Lettere al Direttore Foglio 9.4.2016
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Conseguenze della rottamazione che rallenta: torna Fidel Castro. Capisco il suo punto di vista, ma non credo che Renzi possa attenervisi. Giorgio La Malfa
1-Al direttore - Va bene il momento di frenata della rottamazione ma il ritorno di Fidel Castro forse è eccessivo.
Giuseppe De Filippi
2-Al direttore - Non discuto le ragioni alla base del Lodo Foglio per la salvezza di Renzi, pubblicato l’8 aprile; preferirei comunque un lodo per la salvezza dell’Italia. Osservo, però, che il prospettato piano per la grande e poderosa riduzione delle tasse, che comporterebbe una altrettanto grande e poderosa crescita della spesa, se non venisse accompagnato almeno da un drastico intervento per il taglio del debito, scatenerebbe reazioni tali che solo un ancora ugualmente poderoso aumento del “quantitative easing” della Bce per l’acquisto di titoli pubblici potrebbe contrastare. Difficile, dunque, ritenere che tutto potrebbe procedere “Draghi o non Draghi”, come si dice nella pur ingegnosa proposta. Se al lodo si desse veramente attuazione, allora dovremmo prepararci a ricevere una nuova lettera della Bce che ricorderebbe quella dell’estate 2011, a prescindere, poi, dalla posizione, facilmente prevedibile, della Commissione Ue. Non vorrei che il lodo concretasse il famoso “propter vitam (politica di Renzi) vivendi causam perdere”, facendola perdere altresì all’Italia. Con i più cordiali saluti.
Angelo De Mattia
3-Al direttore - Il suo “Lodo Foglio per salvare Renzi” contempla tre mosse: la nascita immediata del partito della nazione, l’anticipo delle elezioni politiche al 2017 e una massiccia riduzione delle imposte in analogia a ciò che fece Schröder in Germania nel 2003, anche in violazione dei parametri di Maastricht. Non commento opportunità o fattibilità delle prime due; mi fermo invece sulla sua terza proposta. Ho scritto ripetutamente in questi anni – anche sul Foglio – che per l’Italia il rispetto dei vincoli europei di finanza pubblica comportava e comporta la conseguenza di non uscire dalla recessione in cui si trascina dal 2008. Per uscire dalla recessione non vi era e non vi è altra strada che sostenere la domanda con un più elevato deficit pubblico e farlo per tutto il tempo necessario. Per questa ragione ho sempre considerato che un governo deciso a rispettare nel medio tempo i vincoli europei dovrebbe e dovrà per prima cosa annunciare che per qualche anno esso sforerà il parametro del deficit. Proprio per far ripartire l’economia. Presentandosi con caratteri di novità e di rottura rispetto al passato, Renzi avrebbe dovuto impostare questa politica all’inizio del suo mandato, quando la sua credibilità interna ed europea era alta. Doveva accompagnare questa politica con le politiche sul lavoro e con altre riforme e forse avrebbe potuto avere dall’Europa la comprensione che ebbe Schröder, anche se ovviamente la Germania non è l’Italia. Renzi invece ha criticato i vincoli europei (che è un esercizio retorico, più che inutile, dannoso) ma ha proclamato di volerli rispettare. Ha chiesto solo dei margini di flessibilità e li ha avuti. Si è illuso che le polemiche con i sindacati avrebbero indotto gli industriali a investire massicciamente. Insomma così facendo ha perso un sacco di tempo per ritrovarsi, in questi giorni, con il reddito nazionale che non cresce, il deficit che va al di là del previsto e il rapporto debito/pil che non scende. Cioè ha perso la sua scommessa di politica economica. Ed è il primo a saperlo. Se ora all’improvviso egli decidesse di imboccare la strada che doveva scegliere due anni fa, la probabilità molto alta è che a reagire sarebbe non soltanto la Commissione ma anche i mercati finanziari ai quali è più difficile resistere. In più, se insieme con la riduzione delle imposte e dunque con la sfida all’Europa venissero anche convocate le elezioni anticipate, tutti capirebbero che non si tratterebbe di un’operazione per fare uscire il paese dalla crisi, ma di una mossa disperata per salvare il risultato elettorale. Il guaio sarebbe pressoché certo. Ecco perché la terza mossa che lei propone è incompatibile con le prime due: se Renzi vuole le elezioni le faccia. Ma se vuole fare ripartire l’economia deve tagliare le tasse nella misura che lei dice, ma deve andare in Europa con un atteggiamento diverso, meno spavaldo e più costruttivo; deve constatare che la politica tentata finora è fallita e che serve un cambiamento di rotta “alla Schröder”. Deve garantire che non anticiperà le elezioni per lucrare sul consenso di chi paga meno tasse. Mi sembra molto difficile rimettere ordine in una impostazione che si è rivelata approssimata e confusa. Capisco il suo punto di vista, ma non credo che Renzi possa attenervisi.
Giorgio La Malfa
Referendum, voto anticipato, battaglia sulle tasse. Anche con uno sforamento del deficit, dato che la spending review funziona come sappiamo. Non è un’opzione, è l’unica soluzione possibile, secondo noi. Se lo si vuole non è impossibile, e si può fare.