“Dalla demografia alla letteratura, l’occidente è vittima della mediocrità dilagante”. Parla David Goldman
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“Benedetto XVI è l’ultimo grande dell’occidente”, dice l'intellettuale americano
di Giulio Meotti | 03 Febbraio 2016 Foglio
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Il paragone gli viene facile da quando insegnava al celebre conservatorio Mannes di New York. “In occidente, anche l’ascolto della musica classica è in diminuzione”. David Goldman è uno degli intellettuali americani più eclettici e irregolari. Sessantenne ebreo laico che scrive su First Things (la rivista dei cattolici americani) e Wall Street Journal, Goldman è fellow del London Institute for Policy Research, editore del giornale Asia Times, critico musicale ed è anche noto come il nom de plume di “Spengler” (per anni non si conosceva l’identità dell’autore). Goldman lo scelse non in omaggio alle idee sulfuree del “Tramonto dell’occidente”, ma perché lavorava a Wall Street e aveva bisogno di uno pseudonimo. Oggi le column di Goldman sono fra le più lette della pubblicistica anglosassone. Siamo a colloquio con lui sull’Europa e la crisi che sta attraversando, crisi politica, culturale, demografica. “Il problema non è in un fallimento dell’obiettivo, ma della percezione di una volontà. L’Europa è indifferente al futuro – dice al Foglio – Questa indifferenza si esprime chiaramente nella denatalità. La donna media italiana, spagnola o tedesca avrà soltanto 1,4 bambini nella sua vita, e il tasso di fecondità di questa popolazione in età lavorativa diminuirà ancora”.
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Nel libro “How civilizations die”, Goldman usa la demografia per spiegare la crisi politica dell’Europa. “Perché si sceglie di combattere in una guerra? Ci sono guerre di saccheggio, ma l’obiettivo delle nazioni civili è sempre di andare in guerra in modo che la generazione attuale possa sacrificarsi per proteggere le generazioni future. Ma se non ci sono le generazioni future, non c’è motivo per i giovani di oggi per morire in guerra. Oggi gli europei, per dirla con Franz Rosenzweig, vivono in ‘terre con fiumi e montagne ancora sotto il cielo, ma abitate da altra gente; la loro lingua è sepolta nei libri, e le loro leggi hanno perso la loro forza’. La demografia è un sintomo più che una causa, anche se ora è usata come pretesto per consentire l’immigrazione incontrollata. E’ il sintomo prima di tutto di un problema morale e spirituale. La prima delle grandi nazioni cristiane dell’Europa ad abbandonare l’identità cristiana è stata la Francia napoleonica. E la Francia è stata la prima nazione europea a soffrire un declino demografico. La Francia ha abbandonato la religione a favore dell’autoesaltazione laica e questo ha contribuito all’edonismo e al lassismo morale che ha soppresso la fertilità. I popoli impiegano tempo per cambiare. Un evento straordinario nella storia è l’improvviso declino dei tassi di fertilità in alcuni paesi cattolici. In Spagna nel 1975, l’anno della morte di Franco, le donne spagnole avevano in media 2,8 figli. Nel 1990 la fertilità era caduta della metà, a dove è oggi. La stessa cosa nel Québec cattolico, che aveva la più alta partecipazione cattolica e il più alto tasso di fertilità negli anni Sessanta, ma tra i più bassi dagli Ottanta. Abbiamo avuto numerosi studi accademici, per esempio del Max Planck Institute, sul rapporto fra religione e fertilità”.
Secondo David Goldman, esiste una precisa correlazione fra demografia e secolarizzazione: “C’è un elemento di cecità volontaria. Il razionalismo va bene in filosofia, ma è estremamente pericoloso come approccio. Naturalmente, gli europei non sono affatto razionali: se lo fossero, avrebbero suonato l’allarme sul declino demografico vent’anni fa e avrebbero proposto dei rimedi. Uno è quello di aumentare il tasso di fertilità, e non è facile da fare, e l’altro è quello di adottare una politica responsabile di immigrazione, anche questo non facile da fare”.
Non sembrano esserci più ispirazioni nella letteratura, nella filosofia e nelle autorità morali: “La banalità dell’occidente è sconfortante”, dice Goldman. “L’abdicazione di Benedetto XVI è stato uno choc per me. Il Papa emerito è uno degli ultimi grandi uomini dell’occidente, un teologo che conosce tutte le fonti, un amico del popolo ebraico, forse non con la spinta emotiva di Giovanni Paolo II, ma con una profonda simpatia e curiosità su chi siamo e che cosa crediamo. Ha l’acutezza intellettuale per comprendere la sfida dell’islam, come ha fatto nel suo discorso del 2006 a Ratisbona”.
Questo vale anche per il declino delle arti: “Che credo derivi dallo spirito del tempo: vogliamo essere piccoli dèi in terra e definire le nostre identità secondo il nostro capriccio. Il risultato di questa epidemia di autocreazione è la mediocrità dilagante. Noi semplicemente non siamo più bravi a creare la nostra identità. Invece di un dialogo tra le generazioni, abbiamo una torre di Babele artistica, dove varie mode competono per prendersi cura del pubblico. Trent’anni fa, il critico americano Harold Bloom si è lamentato che non è più possibile insegnare la letteratura agli studenti universitari. La filosofia occidentale moderna, da Kant in avanti, per lo più è stato un esercizio per sostituire la religione con il pensiero laico. Questo progetto non è riuscito alla fenomenologia, all’esistenzialismo, al positivismo. La filosofia sopravvive in pochi angoli dell’accademia. A differenza di Socrate, non ne sentiamo più il bisogno”.
Questo vale anche per il romanzo? “Sì, in passato il romanzo aveva una funzione quasi religiosa, come il laboratorio per l’autoscoperta personale. Oggi non abbiamo più niente da scoprire su noi stessi. Se non ci piace la nostra identità presente, la scambiamo per una nuova. Dio è morto e tutto è permesso, quindi non c’è posto per il dramma. Dal Werther di Goethe in avanti, la sensibilità protestante per il romanzo si è espressa in forma laica. Oggi non c’è più neppure il protestantesimo. Non abbiamo fame di grande letteratura, perché abbiamo smesso di indagare su noi stessi. Non vogliamo porre domande esistenziali sulla morte delle nostre società. Perché l’arte e la filosofia tornino alla rilevanza, si dovrebbe considerare la nostra situazione con timore e tremore. E questo è proprio quello che vogliamo evitare”.
Goldman conclude citando una frase dall’ultimo libro dell’autore francese Jean Clair: “L’ange gardien de notre héritage s’est envolé”. L’angelo custode del nostro patrimonio è volato via. A quando risale questa dipartita? “Al 1968, quando la sinistra ha deciso di distruggere la cultura, come i talebani e lo Stato islamico. Poi c’è voluto mezzo secolo per arrivare alla scelta del transessuale Caitlyn (Bruce) Jenner come ‘donna dell’anno’”.
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Commenti
FRANCESCA GREGORATTI • 4 ore fa
Condivisibilissimo, purtroppo. Ho solo un pensiero, mio: San Benedetto, nel monastero e San Francesco, per strada. Pietro e Paolo. Teologo e Pastore. Preghiera e Apostolato. Non la interpreto un'abdicazione. Ma una chiamata di rinforzi. Non vedo due idee di Chiesa contrapposte, vedo invece un papato col doppio della forza.
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guido valota • 7 ore fa
Bell'intervento, chiaro, coerente, tanti spunti interessanti tra i quali spicca quello su letteratura, arte e filosofia. Pieno stile Foglio, perfetto per sottolineare vent'anni ben portati.