Sull'agnello pasquale, il Papa dissente da Gesù e dal Vangelo
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Un tormentone accompagna da anni la Pasqua: basta mangiare gli agnelli
di Gianfranco Morra Italia Oggi 26.3.2016
Un tormentone accompagna da anni la Pasqua: basta mangiare gli agnelli. Anche Gesù lo mangiò nell'ultima cena, ma papa Francesco ha invitato «a sostituire la carne di agnello con menù alternativi» (27/3/2013). Da sempre gli italiani se ne fregano e continuano a gustarlo. Per fortuna: un costume che ancora unisce un popolo largamente scristianizzato nei valori della sua tradizione. La Pasqua è la festa dell'agnello. Non quello che, con formula inesatta, «toglie i peccati del mondo». Non li «toglie», in quanto la storia continuerà sino alla fine a esserne piena, ma «assume» (greco airéo, latino tollere) su di sé il peccato del mondo. Nel vangelo secondo Giovanni, 1, 29, si parla di peccato (amartía), non di peccati, come poi nella liturgia.
La religione, ci ha insegnato il grande René Girard (La violenza e il sacro), nasce come sacrificio espiatorio, una vittima innocente viene sacrificata per salvare il popolo: il dio (Tammuz, Adone, Osiride, Orfeo, Attis, Dioniso, Cristo) viene ucciso e risorge. È ciò che unisce tutte le religioni, anche se il cristianesimo sarà diverso dalle altre: Dio non solo muore, ma accetta la morte per mettere fine alla pratica del capro espiatorio.
Le tre religioni bibliche sono unite dalla festa dell'agnello. Gli ebrei festeggiano il passaggio (pessah) del Mar Rosso e la riconquista della libertà; gli islamici ricordano nella «Grande festa» (Id al-Kabir) l'agnello, che Abramo, il «padre della fede» disposto a sacrificare il figlio, immolò al suo posto.
Una Pasqua senza agnello? Non sarebbe più una Pasqua. Ma forse è proprio ciò che si vuole, tanto che si cerca anche di impedire le benedizioni pasquali nelle scuole. Niente agnello e niente uova. Non senza ragione: come negare che quelle di cioccolata, con dentro la sorpresa, o i leprotti pasquali (Easter Bunny), siano espedienti consumistici? Tutte le feste vengono utilizzate dall'industria, che ne ha inventate tante.
Ma l'uovo non è meno necessario. Il vero nome della festa è «Pasqua dell'uovo». Perché l'uovo è vita (omne vivum ex ovo). Anche l'utero è un uovo con dentro una meravigliosa sorpresa. L'uovo orfico è l'origine del tutto. Nei templi Incas, a fianco del sole e della luna, ecco l'uovo d'oro. Le matrioske russe contengono, in tre uova l'una dentro l'altra, tre madri: nonna sposa figlia. Per secoli le uova di Pasqua erano quelle delle galline, dipinte e benedette.
Choses passées, certo. Ma che possono ancora suscitare la nostalgia e il bisogno dell'uomo di quella salvezza, che culmina proprio nella Pasqua, la più grande di tutte le feste: «Con la morte ha distrutto la morte e con la resurrezione ha ricreato la vita» (mortem moriendo destruxit et vitam resurgendo reparavit).
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