L’aborto va nello scaffale più basso
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Il Papa non lo declassa a “dramma superficiale”, ma “non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere”. La svolta, la dottrina, la percezione e la fine di un’epoca di valori non negoziabili
di Matteo Matzuzzi, 22 Novembre 2016
Roma. “Concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto”. Lo scrive il Papa al punto dodici della Lettera apostolica Misericordia et misera, pubblicata ieri a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia. “Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario”. Frasi che subito hanno indotto a parlare di sanatoria, di declassamento del peccato d’aborto a qualcosa paragonabile a una lite tra nuora e suocera da illustrare con dovizia di particolari al confessore più o meno distratto. O a teorizzare paragoni tra l’aborto e un reato di mafia, mettendo sul bilancino i due elementi e controllando con occhio attento quale pesa di più ai fini della salvezza. “Dal Papa parole importanti”, ha detto il segretario dei Radicali italiani, Riccardo Magi, che ora chiede al governo di porre fine alla “obiezione di coscienza dilagante” nel paese. Mons. Rino Fisichella, organizzatore degli eventi legati all’Anno Santo, cerca di fare chiarezza riguardo la questione, comprendendo che la percezione pubblica del gesto papale rischia di essere l’opposto del fine che ci si era prefissati in Vaticano, riperticando vecchi discorsi sull’èra della battaglia per i valori non negoziabili – espressione che Bergoglio non condivide – definitivamente conclusa: “Non c’è nessuna forma di lassismo, c’è invece una forma con la quale si prende consapevolezza della gravità del peccato ma si è pentiti e quindi ci si vuole riconciliare con il Signore”.
Il Papa, dopotutto, nella Lettera ha chiarito “con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente”. Però “posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre”. Non ci possono essere equivoci, dice mons. Fisichella, che ha anche fornito i numeri record dell’Anno giubilare (900 milioni di fedeli hanno varcato una Porta santa in qualche parte del mondo, 21 milioni a Roma): l’unico cambiamento è che ora tutti i sacerdoti potranno assolvere quanti hanno procurato il peccato d’aborto e non servirà più il placet del vescovo che a sua volta incaricava qualche presbitero di concedere la speciale assoluzione.
E’ questo il cambiamento pratico che il Pontefice ha disposto. Servirà una modifica al Codice di diritto canonico, e sarà fatta a tempo debito. La novità è, a ogni modo, cosa già ben conosciuta in realtà come l’Austria e la Germania, dove già dagli anni Ottanta il vescovo veniva bypassato. La scomunica resta come conseguenza del peccato grave – come per pochi altri peccati, quale ad esempio l’attentato contro il Papa – solo che ora ogni sacerdote la potrà togliere, in quanto dal Papa direttamente autorizzato. Niente più telefonate al vescovo e iter burocratici che poco avevano a che vedere con l’immagine della chiesa ospedale da campo tanto predicata da Francesco. Certo è che qualche problema ci deve essere, se si mettono insieme procedure chieste un po’ da tutti (anche da vasti settori pro life) con la garanzia del perdono e dell’assoluzione, che mai sono state messe in dubbio. Una mancanza di chiarezza che ha determinato, ieri, un pullulare d’opinioni che nemmeno mons. Fisichella, in conferenza stampa, è riuscito a fermare.
C’è chi, anche tra le file del clero, esulta. Don Mauro Leonardi, prete e scrittore e assai attivo sui social media, è soddisfatto: “Finalmente ora l’aborto sarà un peccato non più grave del delitto di mafia o del peccato di pedofilia.Lì dove il tuo pentimento incontra Cristo, il viso sarà senza mediazioni di penitenzieri, vescovi e burocrazia canonica varia: sarà il volto del prete qualsiasi, magari anche quello del tuo sacerdote. Questa è la misericordia: la carità nello scaffale più basso, dove anche un bambino può prenderla”, ha scritto sul sito Faro di Roma. Sull’Huffington Post ha aggiunto: “‘Perché lei può assolvere Totò Riina e non me?’. Me lo chiedeva una donna povera – la chiamo Rita con nome di fantasia – che aveva abortito perché pensava che non ce la faceva proprio a sfamare un figlio in più. E io avevo dovuto spiegarle la lunga trafila che si frapponeva tra la sua richiesta d’assoluzione e quel perdono che la chiesa mi rendeva possibile dare a chiunque, anche a un capo mafioso pluriomicida, ma non a lei”. Sull’aborto il Papa è sempre stato chiaro, basta leggere le sue parole pronunciate anche quando era arcivescovo di Buenos Aires.
“Una mentalità molto diffusa ha ormai fatto perdere la dovuta sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita.Il dramma dell’aborto è vissuto da alcuni con una consapevolezza superficiale, quasi non rendendosi conto del gravissimo male che un simile atto comporta”, scriveva Francesco nella Lettera con la quale concedeva l’indulgenza in occasione del Giubileo straordinario della misericordia. Bergoglio però, andava oltre, sottolineando il dramma delle donne che “vivendo questo momento come una sconfitta, ritengono di non avere altra strada da percorrere”. Un dramma “esistenziale e morale”, che lascia “nel cuore la cicatrice per questa scelta sofferta e dolorosa”. Eppure, aggiungeva – ed è qui che si comprende la decisione di responsabilizzare il sacerdote nell’assolvere dal peccato grave d’aborto – “solo il comprenderlo nella sua verità può consentire di non perdere la speranza. Il perdono di Dio a chiunque è pentito non può essere negato, soprattutto quando con cuore sincero si accosta al sacramento della Confessione”. Il cardinale Walter Kasper, assai ascoltato a Santa Marta, già da tempo aveva fornito una sintesi del concetto: “Non c’è dubbio che l’aborto sia un omicidio”, “ma ci si deve rapportare ai casi concreti e allora non si può definire la donna che ha abortito come una criminale”.
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