Macchine "truccate" e armi: l'organizzazione paramilitare dei rom che terrorizza le città
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Il giorno in spiaggia, poi la sera al "lavoro" per svaligiare le case degli italiani. Tutto era organizzato nei dettagli, dagli strumenti di scasso all'auto modificata contro la le cimici della polizia
Claudio Cartaldo - Sab, 18/07/2015 - 14:57 Il Giornale
Professionisti del furto, organizzati in maniera quasi militare. Cambiavano le targhe all'auto più volte durante la notte, avevano smerigliatrici portatili, piedi di porco, arnesi da scasso, martelli e tutto quello che gli occorreva per difendersi.
La loro fortuna? Essere rom, il potersi muovere ogni settimana senza destare sospetti e così cambiare spesso il luogo dove compiere i furti.
Sono tre i nomadi arrestati a Jesolo dalla polizia, che ha dovuto faticare non poco per coglierli sul fatto.
Riuscivano a tornare alla base senza nemmeno il bisogno di portarsi addosso la refurtiva, né gli arnesi da scasso. Il loro modus operandi era studiato nei particolari: il primo step prevedeva una prima sosta per cambiare la targa dell'auto, poi una seconda fermata al deposito degli attrezzi (nascosto tra i campi di pannocchie), dove trovavano magliette diverse per cambiarsi e marsupi da attaccare agli splip capaci di contenere oro e denaro. Infine, sceglievano dal deposito quale arnesi da scasso prendere. Portavano con sé solo quelli necessari, così da evitare di avere addosso materiale inutile durante un'eventuale fuga.
Con le ricetrasmittenti e le torce fissate sulle spalle, i tre rom entrvano indisturbati nelle case dei cittadini veneti. La loro Seat Leon usata per fuggire era poi a prova di carabinieri: subito dopo il colpo, infatti, i rom provvedevano ad un nuovo cambio della targa. Non solo. Perché il colore dell'auto nel corso dei vari mesi era stato anche cambiato più volte. Inoltre, i fondi dell'auto erano stati modificati in modo da evitare che la polizia potesse introdurre cimici spia nell'abitacolo.
Terminati i raid, i tre rom si dirigevano verso un altro luogo in aperta campagna, dove lasciavano la refurtiva appesa ad un albero per tornare il giorno successivo a prenderla. E così rientravano nella casa sorvegliata da moglie e figli. Impuniti, fino a ieri.
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