Requisitoria di un Nobel. Naipaul contro “l’islam
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che abolisce la storia”. “Il mondo che tiene alle libertà ideologiche e materiali deve annientare l’Isis, una forza anti civiltà”
di Giulio Meotti | 23 Marzo 2015 ore 19:32 Foglio
Roma. “Immaginate un mondo in cui un giovane uomo è rinchiuso in una gabbia, inondato di benzina e dato alle fiamme per essere bruciato vivo. Immaginate un bambino che a distanza ravvicinata spara a un uomo inginocchiato con le braccia legate dietro la schiena. Immaginate lo spettacolo di un centinaio di decapitazioni. Immaginate uomini gettati nel vuoto, accusati di essere gay. Sì, tutte queste scene potrebbero aver avuto luogo nel mondo medievale, ma si tratta di scene di ieri, di oggi e di domani nel nostro mondo”. Si apre così il poderoso saggio sull’islam che il premio Nobel della Letteratura, Vidia Naipaul, ha consegnato domenica scorsa al Daily Mail. E’ il più importante capo d’accusa al mondo islamico scritto da un letterato di fama mondiale. Naipaul ha esplorato l’Asia e l’Africa, narrato dall’interno le società colonizzate e i fantasmi del loro passato, con accenti comici, ma anche tragici e sferzanti. Il nome di Naipaul (Vidiadhar Surajprasad Naipaul) viene accostato spesso a quello di Joseph Conrad, perché, come Conrad, Naipaul è uno straniero sradicato che ha scelto l’Inghilterra come terra d’asilo e d’adozione, e l’inglese per esprimersi, e, ancora, perché come Conrad Naipaul racconta per lo più storie ambientate in quello che adesso viene chiamato Terzo mondo.
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E’ impossibile accusare Naipaul di fare della politica identitaria. Perché il premio Nobel è un uomo senza radici.Non è indiano e non è inglese. Non ricorre a una metafora quando dice di essere un esule, un profugo permanente. Naipaul ha molte radici e sono tutte aggrovigliate le une alle altre: la religione braminica dell’infanzia, gli studi a Oxford, la famiglia indù, la moglie inglese e il cottage a un piano del Wiltshire. Per la sua libertà di tono, Naipaul è stato demonizzato da molti accademici liberal. Come il professor Edward Said, il palestinese della Columbia University che descrisse Naipaul sul Nation come “un avvoltoio” pronto a gettarsi sugli errori del postcolonialismo, piuttosto che denunciare quelli del’imperialismo. Gli intellettuali di Trinidad lo accusano di “snobismo”, per quella frase “non c’è niente di più autodistruttivo del razzismo dei negri”. Derek Walcott, anche lui poeta laureato dell’area caraibica, lo ha chiamato “Mr. Nightfall” (signor Crepuscolo). Sull’islam, Naipaul non misura le parole, né quando dà giudizi letterari, né quando scrive di politica e religione.
Il Nobel adesso scrive sul giornale inglese che l’islamismo “nega il valore e addirittura l’esistenza di civiltà che hanno preceduto le rivelazioni del Corano. Non c’è spazio per il passato pre-islamico”.
Naipaul sintetizza questo fanatismo con una frase: “L’idea della fede che abolisce la storia”. Da qui la determinazione a negare, eliminare e cancellare il passato tramite la distruzione dell’arte, dei reperti e siti archeologici di grandi imperi. “Distruggere il toro alato fuori delle fortificazioni di Ninive soddisfa lo stesso impulso riduttivo dietro la distruzione da parte dei talebani dei Budda in Afghanistan”, scrive Naipaul. “L’Isis è proteso a un olocausto contemporaneo, l’omicidio di sciiti, ebrei, cristiani, copti, yazidi. Ha spazzato via le popolazioni civili di intere regioni e città. L’Isis potrebbe abbandonare l’etichetta di ‘Califfato’ e farsi chiamare ‘Quarto Reich’”. Con una differenza: “Se i nazisti pretendevano di essere i custodi della civiltà, in quanto hanno rubato le opere d’arte per preservarle, l’Isis distrugge tutto ciò che nasce dall’impulso umano di bellezza”. Naipaul attacca quei leader europei che negano il carattere islamico del terrorismo, “i politici di Europa e America, tra cui David Cameron, Barack Obama e François Hollande, che dopo ogni oltraggio islamista lo descrivono come una frangia lunatica”. Naipaul sostiene che nulla possa cambiare la mente ai musulmani europei radicalizzati. “L’islamismo è semplice. Ci sono delle regole da obbedire, un jihad contro la civiltà, un paradiso dove andare da martire. L’arte non può distrarvi, non c’è ambivalenza offerta dalla civiltà ‘occidentale’, nessuna fedeltà al paese che ti ha dato una libera istruzione e delle prestazioni sociali. Una pistola, una preghiera e la semplicità di una caverna. Ecco perché partono (i volontari dell’Isis, ndr). Sono dei volontari della morte”.
Non c’è soluzione di mezzo fra la civiltà occidentale e questo nemico. “Negli ultimi tre o quattro secoli dai tempi di Cartesio, Leibniz e Newton, l’islam è rimasto congelato nelle rivelazioni del Corano e degli Hadith del VI secolo. L’Isis deve essere visto come la più potente minaccia per il mondo dai tempi del Terzo Reich. Il suo annientamento militare come forza anti civiltà deve essere oggi l’obiettivo di un mondo che tiene alle proprie libertà ideologiche e materiali”. Adesso si capisce perché l’Independent ebbe a definire Naipaul, dopo le sue prime stoccate sull’islam, come “il flagello dei liberal”.