Veneto, Qui un tempo era tutta Lega. Vittorio Veneto, Braido espulso. Incognita Zaia
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In Veneto il partito ha perso un milione di voti in pochi anni. Secondo gli ex dirigenti locali delusi, dietro al calo ci sono la gestione del partito e i dubbi sul futuro di Luca Zaia
07 agosto 2024 Federico Gonzato, pagellapolitica .it lettura8’
Estratto seconda parte articolo su pagella politica.it
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personale e una considerazione che si basa su quanto avviene a livello locale. Penso che ormai tutti i partiti siano sottoposti a un calo fisiologico dei consensi in maniera ciclica. Da diversi anni, a differenza di quanto poteva avvenire nella Prima repubblica, assistiamo a un comportamento politico degli elettori molto umorale. In un’elezione magari un partito ottiene grandi consensi e di conseguenza grandi lodi, mentre la volta dopo, in breve tempo, ottiene risultati poco entusiasmanti», ha detto Maltauro, che ha 24 anni ed è iscritto alla Lega da quando ne aveva 16. «Certo, poi c’è sicuramente una questione di credibilità politica: anche in Veneto Fratelli d’Italia è stata riconosciuta in questi ultimi anni come un partito coerente rispetto ai governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia. È innegabile che oggi Giorgia Meloni sia riconosciuta come una leader molto credibile, quindi un profilo di merito per Fratelli d’Italia c’è», ha aggiunto Maltauro, che è stato l’unico eletto della Lega in consiglio comunale a Vicenza in occasione delle elezioni comunali del 2023.
A Vicenza, alle elezioni comunali dello scorso anno, ha vinto la coalizione di centrosinistra guidata da Giacomo Possamai, 34 anni di età, già consigliere regionale del Partito Democratico. Al ballottaggio Possamai ha battuto per meno di mille voti il sindaco uscente Francesco Rucco, candidato del centrodestra. Per la Lega non sono state elezioni molto fortunate. Ha ottenuto meno del 7 per cento dei voti, perdendone circa 4 mila rispetto alle precedenti elezioni del 2018.
Al contrario, Fratelli d’Italia ha superato il 10 per cento dei consensi, guadagnando quasi 4 mila voti rispetto a cinque anni prima, quando aveva ottenuto meno del 2 per cento. «A Vicenza siamo passati da avere tre assessori e sei consiglieri comunali, ad avere solo un consigliere, ossia io. Certamente ci sono stati problemi e i cittadini hanno bocciato l’operato della classe dirigente del nostro partito in città», ha detto Maltauro. «Detto questo, la Lega rappresenta ancora un partito fondamentale nel centrodestra, in queste ultime elezioni comunali abbiamo confermato tanti sindaci del centrodestra grazie al nostro supporto e ne abbiamo conquistati di nuovi, come per esempio a Rovigo», ha aggiunto. Alle ultime comunali, a Rovigo la candidata del centrodestra Valeria Cittadin ha vinto al ballottaggio contro il sindaco uscente Edoardo Gaffeo, sostenuto dal Movimento 5 Stelle e da altre liste civiche. In queste elezioni, la Lega ha comunque perso oltre 2.500 voti rispetto a cinque anni fa.
L’anno scorso, tra le elezioni comunali che si sono tenute nel 2023 in Veneto, la Lega è riuscita comunque a rieleggere come sindaco di Treviso Mario Conte, tra i principali esponenti del partito in Veneto. Conte ha vinto al primo turno con oltre il 60 per cento dei consensi, frutto soprattutto del 30 per cento ottenuto dalla lista civica personale del candidato sindaco di centrodestra. A Treviso la Lega è riuscita a superare Fratelli d’Italia, ottenendo circa il 18 per cento, contro l’11 per cento del partito di Giorgia Meloni.
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Divisioni interne
Al di là della linea politica e della credibilità del partito, dietro alle difficoltà della Lega in Veneto ci sono anche i dissidi interni, che hanno influito sui risultati delle elezioni comunali di quest’anno.
A Bassano del Grappa, il secondo comune più popoloso della provincia di Vicenza, il centrodestra ha vinto con Nicola Finco, già consigliere regionale della Lega. Finco è riuscito a vincere solo al ballottaggio contro il candidato del centrosinistra Roberto Campagnolo, perché la sindaca uscente leghista Elena Pavan si è ricandidata per un secondo mandato, ma senza il supporto del suo partito. Al primo turno Pavan ha ottenuto il 24 per cento dei voti e al ballottaggio non ha sostenuto con la sua lista civica il candidato del centrodestra. La sindaca uscente ha lanciato la sua candidatura ad aprile 2024, dopo la scelta del suo partito di sostenere Finco.
All’epoca, Pavan aveva detto che i vertici della Lega le avevano varie volte assicurato il loro sostegno, salvo poi ritirarlo all’ultimo minuto. «Questa circostanza mi era stata detta direttamente dai vertici del mio partito a inizio a novembre e dicembre dello scorso anno, e a inizio marzo, quindi c’è stata effettivamente sorpresa e uno stupore amaro nel comprendere che questo non corrispondeva alla verità», ha detto ad aprile di quest’anno la sindaca uscente di Bassano, che è stata poi espulsa dal partito per la sua scelta di ricandidarsi in solitaria. «La scelta di non ricandidare Pavan arriva proprio dalla base della Lega, dal gruppo consiliare, dal direttivo, che vivendo il territorio avevano percepito questa voglia da parte della cittadinanza di un cambio di passo», aveva risposto Andrea Viero, segretario locale della Lega, ribadendo che non c’era stata nessuna imposizione dai vertici del partito. La candidatura di Pavan è stata sostenuta al primo turno anche da Fratelli d’Italia, che al ballottaggio ha scelto di sostenere Finco, contribuendo alla sua vittoria.
A Vittorio Veneto – ventisettemila abitanti in provincia di Treviso – dove alle elezioni del 2019 la Lega era stato il primo partito con il 28 per cento dei consensi, è andata peggio. Il candidato sostenuto da Lega e Fratelli d’Italia Giovanni Braido non è riuscito ad arrivare al ballottaggio, superato sia dalla candidata del centrosinistra Mirella Balliana (poi vincitrice) sia da Gianluca Posocco, sostenuto da Forza Italia e da due liste civiche, tra cui quella di Toni Da Re, espulso dalla Lega pochi mesi prima.
La lista di Da Re ha ottenuto il 12 per cento dei voti, superando quella della Lega, che si è fermata al 7 per cento. In vista del secondo turno, il candidato della Lega Braido ha detto che avrebbe votato per la candidata del centrosinistra piuttosto che votare Posocco, accusando il segretario provinciale della Lega, il deputato Dimitri Coin, di non averlo sostenuto a sufficienza e di aver favorito implicitamente Posocco e Da Re. Il 30 luglio, a quasi un mese dal ballottaggio, il direttivo provinciale della Lega di Treviso ha espulso Braido per il suo sostegno alla candidata del centrosinistra. Questa decisione non è stata condivisa da tutti: il coordinatore organizzativo della Lega in Veneto Giuseppe Paolin ha definito «grave» l’espulsione di Braido, perché è stato pur sempre l’unico che ha corso davvero con la Lega alle comunali, a prescindere da come sono andate.
Paolin ha anche criticato la scelta della segreteria provinciale della Lega di nominare Franco Manzato come commissario straordinario del partito a Vittorio Veneto. Ex deputato, vicino politicamente a Toni Da Re, Manzato si è candidato a giugno dello scorso anno per diventare segretario regionale della Lega in opposizione ad Alberto Stefani, rappresentante dell’ala salviniana del partito e attuale segretario. «Mettere Franco Manzato, amico fraterno di Toni Da Re, è come nominare il lupo tutore di cappuccetto rosso», ha commentato Paolin.
Anche a Montecchio Maggiore, tra i principali poli industriali della provincia di Vicenza, il candidato del centrodestra ha perso per una divisione interna alla Lega. Il sindaco uscente, il leghista Gianfranco Trapula, si è ricandidato per un secondo mandato con alcune liste civiche dopo che la Lega ha deciso di sostenere Milena Cecchetto, già sindaca dal 2009 al 2014.
Una questione di metodo
Secondo Maltauro, queste diatribe a livello locale non sono il segno di una spaccatura dentro alla Lega. «Penso che a livello locale queste divisioni siano frutto di dissapori e inimicizie personali, tipici dei contesti più piccoli e ristretti, e non possono per questo essere generalizzate a livello regionale o nazionale», ha detto il consigliere leghista di Vicenza. Per i più critici, invece, le divisioni e i malumori nascono da una gestione sbagliata del partito a livello locale, troppo verticistica e poco disposta al dialogo. E c’è chi contesta direttamente anche l’attuale segretario regionale Stefani, oggi deputato alla sua seconda legislatura.
Come anticipato, Stefani è vicino politicamente a Salvini ed è stato eletto segretario della Lega in Veneto nel 2023, dopo sette anni in cui non era mai stato convocato un congresso regionale e quattro di commissariamento da parte dei vertici nazionali del partito. Lo stesso Stefani era stato nominato da Salvini commissario del partito in Veneto nel 2021, in sostituzione di Lorenzo Fontana, attuale presidente della Camera, nominato commissario in Veneto nel 2019. A partire dal 2019 Salvini ha commissariato tutte le sezioni locali della Lega Nord, creando le nuove sezioni locali della “Lega Salvini premier”, completando così la transizione da un partito all’altro.
«In un momento in cui il partito è già in flessione e tu come segretario regionale avvalli le “purghe” interne, in cui esponenti di peso o rappresentanti locali sono cacciati perché dissentono dalla linea, vuol dire rischiare di trovarsi tra i soliti pochi intimi, e questo certamente non fa bene al partito», ha detto a Pagella Politica una fonte istituzionale della Lega. Abbiamo contattato Alberto Stefani per avere un suo commento sulla situazione del partito in Veneto, ma al momento della pubblicazione di questo articolo siamo in attesa di una risposta.
La situazione finanziaria
Dal punto di vista finanziario, la situazione della Lega in Veneto è altalenante.
In base alle verifiche di Pagella Politica sugli ultimi bilanci disponibili, al 31 dicembre 2023 la sezione veneta della Lega (la “Liga veneta”) aveva debiti per circa 70 mila euro, accumulati a partire dal 2019, ossia da quando è nata ufficialmente. Tra tutte le 22 sezioni locali del partito, la Liga veneta è terza per debiti accumulati negli ultimi cinque anni, dietro alla sezione della Lombardia (189 mila euro di debiti) e a quella della Romagna (77 mila euro). Nel 2023 la Liga veneta ha avuto un disavanzo di esercizio (ossia una differenza tra uscite e entrate in un anno) pari a circa 7 mila euro. Nel 2022 il disavanzo di esercizio registrato dalla Liga veneta era stato ancora più ampio, pari a circa 700 mila euro.
In questo arco di tempo ci sono stati alti e bassi anche per quanto riguarda le entrate derivanti dalle quote associative pagate da sostenitori e militanti.
Nel 2020 le quote associative annuali alla Lega Veneta avevano portato nelle casse del partito circa 152 mila euro, saliti nel 2021 223 mila. Nel 2022 i proventi delle quote associative sono scesi a 166 mila euro e nel 2023 155 mila euro, tornando ai livelli di quattro anni fa.
L’incognita Zaia
Il futuro della Lega in Veneto dipenderà molto dal futuro del suo politico più forte: il presidente della Regione Luca Zaia. Esponente storico prima della Lega Nord e poi della Lega, ministro dell’Agricoltura nel quarto governo Berlusconi, Zaia è presidente della regione da quasi quindici anni. Eletto per la prima volta nel 2010, Zaia è stato rieletto per il terzo mandato consecutivo nel 2020, nonostante la legge nazionale vieti ai presidenti di regione di fare più di due mandati consecutivi. Questo è stato possibile perché il Veneto ha applicato il limite dei due mandati nel 2012, con l’approvazione della nuova legge elettorale regionale. Siccome la legge non può essere retroattiva, il primo mandato di Zaia, quello svolto tra il 2010 e il 2015, non è conteggiato nel computo totale.
In tutte e tre le elezioni in cui è stato confermato alla guida della Regione Veneto, Zaia ha ottenuto oltre il 50 per cento dei voti, e alle ultime elezioni regionali del 2020 è arrivato al 76 per cento dei consensi. Nelle elezioni del 2015 e del 2020, oltre che dalla Lega e dagli altri partiti di centrodestra, Zaia è stato sostenuto dalla sua lista civica “Zaia presidente”, che al suo interno aveva diversi esponenti veneti della Lega. In entrambi i casi, la lista personale di Zaia è arrivata prima nei consensi superando ampiamente la Lega: nel 2020 ha raggiunto il 45 per cento delle preferenze, contro il 17 per cento del suo stesso partito.