Addio al cardinal Biffi, formidabile crociato anticonformista di una chiesa che non c’è più
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Esprimeva una chiesa che non c’è più. Non voleva, come il cardinale Martini, recuperare un ritardo di duecento anni sulla Rivoluzione francese
Il cardinale Giacomo Biffi
di Giuliano Ferrara | 12 Luglio 2015 ore 06:18 Foglio
Vero prete, vero teologo, vero pastore, vero scrittore, vero cardinale: Giacomo Biffi. La chiesa cattolica ha perso un suo pezzo da 90. Bologna perde un anticonformista, uno che ha saputo vedere nella grassa “sazietà e disperazione”, mettendo in sincrono testa e cuore. Conversare con lui era un piacere dello spirito, piacere illuminista, piacere da “salon” settecentesco. Pubblicare i suoi esercizi spirituali con san Giovanni Paolo II fu un atto laico di fede nella potenza celeste della migliore letteratura cattolica. Annunciava i cherubini svolazzanti con verve dantesca, decrittava il mondo terreno dell’alto.
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Ma era grandissimo, don Biffi, come esegeta di Pinocchio, come storico divertito del Risorgimento anticattolico, come memorialista delle periferie esistenziali della vecchia Milano: le Memorie di un italiano cardinale sono istruttive, minuziose, perfide e squisite.
Esprimeva una chiesa che non c’è più. Non voleva, come il cardinale Martini, recuperare un ritardo di duecento anni sulla Rivoluzione francese. Voleva mettersi vent’anni avanti alle derive del secolo, era uno che prefigurava con ironia, senza paura di essere minoranza. Un suo magnifico libello storico e teologico parlava dei balsami preziosi e dei tessuti ricchi di cui si avvaleva Gesù negli anni della sua predicazione; Cristo era ricco e amava pranzare con i ricchi e con i pescatori, tutti iscritti allo stesso titolo nel cerchio perfetto della redenzione possibile. La scorrettezza di Biffi non era esornativa. Veniva da lunga e intensa esperienza dell’umanità e della cultura. Il suo anti-modernismo era un modo di essere post-contemporaneo.
Era disciplinato come un soldato semplice sempre coraggioso e in prima linea. Quando Carlo Caffarra, sublime miniatura di Pio IX, gli succedette nella cattedra di san Petronio, Biffi si ritirò in una comunità fondata da Giacomo Lercaro e visse da eremita di genio, i suoi talenti di conversatore e di scrittore, senza mai dare fastidio e senza nulla pretendere altro che amicizia e affetto dalla sua chiesa. Da Arcivescovo di Milano, carisma che avrebbe meritato ampiamente, ci avrebbe regalato, al posto della lagna secolarista e della subalternità al mondo, una bella riforma intellettuale e morale della chiesa italiana e, chissà, universale.
Tra i suoi lasciti, sulla scia di Soloviev, la notizia più vera se non la più bella: verrà l’Anticristo e sarà un pacifista, un vegetariano, un ecologista.
Ma per Giacomo Biffi, un italiano cattolico pacificato e riconciliato dalla sua intelligenza e sensibilità, gli avversari delle sue idee (i Martini, i Dossetti e i Lercaro) erano tutti uomini di Dio. Riposerà in pace, questo formidabile crociato tra due secoli.