TOYODA vs AUTO ELETTRICA/ La verità che conta meno di interessi politici ed economici

Akio Toyoda, Presidente del colosso giapponese Toyota, si è schierato pubblicamente contro una rapida transizione verso l’auto elettrica

Akio Toyoda (lapresse)

19.12.2020 - Franco Oppedisano ilsussidiario.net lettura 5’

I giapponesi sono persone estremamente corrette, ma, forse, nella loro lingua non esiste il concetto di “politicamente corretto”. Lo dimostrano le dichiarazioni di Akio Toyoda, presidente del colosso giapponese Toyota, durante un incontro con la stampa a Tokyo. Alla faccia di Greenpeace e di Greta Thunberg, un uomo che guida la nona azienda più grande del mondo per fatturato ha detto che la fretta di mettere al bando le auto termiche rischia di portare al collasso tutto il settore automotive. Non solo. Il leader di Toyota, il pioniere e il leader delle auto ibride ovunque, ha tranquillamente sottolineato che un Paese come il Giappone resterebbe al buio se l’intero parco auto fosse elettrico e che potenziare le centrali elettriche nipponiche costerebbe tra i 135 e 358 miliardi di dollari.

«Quando i politici affermano “Sbarazziamoci di tutte le auto a benzina” si rendono conto di questo?», ha detto Toyoda che ha aggiunto che la produzione di energia elettrica, fatta con petrolio e carbone, finirebbe per peggiorare il livello di inquinamento dell’aria: «Più auto elettriche costruiamo, più anidride carbonica produciamo». Da ultimo il presidente di Toyota, con un tocco di poesia, ha aggiunto che, visti i prezzi dei veicoli elettrici troppo alti per le famiglie, sarebbero «come un fiore in cima alla montagna». Non abbiamo completamente capito il concetto, ma lo apprezziamo lo stesso. Applausi.

Insomma, Toyoda, alle prese con l’ipotesi di bandire le auto termiche in Giappone dal 2035, dice quello che tutti i suoi colleghi non hanno il coraggio di dire: il re è nudo e non è per niente bello da guardare, ovvero le auto elettriche vanno bene, ma spingere un cambiamento epocale in pochi anni è deleterio per tutti. Va controcorrente e, per dire la verità, rischia di essere dimenticato in fretta o di subire ritorsioni, per carità solo mediatiche o commerciali, da parte dei soloni del politicamente corretto per i quali l’auto elettrica, una specie di acquasanta per l’ambiente, e il futuro green vanno a braccetto e devono essere imposte per legge.

La verità sulle auto elettriche, però, è un’altra e si fa fatica a capirla anche se è importante per le nostre vite, sia dal punto di vista sanitario che della nostra libertà, perché siamo sotto assedio. Non c’è un complotto, certo, non c’è un grande vecchio che coordina tutto, non c’è nessuna Spectre nascosta in qualche isola supertecnologia che coordina la disinformazione e le bufale, che finanzia le ricerche gonfiate o indirizzate a spaventare le persone. C’è, invece, una problema e ci sono una serie di grandi interessi economici e politici che si mischiano, si sostengono l’un l’altro, senza coordinarsi, ma proseguendo insieme sulla stessa strada, aiutandosi e finanziandosi a vicenda, tirandosi la volata.

Il problema è l’inquinamento nelle metropoli, che per fortuna non è a livello di uno o due secoli fa, quando il riscaldamento e l’energia elettrica erano prodotto in larga parte dal carbone, ma esiste ancora, ripetiamo, nelle grandi città. Le auto con motore termico producono polveri sottili, CO2 e NOx. Ma lo fanno in maniera infinitamente minore rispetto ai tempi passati. Se nel 1995 la normativa europea per la sola CO2 imponeva per la CO2 un massimo di 186 g/km, per il 2021 il limite è stato impostato a 95g/km, con una riduzione complessiva del 49%. Discorso identico per gli NOx: se nel 1992 la normativa imponeva un massimo di 0.97 g/km, nel 2014 il limite è stato fissato a 0,08 g/km. Infine, per il particolato si è passati dai 0,14 g/km del 1991 agli 0,005 g/km del 2014. Poco importa che quasi la metà del Pm10 in Lombardia sia prodotto dalle stufe a pellet finanziate dalla Regione, poco importa che il rotolamento degli pneumatici che provoca Pm10 sia identico per le auto termiche e per quelle elettriche. Poco importa che il riscaldamento sia responsabile di oltre il 50% della produzione di CO2 in Italia, o che l’ammoniaca presente nell’aria venga prodotta dall’agricoltura. La causa dei 3 milioni di morte premature l’anno (mi sono sempre chiesto come facciano a calcolarla) per l’inquinamento è solo l’automobile, a gasolio o a benzina.

Veniamo ora agli interessi. Gli americani non usavano carburante diesel e dal loro shale oil non è possibile produrlo. Il diffondersi delle auto a gasolio negli States pronosticato da Volkswagen prima del dieselgate sarebbe stato un vulnus inaccettabile per la loro strategia di indipendenza energetica. I grandi mecenati multimiliardari, Bill Gates in testa, sono i finanziatori degli studi sull’ambiente, i promotori dei Meet, dei progetti di mobilità alternativa. Per loro ogni cambiamento è positivo e fonte di guadagni futuri. Le grandi aziende delle Silicon Valley volevano avere i dati sui nostri spostamenti in auto e il nostro tempo quando viaggiamo. Hanno provato a fare degli accordi con le case costruttrici, ma queste ultime non ci sono cascate perché i megadati sono il petrolio di domani. Allora prima hanno pensato di costruirle per i fatti loro, poi di appoggiarsi a costruttori nuovi. Naturalmente di auto elettriche, perché sono più facili da costruire.

 

Una strategia che non sta funzionando, o meglio sta funzionando solo per Tesla, ma che è parallela a quella della Cina, che non riesce a realizzare auto termiche a livello di quelle occidentali perché sono troppo complesse. Quindi punta sulle auto elettriche per superare il gap tecnologico. I politici occidentali, di destra e di sinistra, poi, hanno annusato l’aria che tirava e hanno scoperto che le auto sono un ottimo bersaglio per fare una bella figura senza spendere un euro. Basta fissare un divieto che entrerà in vigore quando loro saranno già in pensione ed è fatta. Nelle grandi città, poi, si fa a gara per essere più ambientalisti del vicino imponendo divieti di circolazione che lasciano il tempo (e l’inquinamento) che trovano in attesa che una giornata ventosa risolva tutto.

Come Toyoda, tutti nelle case automobilistiche del mondo, dall’ultimo assunto ai presidenti, sanno che la transizione verso le auto elettriche è prematura e dannosa per l’ambiente in generale. Non ci sono le batterie, non ci sono le colonnine di ricarica, i componenti richiesti sono difficili e pericolosi da trovare, i tempi di ricarica sono ancora troppo lunghi eccetera, eccetera. Ma, dopo aver cercato di opporre una tenue resistenza, si sono stancati di passare come gli inquinatori del mondo e hanno cercato di trovare un lato buono della faccenda. Le auto elettriche si realizzano con meno manodopera quindi, prima o poi, quando le batterie scenderanno di prezzo, costerà meno produrle. Meno costi e quindi più guadagni. Specie se qualcuno che governa imporrà a tutti di comprarne una. In Europa circolano 268 milioni auto e se ne vendono circa 15 milioni l’anno, quasi tutte con motore termico. Se, facciamo un’ipotesi, tra dieci anni si potesse circolare solo con un veicolo elettrico e un automobilista su due decidesse di comprarne una, il mercato europeo potrebbe crescere almeno del 50%. Una possibilità da leccarsi i baffi per le case automobilistiche.

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