Molto spesso sentiamo dire che i pomodori di oggi non hanno lo stesso sapore di quelli del passato?
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È la verità? Cosa è cambiato? Intervista a Stefano Carducci, Responsabile della Vegetable Business Unit Syngenta Italia.
da Antonio Pascale 14/04/2021 ilfoglio.it
Diciamo che negli anni la spasmodica ricerca di produttività piuttosto che di conservabilità hanno fatto perdere di vista quei caratteri responsabili del sapore: forse un po’ è vero che si era perso il gusto del pomodoro. Oggi, lo scenario è migliorato, l’offerta che c’è sul mercato è molto ampia, e per varie ragioni. Da una parte c’è la volontà di segmentare, riguarda sia le aziende sementiere, sia il produttore e il canale distributivo. Perché lo scopo è quello di intercettare un consumatore attento e più responsabile che ha imparato a scegliere, per questo, accanto ai prodotti tradizionali, si trova un’offerta ampia, vuoi per colore, gusto, forma. Quindi, in sintesi, oggi il motto è produttività sì, ma senza perdere quei caratteri qualitativi, grado zucchero, sapidità ecc., che fanno del pomodoro un pomodoro, per restare a questa solanacea.
Il vostro è l’ambito in cui tradizione e innovazione più si sposano e più mettono in crisi il consumatore. Su cosa e come, con quali strumenti portate avanti il vostro lavoro?
Dal punto di vista dell’innovazione, la genetica ha svolto e svolgerà un ruolo cruciale su molti aspetti. Prima cosa, per innovazione si intendono metodi di breeding tradizionali, grazie ai quali cerchiamo di migliorare alcuni caratteri. Il primo aspetto riguarda la produzione, in fondo il produttore è il primo anello della filiera, quindi deve produrre, ma deve anche coltivare prodotti resistenti alle malattie, e agli stress biotici. Il secondo anello, legato al primo, riguarda il consumatore. Oggi un prodotto deve essere bello, sì, bello da vedersi, per estetica, forma e colore, e poi ovvio ci deve essere la sostanza. Altro punto importante, la sostenibilità. Un aspetto di quest’ultima a cui teniamo molto è la shelf-life. Quando dura un prodotto sullo scaffale? Anche per questioni etiche deve durare. Non è giusto, appunto, non è etico, sprecare il prodotto: è quasi un comandamento, né in campo, né al supermercato né a casa. Come si fa tutto questo? Con passione e costanza, ovvio, ma anche investimenti concreti, ogni anno la nostra azienda investe 100 milioni di euro in innovazione. Ti faccio esempi sparsi: Peperoni senza semi, ad alto gusto, di piccole dimensioni. Pomodoro: qui abbiamo insistito sul colore e sulla forma e sul gusto, ancora una volta, produttività sì ma con alto contenuto di nutrienti. Cavolfiori? Colorati, il viola, l’arancione fra poco il verde. Zucchini? Quello giallo, adatto al consumo a crudo, perché è molto dolce. Infine, meloni. Produciamo quelli da 2 chili, piccoli, one person, insomma per consumo personale.