Racconti brevi. Un episodio di lotta di classe
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Mi dico che dovevo capirlo all’istante, appena mi sono seduta.
Uno è magrolino, capelli disciplinati da una scriminatura che sembra tracciata con riga e squadra, camicia bianca, gilet azzurro esangue quasi quanto il suo colorito e pantaloni dalla piega che cade perfetta sulla scarpa di cuoio fatta a mano. L’altro è rotondetto, indossa una camicia a quadri cincischiata e un maglione dal colore indefinibile che deve aver visto più lavaggi di una Panda del 96; sul naso svettano degli occhiali dalla montatura rotonda. Quando mi siedo stanno parlando tranquillamente ma improvvisamente il colloquio si fa tempestoso e le voci si alzano.
“Tu credi che sia facile?” dice gilet esangue
“Io lavoro, studio e sono nel comitato, non ho tempo per queste cose!” sibila camicia cincischiata
“Dico solo che venire con me una domenica a fare trekking non è la fine del mondo”
“Ti dico che non posso e poi si dice “passeggiare” qualsiasi altro termine è snob”
“E’ gergo tecnico, fare trekking non è passeggiare” sostiene con forza gilet che dall’impegno che ci mette rivela un’insospettabile passione sportiva.
“Macché gergo… è linguaggio da fighetti e basta” dice annoiato l’altro cercando rifugio con gli occhi nel paesaggio fuori dal finestrino
“Ah! così io sarei un fighetto?!” il tono è puntuto e capisco che non lascerà perdere e, anzi, intende rinfocolare la polemica.
“Ma ti sei visto?” rincalza l’amico che, adesso capisco, ha l’aspetto di un intellettuale anni ’70.
Il magrolino sta per parlare quando il controllore entra a gamba tesa chiedendo i biglietti.
“Signore” dice al reperto anni ‘70 “guardi che lei ha un biglietto di prima classe e qui siamo in seconda”
“Davvero? non me n’ero accorto!” si alza e con un rapido cenno del capo saluta l’amico e si dirige verso la vettura di prima. Il magrolino sospira e affonda il naso in un libro. La signora a fianco a me mi guarda e dice a mezza voce “Ha visto che fine ha fatto la lotta di classe?".
"Di prima classe" penso io annuendo
Oriana
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