Francesco politico corretto
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Clima, economia, e pochi cenni a famiglia e aborto. Al Congresso un leader tattico e prudente
di Mattia Ferraresi | 25 Settembre 2015 ore 06:18 Foglio
Washington. Sono rimasti delusi i politici americani che erano ansiosi di usare le parole di Papa Francesco come vessilli di battaglie politiche, quindi mondane. Davanti al Congresso in seduta comune non si è presentato il Francesco tosto e dalla parola tagliente, quello che ha fraternamente corretto i vescovi americani il giorno prima, ma quello accorto, prudente, il leader tattico che non vuole concedere all’uditorio occasioni prossime di strumentalizzazione. Un discorso che trova la sua dimensione politica nel fatto di essere impolitico, nella capacità di sottrarsi alla logica degli schieramenti. I democratici, in particolare, speravano di ottenere dal Papa degli ultimi e della “casa comune” qualche frammento da rivendere come tweet da campagna elettorale, magari accompagnato dalla solenne dichiarazione della fine delle culture wars. Una fine rovinosa per i repubblicani e per il mondo cattolico più agguerrito, s’intende. A destra, invece, sognavano una parola definitiva contro l’aborto e per la famiglia naturale. Nessuno ha ottenuto ciò che sperava.
Il Papa ha parlato ai rappresentanti della “terra dei liberi e della casa dei valorosi” misurando le parole e attestandosi su un livello generico complicato tanto da attaccare quanto da strumentalizzare: ha parlato di ambiente ma senza concedere la formula “climate change”, onusta di significati politici, ha invitato a difendere “la vita umana in ogni fase del suo sviluppo” senza approfondire oltre, ha parlato di una famiglia “minacciata, forse come mai in precedenza, dall’interno e dall’esterno” ma senza citare i matrimoni gay, ha elogiato il dialogo a livello internazionale ma senza parlare di Cuba né l’embargo, sul quale un tesissimo Congresso è chiamato a esprimersi. Il “rispetto per le nostre differenze e per le nostre convinzioni di coscienza” ha lambito, senza svolgerla, la questione infiammata della libertà religiosa tanto cara ai vescovi americani.
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La questione della povertà non è stata accompagnata da affondi sul capitalismo selvaggio – faccenda delicata nell’orgogliosa patria del mercato – e le sue nefaste conseguenze, e dalla Laudato Si’ ha estratto invece una citazione positiva sul ruolo dell’impresa: “L’attività imprenditoriale, che è una nobile vocazione, orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune”. Francesco ha saltato nel discorso un passaggio incluso nel testo preparato: “Se la politica dev’essere veramente al servizio della persona umana, ne consegue che non può essere sottomessa al servizio dell’economia e della finanza”. Qualcuno ha visto nella scelta un’ulteriore testimonianza di prudenza nell’affrontare il mondo politico (“sottomessa” nell’originale inglese era reso con “slave”, schiava, espressione ancora più forte), ma Padre Lombardi ha spiegato che si è trattata soltanto di una “svista”, un paragrafetto scivolato via dallo sguardo papale.
Francesco si è concentrato su quello che unisce più che su quello che divide, insistendo sul “bene comune” che è “il fine di ogni politica”, la “solidarietà”, la “sussidiarietà”, il ruolo positivo della politica, l’importanza del dialogo fra le nazioni, la figura del buon leader politico che agisce in “spirito d’apertura e con senso pratico”.
Ha indicato Mosé come modello dell’uomo politico che fa le leggi ed è aperto a Dio, facendo reagire la narrazione veterotestamentaria con quattro testimoni americani: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton, simboli di quattro valori fondamentali: “Libertà, pluralità e non-esclusione, giustizia sociale, capacità di dialogo e di apertura a Dio”. E’ stata una festa dello “spirito di collaborazione che ha procurato tanto bene nella storia degli Stati Uniti”, una fra le tante annotazioni d’orgoglio a stelle e strisce che hanno fatto commuovere fino alle lacrime lo speaker della Camera, John Boehener, e il vicepresidente, Joe Biden, due cattolici di sponde opposte che vegliavano alle spalle del Papa durante il discorso.
Francesco ha richiamato la regola aurea e ha indicato una tentazione: “Il semplicistico riduzionismo che vede solo bene o male”, sorgente di una polarizzazione ideologica che non porta a nulla. Il prevedibile attacco alla pena di morte è stato accolto con applausi timidi dall’assemblea, mentre inattesa era l’allusione alla punizione nel paese con il più alto tasso di incarcerazione al mondo: “Tutti coloro che sono convinti che una giusta e necessaria punizione non deve mai escludere la dimensione della speranza e l’obiettivo della riabilitazione”. Più applaudito l’attacco al commercio delle armi. Sulla crisi dei rifugiati ha detto: “Non dobbiamo lasciarci spaventare dal loro numero, ma piuttosto vederle come persone, guardando i loro volti e ascoltando le loro storie, tentando di rispondere meglio che possiamo alle loro situazioni. Rispondere in un modo che sia sempre umano, giusto e fraterno. Dobbiamo evitare una tentazione oggi comune: scartare chiunque si dimostri problematico”, passaggio che contiene un’implicita citazione della “cultura dello scarto” con cui il Papa ha condannato l’aborto, altra questione ambiguo che sfugge a una lettura di parte. Infine, la famiglia. L’istituto fondamentale della società umana messo in discussione ma intorno al quale il Papa non ha dato indicazioni di natura politica ai congressmen. Come sempre, Francesco ha preferito esercitarsi sul registro esistenziale della testimonianza invece che insistere su una verità dottrinaria: “Io posso solo riproporre l’importanza e, soprattutto, la ricchezza e la bellezza della vita familiare”. Un “God bless America” ha chiuso un discorso misuratissimo, senza colpi di scena e per questo complicato da manipolare ideologicamente, un intervento del quale è più facile notare ciò che omette rispetto a quanto afferma.
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