustizia (si riferiva all’aborto, N.d.R.)?
3. Quali candidati ci porteranno in una direzione più vicina alla vita, più a favore della famiglia e della verità? Quali riconosceranno e rispetteranno il ruolo della religione nelle vite dei cittiadini e il diritto della Chiesa a mediare le verità del Vangelo e l’insegnamento della Chiesa come parte della vita pubblica del nostro Paese (…) senza essere forzata ad adottare e facilitare quelle pratiche culturali che non sono consone all’insegnamento della Chiesa?
Qui il riferimento è alle email della Clinton, del suo staff e del suo disprezzo per i cattolici che aveva irritato specialmente i conservatori americani.
Ci sono anche i laici a essere contenti. March for Life è un’organizzazione che si occupa di combattere l’aborto ed è vicina anche al mondo cattolico americano (ogni anno, prima della Marcia, si celebrano diverse Messe tra cui una alla Basilica del Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington). Il commento ufficiale davanti alla vittoria di Trump è stato espresso da una serie di tweet:
Hillary Clinton e la sua fervida promozione dell’aborto sono stati battuti;
Planned Parenthood ha speso oltre 30 mln di dollari per far eleggere Hillary, e ha perso;
Siamo felici dei risultati di stanotte: Camera, Senato e presidenza riflettono il consenso pro life degli americani
Può dirsi soddisfatto anche l’arcivescovo di Kansas City, Joseph F. Naumann che si era mosso con attenzione nei mesi precedenti le elezioni per ricordare i valori non negoziabili. E nel video pubblicato sul sito dell’Arcidiocesi, aveva ricordato insieme ai confratelli: “Quando votiamo le nostre scelte non devono mai essere risolte in un mero interesse, ma una valutazione di quello che è bene per la società”. Attenzione alla Dottrina Sociale della Chiesa, l’applicazione dei principi morali. Ma soprattutto, come abbiamo detto, la tutela delle vite dei bambini, la libertà religiosa e affermazione del matrimonio tra uomo e donna, unico possibile. Anche se l’appello al rispetto dei migranti certo non è quello che Trump rispetterà. Una cosa però è certa: Naumann aveva demolito Kaine, candidato vicepresidente della Clinton scialbamente cattolico, definendolo cattolico da bar.
Una voce che si è fatta sentire molto, e con giudizi taglienti, in questo periodo è quella di Thomas J Tobin, vescovo di Providence che sulla sua pagina Facebook ha voluto dire la sua sulle elezioni. Non solo aveva anche lui bastonato Tim Kaine, ma all’indomani della votazione ha scritto:
L’elezione di Donald Trump non garantisce nulla. Speriamo, tuttavia, che Trump manterrà le sue promesse pro-life. Speriamo e preghiamo che sotto la sua guida la nostra nazione si muoverà per eliminare aborti, il loro finanziamento federale, e toglierà i fondi a Planned Parenthood (a favore della “salute riproduttiva” e che era vicina alla Clinton, N.d.R.). Oh, e comunque, crediamo che un’amministrazione Trump, come promesso, cancellerà e sostituirà l’Obamacare, fermando la persecuzione delle organizzazioni religiose.
Papa Francesco magari non approverà, ma una cosa è certa: i vescovi americani hanno preso atto della situazione. E, come ha dichiarato il loro presidente monsignor Joseph Kurtz, vescovo di Louisville, i vescovi sono pronti a collaborare con Trump, richiamando la sua attenzione alla tutela della vita umana dall’inizio alla fine, la libertà di fede, i migranti, le persecuzioni dei credenti nel mondo e infine la tutela della libertà religiosa e del matrimonio tra uomo e donna.