Il boom è figlio dei matrimoni, non viceversa. I perché di un allarme sociale

Il declino della nuzialità ha accompagnato prima la lunga stagnazione e poi la crisi dell’economia italiana e del pil

di Roberto Volpi | 24 Gennaio 2016 ore 06:18 Foglio

Il periodo del primo grande miracolo economico italiano, gli anni Sessanta è stato anche quello del maggiore livello della nuzialità. Tutti si sposavano in età giovanili tanto le donne (attorno ai 24-25 anni) che, sia pure un po’ meno, gli uomini (28), ma sempre nel pieno del vigore fisico, delle capacità inventive, creative e riproduttive. Si è troppo poco indagato e scritto su un tale legame. E comunque si è ingenerata l’idea che il boom dei matrimoni non sia stato che una quasi automatica conseguenza del boom economico. Si tratta di un errore d’interpretazione assai comune e continuamente riproposto: il livello dei matrimoni – il tasso di nuzialità – come conseguenza della più o meno alta o bassa congiuntura economica. Oggi, mentre nel 2014 abbiamo toccato il minimo storico di neppure 190 mila matrimoni e un tasso di nuzialità che non arriva al 40 per cento di quello degli anni sessanta, dovremmo cominciare a capire, quantomeno, che non è esattamente così che stanno le cose tra gli estremi dell’economia da un lato e della nuzialità dall’altro, e che è vero piuttosto il contrario: sono i matrimoni che tirano su l’economia più di quanto non faccia l’economia con i matrimoni. Anzi, l’economia, il pil, faticano comunque a riprendersi in Italia proprio perché manca il traino dei matrimoni, che sono scesi a un livello insostenibile per una popolazione che intenda essere vitale.

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E’ stupefacente come non sembri insegnare niente il fatto che il declino della nuzialità abbia accompagnato prima la lunga stagnazione e poi la crisi dell’economia italiana e del pil. Eppure è evidente come, entrati come siamo nel grande disamore degli italiani per il matrimonio, a partire dalla fine degli anni Settanta-primi anni Ottanta, non c’è più stato nessun grande sussulto dei nostri indicatori economici. Terminata la spinta dei matrimoni l’Italia si è via via persa, spenta. Ci mancano 60-70 mila matrimoni all’anno, per rientrare nella peraltro assai bassa media della nuzialità europea. Ci manca perfino un tasso adeguato di formazione delle coppie di fatto, rispetto ai paesi dell’Europa centro-occidentale e del nord che hanno sia un tasso di nuzialità che di coppie di fatto ben più alto del nostro. Ci manca, insomma, il “fare famiglia”, che pure è stata a lungo una nostra specialità. Ma se non si fa famiglia, e segnatamente se non la si impianta sul matrimonio, l’economia, il pil non possono che stentare, anche in tempi favorevoli alla ripresa. Il matrimonio, il metter su famiglia, è il moltiplicatore ancora oggi più efficace che esista degli sforzi, dell’inventiva, delle capacità individuali; della voglia (e della necessità) di rischio e di impresa. E’ anche un moltiplicatore di consumi, fortemente differenziati e di qualità. Per capirlo basta dare uno sguardo agli indicatori dei permessi di costruzione. Nel primo semestre del 2015 l’edilizia residenziale accusa una contrazione del 10,7 per cento delle abitazioni rispetto allo stesso periodo del 2014 mentre, al contrario, l’edilizia non residenziale registra un aumento del 6,9 per cento.

L’edilizia residenziale continua pesantemente a regredire nonostante la ripresa, che sarà pure leggera, insoddisfacente, ma c’è. E com’è che le abitazioni perdono un altro 10 per cento mentre il pil aumenta, seppure di poco? E’ che i matrimoni continuano a scendere anno dopo anno, e nel 2014 sono scesi al minimo, che si manterrà anche nel 2015 – pur se forse si è ormai toccato il fondo. Questo è. Ma togliete i matrimoni e il nostro è un paese senza nerbo, benzina per correre. E infatti non corre.

Il matrimonio arriva, quando arriva, nella vita delle persone, solo dopo che tutti i traguardi sono stati acquisiti e messi al sicuro. Il matrimonio è l’istituzione che può essere tranquillamente messa in soffitta perché tanto “basta l’amore”. Bene, rassegniamoci allora al declino, tra un modesto accenno di ripresa e l’altro.

Categoria Economia

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