Perché la frenata della Cina ad alcuni investimenti esteri preoccupa Milan e Inter

Cina finalizzata a ridurre “l’esportazione di capitali verso settori non considerati più strategici e a sostenere l’economia nazionale”

 Giancarlo Salemi , 20.8.2017 da www.formiche.net

La retromarcia è arrivata. Il governo di Pechino ha deciso di mettere un freno agli investimenti esteri soprattutto in settori che non vengono più ritenuti strategici “per l’interesse nazionale e l’economia della Cina”.

È un articolo del quotidiano finanziario con sede ad Hong Kong il South China Morning Post a rivelare i piani di Pechino. La normativa che regolamenta gli investimenti all’estero di soggetti residenti in Cina finalizzata a ridurre “l’esportazione di capitali verso settori non considerati più strategici e a sostenere l’economia nazionale” – si legge nel servizio del giornale cinese – colpisce diversi settori che vanno dall’immobiliare fino ai club sportivi, che negli ultimi anni, anche in Italia, sono stati sotto il mirino da parte di gruppi e imprenditori cinesi, come Suning che nel giugno 2016 ha rilevato il controllo dell’Inter, e del misterioso broker Yonghong Li (nella foto), che lo scorso aprile con 820 milioni di euro ha rilevato il controllo del Milan dalla Fininvest della famiglia Berlusconi. E perfino il Parma che adesso parla cinese dopo l’investimento di Desports (gruppo DDMC che si occupa di diritti TV e distribuzione, controllata a sua volta dalla Whuan, maxi colosso farmaceutico) che ha acquistato il 60% della squadra emiliana.

Già Formiche.net aveva anticipato le mire del presidente Xi che aveva messo un freno agli investimenti di grandi gruppi come Wanda, Fosun e Hna. Adesso escono ufficialmente una serie di linee guida per chi intende investire all’estero che si articolano su tre categorie: vietati, limitati e incoraggiati.

Gli investimenti proibiti sono tutti quelli che possono mettere a rischio gli interessi nazionali e la sicurezza della Cina, “compresa la produzione di tecnologia e prodotti militari non autorizzati, gioco d’azzardo, pornografia e altri prodotti e tecnologie proibiti”.

Poi ci sono gli investimenti esteri “limitati” che riguardano “il settore immobiliare, gli hotel, l’intrattenimento e l’acquisto di club sportivi”. Le limitazioni varate dal governo varranno anche sui futuri apporti di capitale da parte delle proprietà cinesi di club europei. Un discorso che interessa direttamente sia il Milan sia l’Inter. Perché se i rubinetti venissero in effetti chiusi si spegnerebbero i sogni dei tifosi delle due squadre milanesi in un calcio dove spesso a fare la differenza sono i campioni acquistati a suon di milioni di euro.

Se questo campionato può ritenersi salvo, poco, quindi, invece si può sapere sul futuro o su quelli che potranno essere gli investimenti futuri anche in previsione del calciomercato del prossimo inverno quando le squadre tra dicembre e gennaio mettono mano alla rosa per eventuali aggiustamenti.

La clausola a cui i due club si stanno aggrappando riguarda il fatto che le limitazioni agli investimenti verrebbero meno se nell’operazione si registrano vantaggi a favore della Cina. Così si spiegherebbe l’attivismo, ad esempio, dell’amministratore delegato del Milan, Marco Fassone, soprattutto del progetto Milan China, delle nuove sponsorizzazioni che dovrebbero arrivare a breve dagli sviluppi commerciali che il marchio Milan dovrà affrontare (producendo circa 90 milioni di utili nei prossimi 12 mesi) sul mercato cinese. A giorni inoltre dovrebbe arrivare l’annuncio del nuovo partner rossonero che dovrebbe addirittura apparire sul retro delle magliette da gioco dei calciatori.

I problemi agli investimenti esteri li ha sentiti invece tutti l’altra metà di Milano, infatti l’Inter ha investito poco più di 70 milioni di euro per questa stagione e, a meno di colpi di scena, non potrà fare ulteriori investimenti a meno di cessioni e in attesa del mercato di gennaio.

Il calcio che un primo tempo il presidente Xi aveva indicato come una sorta di “oppio dei popoli” con il quale conquistare i cinesi, potrebbe quindi subire un clamoroso stop soprattutto se gli ingenti captali che sono usciti dalla Cina in questi ultimi anni (si calcola circa 3 miliardi di euro per 28 club in cui varie società cinesi sono impegnate oltreoceano) saranno effettivamente messi al bando.

Adesso al premier Xi interessano principalmente le società intenzionate ad investire nell’iniziativa Belt and road, la una nuova ‘via della Seta’ tra Asia ed Europa. Guarda caso per questo comparto non ci sono limitazioni anzi gli investimenti vengono incoraggiati e supportati con tanto di aiuto del governo centrale.

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