Lettere al Direttore Il Foglio 18.5.2016
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Anche Ft capisce che il grillismo è troppo comico per essere preso sul serio. Lory Del Santo ha rivelato di aver avuto un “flirt in ascensore” (sic) con Donald Trump. Le idi Di Maio.
1-Al direttore - Grazie a una maggiore flessibilità, la letterina ve la mando domani.
Giuseppe De Filippi
2-Al direttore - Lory Del Santo ha rivelato di aver avuto un “flirt in ascensore” (sic) con Donald Trump. Poi c’è chi ancora dubita che il tycoon americano sia un tipo svelto.
Michele Magno
3-Al direttore - La recente vicenda della Rcs risolleva un problema: non sarebbe opportuno riprendere le discussioni di tanti anni fa sul rapporto tra credito ed editoria (una delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio degli anni 70 vietava le partecipazioni dirette delle banche nei giornali), quanto meno per l’impedimento di un tale tipo di interessenze? Ovviamente non mi sfugge la tanta acqua passata sotto i ponti, né penso evitabile una sorta di “barba del diavolo” che, rasa su di una guancia, si ripropone nell’altra e così all’infinito, né dimentico il carattere quasi secolare dell’argomento (ne ha scritto Sraffa negli anni Venti a proposito del rapporto tra banche, giornali e industria in occasione della crisi dell’Ansaldo). Ma una cosa è l’esposizione debitoria – che pure esercita una certa influenza – altra è la comproprietà. In ogni caso, il tema andrebbe riconsiderato. Riproporlo a un giornale è azzardato? No, perché so della libertà di analisi del Foglio. Con i più cordiali saluti.
Angelo De Mattia
Più che la questione debitoria, che ha un suo peso ovviamente cruciale, è interessante la questione editoriale. Da che parte deve stare, nel futuro, il giornale della borghesia? E, soprattutto, può permettersi di essere sullo stesso asse di chi vive con i mozziconi che arrivano dalle gazzette delle procure?
4-Al direttore - In relazione all’ultime “esternazioni” di Papa Francesco in tema di diaconato alle donne e di chiesa francescana, c’è da domandarsi quale sia lo stato di salute del cattolicesimo. Ahimè: proprio con la decisione ultima del regnante Papa circa la possibilità del diaconato alle donne nel mondo d’oggi, sull’esempio della chiesa dell’origini (quando si vuole sovvertire un ordine corrente, ci si richiama sempre a un edificante passato), temo si confermi che l’attuale pontificato viene a configurarsi come una rivoluzione permanente a discapito dei fondamenti del cattolicesimo. E lo schema d’azione è sempre lo stesso, anzi parlerei oramai di collaudato metodo bergogliano: la scossa mediatica delle parole del Papa, il movimento tellurico prodotto nella comunità dei credenti, il subbuglio delle interpretazioni, il soccorso del giusticazionismo storico, il ruzzolare della chiesa verso i “segni dei tempi” del nostro secolo (vedasi la vicenda dei fedeli divorziati e risposati). Siamo di fronte ad un magistero dedito a rivoluzionare il depositum fidei piuttosto che a confermare la verità, a sommuovere piuttosto che a sedimentare. L’effetto di tutto questo è stato descritto dal filosofo cattolico Robert Spaemann sulla rivista Catholic News Agency del 28 aprile: l’attuale Pontefice, con l’esortazione post sinodale, “Amoris laetitia” (cap. VIII), rischia addirittura di spaccare la chiesa, “… portandola verso uno scisma che non si verificherebbe in periferia, ma nel cuore stesso della chiesa. Dio non lo voglia!”. Ecco il punto: il binomio periferia/cuore (=centro), declinato però nella forma antinomica della periferia della chiesa (extraeuropea, esistenziale, povera, pastorale) versus il centro della chiesa (europea-occidentale, greco-romana, ricca, dottrinale), sembra essere la cifra distintiva del pontificato di Francesco. Antinomia fatale per il cattolicesimo. Lacrime.
Alberto Bianchi
5-Al direttore - Ovvio che i magistrati non devono far politica. Ovvio, anche, che qualora un magistrato in aspettativa che fa il capo di gabinetto del ministro della Giustizia dovesse andare a fare il procuratore generale di Milano, si tratterebbe di un magistrato che è andato a far politica il quale torna a fare il magistrato. Non mi pare granché come passo avanti quanto alla questione di principio della separazione culturale, prima ancora che di ordinamento, fra chi fa politica e chi fa magistratura.
Vincenzo Agostini
Fino a quando la politica non eliminerà alla radice il problema della magistratura politicizzata, ovvero le correnti, la politica sarà credibile quando si lamenterà di questo orrore della magistratura politicizzata.
6.Al direttore - Le idi Di Maio.
Gino Roca
Se ne è accorto persino il Financial Times, che sulla politica italiana ha da sempre lo stesso passo veloce dei difensori del Milan, che il grillismo è un fenomeno troppo comico per essere preso sul serio.
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