I numeri del governo che smentiscono governo (e talk show) sull'evasione
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"Pagare tutti per pagare meno". Ancora ieri sera, nelle case degli italiani, i programmi di "approfondimento" politico rilanciavano il solito mantra anti evasione fiscale. Da Mattarella a Visco, passando per Confindustria, ecco i dati che smentiscono la leggenda. In realtà lo stato spende sempre di più, impone più balzelli, e spinge i contribuenti a fuggire
di Luciano Capone | 13 Gennaio 2016 ore 10:47 Foglio
Milano. C’è una convinzione diffusa nella classe dirigente italiana, quella che l’elevata pressione fiscale dipenda dall’evasione fiscale. Il corollario di questo assunto è che l’unico modo per abbassare le tasse sia ridurre l’evasione: pagare tutti per pagare meno. Lo ha affermato il presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso di fine anno, citando uno studio di Confindustria che si basava su quei presupposti, e lo ha sostenuto di nuovo sul Sole 24 Ore l’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco. L’idea di fondo è che i contribuenti onesti sono costretti a sobbarcarsi anche la quota di quelli che fanno i portoghesi; se questi ultimi pagassero la loro parte, gli altri pagherebbero meno. E’ una visione che ha una logica, ma purtroppo è falsa. Diciamo “purtroppo” perché se fosse vera in questi anni avremmo assistito a una riduzione della pressione fiscale reale, o per essere più precisi a una riduzione delle aliquote con una pressione fiscale costante ma più equamente distribuita. Invece è successo il contrario: l’evasione è diminuita, mentre la spesa pubblica e la pressione fiscale sono aumentate.
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Quando si discute di questi temi è necessario farlo con i numeri alla mano. C’è da dire che per la sua peculiarità l’evasione è difficile da calcolare, ci sono diverse stime spesso differenti, ma in generale le macro rilevazioni mostrano una tendenza di progressiva riduzione dell’evasione fiscale. Ad esempio l’economia sommersa, che è l’insieme ampio delle attività invisibili al fisco e in cui è inclusa l’evasione, secondo l’Istat è in costante calo: dal 18-19 per cento del 2000 al 16-17 del 2008, fino al 12,9 per cento del 2013 (anche se quest’ultima è una grandezza non confrontabile a causa di una revisione del metodo di stima). Una misura più precisa è il “tax gap”, che include l’evasione in senso stretto ma anche le somme non dichiarate a seguito di errori e non incassate per insolvenza dei contribuenti. Secondo il Rapporto sull’evasione fiscale del 2014, il tax gap si è ridotto del 2,3 per cento dal 2001 al 2012, attestandosi a circa 90 miliardi di euro. Un altro dato che conferma la tendenza è il successo, sbandierato dall’Agenzia delle entrate, sul fronte del recupero dell’evasione fiscale: dai 4,4 miliardi del 2006 alla cifra record di 14,2 miliardi di euro del 2014, le entrate da contrasto all’evasione sono triplicate in pochi anni e “si tratta della somma più alta mai incassata”, dice l’Age.
Cos’è successo alle tasse nello stesso periodo? Sono scese? No. La pressione fiscale ha raggiunto il livello record del 44 per cento, in crescita di 3-4 punti in 10 anni. Questo perché mentre si indicava pubblicamente il perfido evasore come origine di ogni male, il recupero dell’evasione fiscale andava a riempire il bidone bucato della spesa pubblica, aumentata di 6 punti di pil dal 2000 al 2013, da 9.600 euro a 13 mila euro pro capite. Pagare tutti per pagare di più, questo è quello che è successo. La realtà indica una cosa abbastanza intuitiva, che le tasse dipendono dalle spese e non dall’evasione: se la spesa è fuori controllo, la lotta all’evasione finirà per aumentarla. Se i governi avessero messo lo stesso impegno nella spending review, la lotta all’evasione sarebbe stata più efficace e l’economia ne avrebbe giovato, anche perché la repressione fiscale non fa altro che alimentare l’evasione. E in questo senso un caso paradigmatico è quello dell’Iva. Come afferma l’Agenzia delle entrate, negli ultimi anni l’evasione Iva si è ridotta di 8 punti percentuali e non solo le tasse non sono scese, ma le aliquote Iva sono state aumentate del 10 per cento (dal 20 al 22 per cento). E paradossalmente questo inasprimento ha prodotto secondo lo stesso ministero dell’Economia un aumento dell’evasione dopo anni di calo: “Nel 2011 il gap (evasione, ndr) cresce e tale effetto sembrerebbe dovuto all’incremento dell’aliquota ordinaria dell’Iva. E’ possibile che un tale aumento tenda a produrre, mediante la crescita della pressione fiscale effettiva, un innalzamento del tasso di evasione”. Le alte aliquote producono evasione, al Mef conoscono Laffer e la sua curva, ma preferiscono continuare ad andare fuori strada per poi dare la colpa agli evasori.