I vescovi polacchi: “Con Giovanni Paolo II non c’era bisogno di interpretare il magistero di Pietro”

Il presidente del Consiglio per la famiglia della locale conferenza episcopale appoggia la lettera su Amoris laetitia inviata al Papa: “Domande legittime”

Papa Francesco con il cardinale Dziwisz durante il recente viaggio in Polonia (LaPresse)

di Matteo Matzuzzi 24 Novembre 2016 alle 13:39

Roma. Il dibattito sull’esortazione post sinodale Amoris laetitia è all’insegna della parresia più spinta come poche altre volte si era visto nei tempi recenti della chiesa.

Dopo la pubblicazione dei Dubia e della lettera con richiesta di chiarimenti che quattro cardinali (Carlo Caffarra, Raymond Leo Burke, Walter Brandmüller e Joachim Meisner) avevano inviato lo scorso 19 settembre al Papa senza ottenere risposta, altri porporati e vescovi sono intervenuti nel dibattito, chi accusando di fatto i quattro di essere un manipolo di congiurati, chi prendendone le difese e rilanciando le perplessità sul documento pubblicato dal Papa pochi mesi dopo il Sinodo.

 

Se il titolare del dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, il neo cardinale Kevin Farrell, ha detto a mezzo stampa che il Pontefice non deve rispondere proprio a nessuno e che il testo di Amoris laetitia è chiarissimo – rimproverando anche il connazionale Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia, di aver presentato ai fedeli della sua diocesi linee-guida non in sintonia con le aperture romane – è dalla Polonia che è arrivato il sostegno più rilevante (e simbolico) a favore dei quattro cardinali. Mons. Jan Watroba, presidente del Consiglio per la famiglia della Conferenza episcopale polacca, infatti, ha definito “non riprovevole” la pubblicazione della missiva di Caffarra, Burke, Brandmüller e Meisner. Anzi, si è trattato “dell’espressione di una preoccupazione per la corretta comprensione della dottrina di Pietro”.

Io, altri vescovi e parroci siamo sopraffatti da queste o simili domande”, ha aggiunto il presule, a giudizio del quale “è un peccato che non ci sia nessuna interpretazione generale” del documento e che passi un messaggio “non chiaro”, al punto che bisogna “aggiungere interpretazioni”. “Io, personalmente – ha chiosato Watroba – forse per abitudine ma anche con profonda convinzione, preferisco un’interpretazione tale (come era solito fare Giovanni Paolo II) dove non c’era bisogno di commenti o interpretazioni del magistero di Pietro”.

Categoria Religione

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata