Berlusconi raddoppia: “Il presidente resto io”
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“Intesa con mr Bee, il 51% del Milan rimane a Fininvest”. Silvio Berlusconi ha incontrato Bee Taechaubol ieri all’Hotel Park Hyatt di Milano
03/05/2015 MICHELE BRAMBILLA, La Stampa
Ma no che non molla: «Il Milan resta e resterà controllato dalla Fininvest», ci assicura Silvio Berlusconi poco dopo aver congedato mister Bee. «Controllato» vuol dire che la maggioranza delle azioni resterà nelle mani della finanziaria di famiglia; che lui rimarrà presidente; che Barbara e Galliani non si toccano; che i thailandesi, gli arabi e i cinesi saranno soci, ma di minoranza.
Insomma avevano ragione certi suoi fedelissimi che nei giorni scorsi invitavano alla prudenza e dicevano: con Berlusconi la sorpresa è sempre dietro l’angolo. Infatti, quando la cessione del Milan sembrava cosa fatta, ecco il colpo di scena. Forse Berlusconi ha cambiato idea all’ultimo momento; o forse non ha mai davvero pensato di disfarsi di quella che, fra le sue creature, è probabilmente la più amata, il Grande Milan degli otto scudetti e delle cinque Champions League.
Può darsi che qualcuno della sua famiglia abbia cercato di spingerlo al grande addio e che a un certo punto abbia creduto di esserci riuscito. Ma evidentemente Berlusconi è ancora l’uomo che, anni fa, diceva: «Io sono un imprenditore che compra, non che vende».
Adesso, se vende, vende solo una parte. Ma non rinuncia a comandare. Ce lo spiega poco dopo aver detto – ai microfoni delle tv, con mister Bee di fianco – «c’è la possibilità che io mantenga il 51 per cento». Altro che possibilità. Mentre lo dice, Silvio Berlusconi è già certo di mantenere la maggioranza del Milan. Più tardi, alle 18, Fininvest lo confermerà con un comunicato.
«Con Barbara e Galliani»
«Negli ultimi anni il calcio è stato profondamente cambiato dall’arrivo degli oligarchi russi e degli arabi», ci dice Berlusconi, e quando dice «il calcio» è evidente che si riferisce al calcio internazionale, perché la dimensione del suo Milan è quella. «In questo nuovo scenario, per la mia famiglia non era più possibile reggere la concorrenza. Vogliamo tenere il Milan in alto, e ci siamo resi conto che da soli non sarebbe più stato possibile. Per questo abbiamo deciso di andare alla ricerca di nuovi soci».
E questa è la parola chiave: «soci», non «acquirenti». Fininvest ha vagliato diverse possibilità, fino a quando ci si è convinti che la proposta del thailandese Bee Taechaubol e dei suoi partner, l’Ads Secutities di Abu Dhabi e la China Citic Bank, era la più concreta. «Con mister Bee abbiamo raggiunto un accordo di massima. Il 51 per cento del Milan sarà di Fininvest, il restante 49 verrà diviso fra gli altri soci. Io resterò presidente, e resteranno anche mia figlia Barbara e Galliani».
Gli chiedo se questo non è forse un accordo provvisorio, e se non sia previsto quello che potrebbe apparire ovvio, e cioè che a una data prefissata, in un futuro prossimo, la maggioranza non passi poi a mister Bee e ai suoi soci. Sembra strano, infatti, che qualcuno faccia un investimento così importante senza assicurarsi la possibilità di comandare. Ma Berlusconi è categorico: «Guardi, l’accordo prevede pure la possibilità che il Milan, a un certo punto, venga quotato in Borsa. Ebbene, se questo succederà, ciascuno di noi soci si impegna a mettere sul mercato la medesima quota percentuale delle azioni, in modo che la maggioranza relativa resti comunque in mano a Fininvest. E che io resti presidente».
Sul perché i soci dovrebbero accettare queste condizioni, soprattutto riguardo alla presidenza, Silvio Berlusconi non ha molti dubbi: «Gran parte dell’accordo si basa sulla vendita del nostro brand in Cina, dove porteremo anche le nostre scuole calcio e la nostra esperienza in campo sanitario con Milan Lab. E io credo di essere l’italiano più conosciuto in Cina».
«Non abbiamo premura»
Insomma è un Berlusconi completamente diverso da quello che un po’ tutti andavamo dipingendo fino a qualche giorno fa. Credevamo stesse preparando il buen retiro: che stesse per lasciare il calcio, una parte di Mediaset e forse addirittura la politica. E invece. Riguardo alla politica, Berlusconi pensa sia un brutto periodo, in cui si rischia una «deriva autoritaria», cioè proprio quella deriva che i suoi nemici contestavano a lui. E riguardo al business di famiglia, non rinuncia nemmeno al calcio. Perché dovrebbe? Costa, certo: ma gli ha dato molto e tolto pochissimo, né processi né odio politico, alla peggio qualche blanda contestazione per un quinto o un sesto posto. «Abbiamo ancora qualche settimana per chiudere», ci dice al momento dei saluti. «Facciamo finire il campionato. Non abbiamo premura». Vedremo se ci saranno altri colpi di scena.