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Chiuse le congregazioni, con interventi auspicanti una continuità morbida con Francesco. Ma i veri giochi si aprono ora, nel chiuso della Sistina. Non resta che fissare il comignolo
Matteo Matzuzzi 07 mag 2025 ilfoglio.it lettura3’
Dagli interventi è emersa la richiesta di “una Chiesa che non si deve ripiegare su sé stessa, ma accompagnare ogni uomo e ogni donna verso l’esperienza viva del mistero di Dio”: sarebbe strano il contrario, no?
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Roma. Non c’è più traccia della loquacità dei giorni scorsi, quando i cardinali si lasciavano andare a battute, puntavano (idealmente) sulla durata del Conclave, spiegavano che potrebbero anche esserci rose di “candidati” già pronte o forse no. Fine dei giochi. Da ieri mattina, silenzio. Entravano in Vaticano per l’ultima congregazione generale senza fermarsi, molti entravano in macchina. Volti tirati. E’ la spia che il momento s’avvicina, quello dell’ingresso nella Cappella Sistina e, soprattutto, quello in cui dovranno fare i conti solo con la propria coscienza, davanti al “Giudizio” di Michelangelo. Non trattandosi dell’elezione di un rappresentante di classe ma del vicario di Cristo in terra, l’agitazione è prevedibile. Forse più evidente in chi sa già che cos’è un Conclave e ha già vissuto sulla propria pelle la scarica di adrenalina e la tensione che si vive dopo il Veni Creator Spiritus che sarà intonato nel pomeriggio di domani. Questi ultimi giorni sono serviti a tracciare l’identikit dell’uomo che uscirà di bianco vestito alla Loggia delle Benedizioni, ma non è che dai concisi briefing della Sala Stampa si sia capito granché. O meglio, a seconda di chi interpreta tali parole, escono profili l’uno opposto all’altro. Dagli interventi è emersa la richiesta di “una Chiesa che non si deve ripiegare su sé stessa, ma accompagnare ogni uomo e ogni donna verso l’esperienza viva del mistero di Dio”: sarebbe strano il contrario, no? Ancora, il futuro Papa dovrà essere “una figura presente, vicina, capace di fare da ponte e guida, di favorire l’accesso alla comunione a un’umanità disorientata e segnata dalla crisi dell’ordine mondiale. Un pastore vicino alla vita concreta delle persone”. Pensa se avessero ipotizzato un pastore “distante” dalla vita concreta delle persone. Ancora, “si è delineato il profilo di un Papa pastore, maestro di umanità, capace di incarnare il volto di una Chiesa samaritana, vicina ai bisogni e alle ferite dell’umanità”. Niente di originale, verrebbe da dire. Insomma, le sintesi, mai come in questo caso, servono a poco.
Prevedibilmente, il punto di caduta sarà quello di una morbida continuità, magari più ordinata rispetto all’esuberanza impulsiva di Francesco, ma chissà. Quali spinte prevarranno? Quelle di chi vuole un Papa in mezzo alle pecore (non rientrerebbero in questa categoria i curiali, salvo Tagle, che ha governato Manila, non proprio la più sperduta diocesi in mezzo alle Alpi) o quelle di chi preferirebbe un Papa in grado di far respirare un po’ la Chiesa dando una sistemazione organica ai tanti processi aperti da Bergoglio? E’ questo l’enigma che dovranno risolvere i 133 cardinali elettori. Tutti paiono in difficoltà, sottolineano che non si conoscono, che prima di queste due settimane si erano scambiati al più un paio di parole. E chiedono una collegialità maggiore, magari nuovi organismi in affiancamento a colui che sarà eletto. Va detto che la collegialità era garantita dal concistoro, che Francesco si è sempre ben guardato dal convocare, soprattutto dopo che all’inizio del pontificato si trovò davanti la ribellione delle porpore alla relazione Kasper sulla riammissione all’eucaristia dei divorziati risposati. Ora il tempo delle chiacchiere è finito. Non resta che guardare un comignolo.
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