Che cosa cambia dopo l’approvazione della riforma del Mes
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Apparentemente, dunque, una buona notizia per il nostro Paese. Elementi ben più graditi alle cancellerie politiche del Nord.
Andrea Muratore 1.12. 2020 ilgiornale.it lettura3’
www.itinsideover.it - Con la riforma del Meccanismo europeo di stabilità approvata ieri dall’Eurogruppo va a compimento un programma biennale di evoluzione della struttura del “fondo salva-Stati” che circa un anno fa aveva fatto apertamente discutere e che era stato temporaneamente messo da parte dopo l’inizio della pandemia, che aveva portato i Paesi dell’Unione europea a focalizzarsi sulla discussione riguardante la linea di credito “pandemica”.
La riforma interviene su due punti, da un lato modificando le linee di credito tradizionali, sostituendo i famigerati “memorandum” colmi di riforme e richieste di aggiustamento strutturale e austerità che in passato hanno attratto sul fondo svariate critiche con delle meno vincolanti lettere d’intenti, e dall’altro avviando la costituzione di un paracadute finanziario (backstop) al fondo salva-banche Srf (il fondo unico di risoluzione europeo alimentato dalle banche stesse), qualora, in casi estremi, dovesse finire le risorse a disposizione per completare i ‘fallimenti ordinati’ delle banche in difficoltà. In Italia sia il governo gialloverde che quello giallorosso avevano posto come precondizione per l’approvazione della riforma del Mes l’aggiunta di progressi significativi sulla “logica del pacchetto” connessa all’inserimento di meccanismi di sostegno all’unione bancaria nell’ordinamento europeo.
Apparentemente, dunque, una buona notizia per il nostro Paese. Il cui limitato risultato politico è annacquato dal fatto che tutti i Paesi europei erano sostanzialmente concordi nel definire come duale la riforma dopo l’emergenza pandemica, che ha messo sotto stress le banche di tutta Europa, e dall’inserimento di elementi ben più graditi alle cancellerie politiche del Nord. Da un lato, lo strumento di backstop sarà in vigore due anni prima rispetto al previsto, cioè dal 2022 invece che dal 2024, come richiesto dal ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz, e dall’altro si richiederà alle banche oggetto del meccanismo di risoluzione di liberarsi del fardello dei Non performing loans, i crediti deteriorati. Inoltre, su richiesta di Germania e Olanda è stata revisionata in senso più stringente il meccanismo delle Clausole di azione collettiva (Cac) già esistente che, come ricorda il Financial Times, l’Italia non voleva venisse toccato.
Le Cac sono clausole di azione che hanno l’obiettivo di facilitare la ristrutturazione dei debiti sovrani dei Paesi che ricorrono al Mes e di distribuire le perdite tra i detentori dell’intero pacchetto di titoli. “Attualmente”, nota AdnKronos, “le Cac sono ‘Double-Limb’: prevedono cioè, per cambiare le condizioni contrattuali e rendere le condizioni di ristrutturazione efficaci erga omnes una doppia maggioranza, una al livello di ogni serie di titoli e l’altra a livello di tutte le serie combinate”. Per esempio, in Italia questo vorrebbe dire differenziare, nel primo caso, i provvedimenti a seconda che si parli di Bot o Btp di diverso tipo e diversa durata. “Con la riforma verrebbero introdotte le Single-Limb Cacs, che prevedono solo la seconda delle due maggioranze, rendendo così meno probabile la formazione di minoranze di blocco tra i bondholders, minoranze che possono ostacolare la ristrutturazione del debito”, e si capisce perchè Roma abbia a lungo fatto resistenza, data l’elevata quantità di titoli che sono sotto il controllo di attori stranieri che potrebbero giocare un ruolo nel processo di ristrutturazione in caso di ricorso al Mes.
Si nota dunque che nei discorsi sul Mes futuro non è incluso il ragionamento sulla linea di credito anti-pandemia, pensata come contingente e non come fattore di lungo periodo. L’obiettivo dei Paesi del Nord, tra i maggiori sponsor del Mes, era rendere il fondo salva-Stati strutturale nell’ordinamento comunitario. Saldarlo con i meccanismi di vigilanza della Bce aggiunge un’ulteriore garanzia in tal senso per un fondo che, ricordiamolo, è esterno ai trattati Ue e era per ora connesso alla Commissione dai processi di riforma dei Paesi che ad esso facevano riferimento per risolvere le tempeste sul debito. Il dubbio maggiore che può venire è il fatto che il Mes sembra parlare ad un’Europa che, dopo la pandemia, rischia di risultare obsoleta: quella delle regole a tutti i costi, della disciplina di bilancio e, soprattutto, di un patto di stabilità che si prevede destinato a restar sospeso a lungo. Ma anche nel fondo salva-Stati non c’è dubbio che i nordici abbiano fatto pesare la loro sempre più rilevante posizione politica. E forse il vero portato di una riforma che difficilmente sfocerà negli anni a venire in ricorsi reali è una nuova attestazione dell’egemonia negoziale dei Paesi dell’asse “renano”.