Il business dei bagarini in mano alla ’ndrangheta. Profitti anche ai carcerati

Le indagini sulla curva della Juve svelano il potere ultrà. Si allarga l’inchiesta sulle infiltrazioni della malavita nei gruppi di ultras per gestire il business dei bagarini

CalcioTorino

12/07/2016 F. GENTA, M. PEGGIO TORINO  La Stampa

«La Juve pratica il prezzo normale, poi sta a loro fare il sovrapprezzo. Il pagamento alla Juve avviene dopo la partita. Andrea riceve le somme provento della vendita dei biglietti, paga la Juve, ottiene il suo margine, una parte del quale va versato ai carcerati». 

IL VERBALE 

Loro sono i «Bravi ragazzi», gruppo ultrà bianconero. Andrea, è Andrea Puntorno, il loro leader, arrestato nel 2014 dai carabinieri di Torino per una storia di armi e droga. A svelare i retroscena del business della compravendite di biglietti è la moglie, Patrizia Fiorillo vittima di minacce da parte degli ex soci del marito, due soggetti «prossimi all’area ’ndranghetista facente capo alla famiglia Belfiore». È in questo verbale dettagliatissimo, datato gennaio 2015, raccolto nell’ambito dell’indagine sulle minacce subite dalla donna dopo l’arresto del marito, che il pm torinese Paolo Toso, ha trovato conferma dell’intreccio di affari che lega la criminalità organizzata al bagarinaggio, emerso nell’ultima ondata di arresti scattati una settimana fa. 

LE INDAGINI 

Ecco come funziona, secondo Patrizia Fiorillo, il mercato dei biglietti. «Andrea prima del campionato gestisce una campagna abbonamenti. Gli danno i moduli da sottoscrivere e vogliono una certa cifra. Lui organizza una distribuzione di abbonamenti, facendoli sottoscrivere e facendoseli pagare con un sovrapprezzo. Li lascia per la maggior parte a chi ha sottoscritto, in più gestisce un pacchetto di abbonamenti che paga lui alla Juve. Compila i dati prendendoli da fotocopie di documenti e poi li usa di partita in partita per fare entrare persone a pagamento». Il nome di suo marito compare anche negli atti dell’ultima ordinanza frutto delle indagine dell’antimafia torinese nei confronti della famiglia Dominello, legata alla cosca Pesce-Bellocco di Rosarno. L’ordinanza racconta fatti precedenti al suo arresto, ma che si incastrano con gli eventi successivi, finiti nel mirino dello stresso magistrato e della collega Monica Abbatecola. Nel 2013, quando un amico della famiglia Dominello propone di aprire un nuovo gruppo ultrà, con lo striscione «I Gobbi», la prima preoccupazione è quella di non entrare in conflitto proprio con i «Bravi Ragazzi», che hanno il loro punto di riferimento in Puntorno. 

In gioco, come osserva il gip Stefano Vitelli, non è la passione calcistica, ma il «lucrosissimo mercato dei biglietti». Parlando al magistrato, la donna ammette che, dopo l’arresto del marito, «a me portano una parte di questi guadagni, anche se in questo periodo le somme sono davvero esigue: circa 200 euro alla volta, invece di regola potevano arrivare a casa nostra 4, 5 mila euro a partita». E, come già svelato da altre inchieste sulla ’ndrangheta, ai carcerati va dato aiuto con la raccolta fondi. Un obbligo a cui gli «affiliati» non possono sottrarsi. È da queste premesse che si muove la procura, per cercare di scoprire quanto sia profonda l’infiltrazione della criminalità nella curva bianconera. Indagini divenute ancor più delicate dopo la morte di Raffaello Bucci, il collaboratore della Juventus che si è suicidato lanciandosi da un ponte dopo essere stato interrogato. Anche ieri sono state sentite delle persone informate sui fatti. 

LA SOCIETÀ 

Anche il club bianconero sta seguendo gli sviluppi dell’indagine, attraverso i suoi avvocati. «Dalla Juventus - afferma Luigi Chiappero - escono solo biglietti a pagamento nel rispetto delle procedure di vendita, e i funzionari addetti a queste incombenze sono persone di specchiata professionalità».  

Categoria Sport

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