Douthat contrattacca, c’è la “guerra civile” nella chiesa. Scalfari intanto…
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Il commentatore scatenato del Nyt, Douthat, scrive di una lotta intestina ai “più alti livelli”
L’’editorialista del New York Times Ross Douthat nel suo articolo domenicale è tornato sulla polemica scatenata la settimana scorsa per l’uso disinvolto del termine “eresia”,
di Mattia Ferraresi | 02 Novembre 2015 ore 20:00
New York. Com’era prevedibile, l’editorialista del New York Times Ross Douthat nel suo articolo domenicale è tornato sulla polemica scatenata la settimana scorsa per l’uso disinvolto del termine “eresia”, che ha ispirato una lettera di protesta di schiere di teologi americani, imbestialiti per il modo conservatore in cui Douthat interpreta il momento della chiesa e la guida di Francesco. Senza peraltro avere uno straccio di baccalaureato in teologia. In linea con la vocazione dell’editorialista, che consiste nello “spiegare e provocare”, Douthat non solo non ha ritrattato ma ha contrattaccato, sintetizzando la “reale posizione” di novatori e riformisti, premessa implicita di tutte le richieste di apertura, dalla comunione ai divorziati risposati in su: “Che tutto ciò che c’è di cattolico possa cambiare quando i tempi lo richiedono, e che lo ‘sviluppo’ della dottrina significhi soltanto tenersi al passo con la Storia con la S maiuscola, non importa quanto del Nuovo testamento lasciamo indietro”. Questa visione, scrive Douthat, “sa di eresia secondo ogni ragionevole definizione del termine”, e nota quello che a pochi osservatori è sfuggito, ma che lui definisce senza giri di parole: “Un’amara guerra civile” ai “più alti livelli della chiesa”. “Benvenuti nel campo di battaglia” è il saluto finale alla comunità degli accademici cattolici che negli ultimi giorni gli ha dedicato particolari attenzioni.
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Anche questo raddoppio della posta era prevedibile. Così com’era prevedibile che il teologo Massimo Faggioli, PhD che della lettera “per informare i lettori del New York Times” dell’inadeguatezza di Douthat è stato primo firmatario e promotore, rigettasse ancora una volta la cornice interpretativa offerta dell’avversario: “Rifiuto come irresponsabile l’uso dell’espressione ‘guerra civile’. Questa non è una guerra, ma una discussione”, ha scritto in uno dei suoi vari saggi di perizia celestiale e arguzia terrestre su Twitter.
Quello che non era del tutto prevedibile è che mentre Douthat scriveva, con il linguaggio e l’argomentare del polemista – anche a costo di usare registro e termini impropri – nella chiesa scoppiassero contemporaneamente due “discussioni” che solo i teologi improvvisati come Douthat potrebbero descrivere con metafore belliche. Eugenio Scalfari domenica ha riportato per l’ennesima volta il contenuto di una conversazione con Francesco, in cui il Papa diceva che la chiesa aprirà alla comunione ai divorziati risposati, e la sala stampa vaticana si apprestava all’ennesima smentita di “citazioni che non corrispondono alla realtà, dal momento che non registra né trascrive le parole del Papa”, e quindi l’articolo non interpreta il pensiero del Papa.
In coda al pezzo del National Catholic Register che ha raccolto la reazione del portavoce del Papa, padre Federico Lombardi, il vaticanista Edward Pentin formula la più legittima delle domande: “Perché il Papa continua a parlare con uno come Scalfari?”, uno che non registra le interviste e gli mette in bocca parole che la sala stampa dovrà poi smentire? Certamente la cosa avrà dato adito a molte discussioni nei piani alti della chiesa, e con ogni probabilità la santa parresìa avrà la meglio sul seminar zizzania che Francesco ha giusto stigmatizzato alla messa d’Ognissanti. Ma per Faggioli, Scalfari e Douthat pari sono nel “tentare di fare passare Francesco come eretico”, non è che una baruffa fra teologi dilettanti. Nel frattempo monsignor Lucio Angel Vallejo Balda e Francesca Chaouqui sono stati arrestati dalla gendarmeria vaticana nell’ambito dell’indagine sulle fughe di notizie papali, scandalo tendenza “corvo” che precipita in due libri di prossima uscita preventivamente bollati dalla sala stampa come “frutto di un grave tradimento della fiducia accordata dal Papa”. Qui la discussione interna alla chiesa sembra prendere, se non la forma della guerra, almeno quella dell’interrogatorio, ma per chi nega l’esistenza di una battaglia, quelli come Douthat – per l’occasione equiparato a Scalfari – non sono che agenti destabilizzanti che applicano categorie politiche alla chiesa, distribuiscono inaccettabili accuse di eresia e farneticano di una guerra civile. I recenti fatti di cronaca dimostrano che è soltanto una discussione in cui ogni tanto ci scappa una cannonata.
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