Quattro idee contro le politiche verdi pericolose per l'ambiente
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Il progetto dell'Ue per la transizione ecologica e le immagini delle alluvioni in Germania ci pongono di fronte a una domanda: come si può governare il riscaldamento globale senza demagogie?
CHICCO TESTA 17 .7.2021 ilfoglio.it lettura4’
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Cominciamo a emergere i punti di debolezza e le critiche all’ambizioso piano presentato dalla Commissione europea e denominato “Fit for 55” e le immagini delle alluvioni che hanno devastato in queste ore la Germania costringono a riflettere ancora con più insistenza intorno al tema dei temi: qual è la linea sottile che separa una politica verde saggia da una demagogica? Andiamo con ordine e torniamo alla Commissione. La storia è questa. Un certo numero di commissari avrebbe votato contro il piano “Fit for 55” e si imputa a Frans Timmermans e alla stessa presidente Ursula von der Leyen un notevole grado di improvvisazione e un’analisi insufficiente delle conseguenze di questo piano sull’economia europea.
Quattro sono i principali punti di critica. Primo. L’Unione europea, a proposito di politiche volte a combattere il riscaldamento globale, è responsabile di meno del 10 per cento delle emissioni globali (in continua diminuzione) e senza un accordo internazionale che coinvolga in modo vincolante economie come quella cinese e indiana lo sforzo europeo serve a poco. Secondo. La tassazione sulle importazioni a maggiore intensità di CO2, al contrario, rischia di produrre una guerra commerciale e certamente di aumentare i costi per l’economia e i consumatori europei. Terzo. Interi settori produttivi in cui l’Europa eccelle, l’automotive innanzitutto, corrono il rischio di essere spazzati via. Lufthansa è infuriata per la tassazione sui voli aerei che favorisce tutte le compagnie extracomunitarie. Quarto. La botta per i consumatori europei corre anch’essa il rischio di essere rilevante con nuove tassazioni, oltre a quelle storiche sulla CO2, che coinvolgerebbero persino i sistemi di riscaldamento domestico.
L’Ue promette sussidi ai settori colpiti, ma questo non fa che rafforzare le obiezioni contro un’Unione che sempre più, anziché affidarsi a sistemi di mercato, pretende insieme di dettare le regole e distribuire premi e punizioni. All’origine di questo spericolato balzo in avanti vi sono due scelte. Innanzitutto si è deciso di continuare ad alzare l’asticella degli obiettivi e contemporaneamente ridurre il tempo per perseguirli. E’ evidente che in questo modo la curva discendente auspicata diventa sempre più ripida e spericolata. Inoltre l’Ue sembra avere messo nel cassetto il principio della neutralità tecnologica a favore di scelte molto “sexy”, ma di efficacia dubbia. Si è passati, per capirci, dal principio per cui “non importa di che colore sono i gatti purché acchiappino i topi” al principio “non importa se i gatti acchiappano i topi purché siano gatti verdi”. Un esempio è la discussione metafisica che si sta svolgendo in sede europea sul concedere o meno l’etichetta green all’energia nucleare. La Francia infuriata fa notare che grazie a essa possiede di gran lunga la più bassa intensità al mondo di CO2. Vale a dire la minore quantità di CO2 prodotta per unità di pil. Che senso ha penalizzarla quando la Germania per chiudere le sue centrali nucleari ha dovuto rafforzare la sua produzione a carbone? C’entra forse con il fatto che il gatto verde tedesco è cresciuto nei sondaggi elettorali? Un altro esempio è la scelta fatta a favore esclusivo dell’idrogeno verde anche contro il cosiddetto idrogeno blu. Vale a dire un prodotto che costa 7 volte in meno e che utilizzando il sequestro di CO2 lo fa senza alcuna emissione aggiuntiva. Molti fanno notare che scelte di questo genere, come per esempio anche alzare ulteriormente l’asticella degli obiettivi per le rinnovabili non appoggiate da filiere produttive europee, o quella di penalizzare le compagnie prolifere europee a fronte di consumi di petrolio sempre in crescita nel mondo comporterà il trasferimento di enormi fette di ricchezza fuori dall’Europa senza alcun vantaggio ambientale.
Una strada alternativa più moderata e realista dovrebbe poggiare su diversi presupposti. Prima di tutto una completa neutralità tecnologica che consenta di mettere in campo ogni utile tecnologia con un rapporto costi/benefici migliore. Una completa neutralità fiscale che rimetta nelle tasche di cittadini e imprese ogni euro di tasse ambientali in più, senza burocratiche intermediazioni. E infine uno sforzo ben maggiore in ricerca e sviluppo senza alcuna preclusione. Nucleare sempre più pulito, sistemi di accumulo dell’elettricità, tecnologie di confinamento ed estrazione della CO2, ulteriore efficientemente dei motori termici sia per autotrazione che per produzione energetica. La discussione è appena iniziata, il disastro generato dalle alluvioni in Germania costringerà l’Europa ad entrare ancora di più nella carne viva dei problemi e molte cose cambieranno quando i cittadini cominceranno ad avvertire i colpi. Specie quando si dovrà tornare a un certo rigore di bilancio con l’addio a deficit troppo facili. Si fa presto a dire verde.