Il piano Renzi per far filare la Confindustria della Nazione con Boccia
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“Saremo corresponsabili della crescita”, dice l’imprenditore che ha sconfitto Vacchi. Contrattazione, Fiat, sussidi
di Alberto Brambilla | 31 Marzo 2016 ore 21:08
Roma. Il conclave del sindacato dei padroni ha scelto Vincenzo Boccia come presidente designato di Confindustria e successore di Giorgio Squinzi. Boccia ha battuto l’avversario Alberto Vacchi per nove voti (100 voti a 91 su 192 presenti, 198 aventi diritto). La scelta dovrà essere ratificata il 25 maggio dall’Assemblea generale che rappresenta i 150 mila associati. Sono stati determinanti, secondo gli osservatori, i voti delle imprese di stato iscritte all’associazione e i voti del comitato di presidenza dove albergano i passati presidenti confindustriali. Boccia, 52 anni, amministratore delegato della piccola impresa tipografica Boccia Arti Grafiche Spa di Salerno ed ex vicepresidente di Confindustria, ha detto che nella sua presidenza l’associazione sarà “corresponsabile” con il governo della “crescita del paese”, segnalando dunque la volontà di abbandonare logiche corporative incrostate e fare proposte nell’interesse sia delle imprese sia della nazione. Squinzi dopo quattro anni di presidenza iniziata all’insegna del dialogo purchessia coi sindacati, e conclusa – in èra renziana – con l’abiura della concertazione, ha voluto smorzare minacce di fratture da parte della corrente dei sostenitori di Vacchi richiamando all’unità dell’associazione. Tuttavia la prova di lealtà di Boccia a Renzi – che ieri ha perso il ministro dello Sviluppo, l’ex confindustriale Federica Guidi, dimessasi dopo la notizia del compagno indagato a Potenza per traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.) – arriverà dalla capacità di riformare la contrattazione abbandonando la richiesta di sgravi e aprendo a contratti aziendali e welfare privato.
ARTICOLI CORRELATI Perché Renzi esulta per il nuovo capo di Confindustria Perché si bisbiglia di una congiura confindustriale contro la Zanzara Renzi alle prese con la Confindustria delle strane alleanze variabili Boccia è considerato un presidente in continuità con la macchina confindustriale: è stato sostenuto dalla stessa maggioranza che quattro anni fa elesse Squinzi, mentre la parte sconfitta è la stessa che appoggiò lo sfidante Alberto Bombassei, capo di Brembo. I capitalisti privati dell’associazione non sono riusciti, per la seconda elezione consecutiva, a rivaleggiare con una Confindustria che dopo l’uscita di Fiat nel 2012 ha spostato l’equilibrio verso le società statali, Eni, Enel, Snam, Finmeccanica, Poste, Ferrovie che dispongono di un pacchetto determinante di una dozzina di voti in Consiglio attraverso i dirigenti nominati dal governo Renzi. Eni e Poste sono decisive, scriveva ieri il Corriere della Sera. Emma Marcegaglia, presidente di Eni ed ex presidente degli industriali, ha coltivato la vittoria di Boccia e potrà rivendicarlo in fase di nomina di incarichi dirigenziali o agire come copresidente occulto. “Sono molto felice, saprà creare la giusta discontinuità e ha un programma molto forte”, ha detto.
Sponsor romano-centrico è invece Luigi Abete, past president e presidente di banca Bnl. Marcegaglia può influenzare 23 associazioni territoriali che contribuisce a finanziare e 33 territoriali di competenza Eni, dice una fonte a lei vicina. Marcegaglia avrebbe insistito sulle imprese asservite a Eni nel distretto degli idrocarburi dell’Emilia Romagna – per coincidenza sotto referendum sulle “trivelle” del 17 aprile – per aggregare consenso, dicono fonti locali. Il gruppo siderurgico Marcegaglia, prostrato dalla crisi strutturale dell’acciaio, partecipa a un consorzio con Arvedi e Cassa depositi e presititi, banca di stato che investe i risparmi postali, per rilevare l’Ilva di Taranto tentando di tamponare una grana per il governo.
L’ad di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne, è fisicamente lontano dalla partita – ieri era a Chicago con Renzi per “attrarre investimenti” in Italia – ma la territoriale del Piemonte, cui Fiat è iscritta, ha scelto Boccia. La corrente avversa che sosteneva Alberto Vacchi, capo della multinazionale Ima, che in quanto “distante dalle stanze romane” aveva ricevuto l’endorsement della Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha incassato. Dietro al bolognese Vacchi, sospettato di vicinanza con la Fiom per affinità territoriali, c’è la stessa compagine simpatetica con il centrodestra e anti Cgil che appoggiò Bombassei: Federmeccanica, Luca di Montezemolo (ex Ferrari), Farmindustria (il dg Enrica Giorgetti è moglie di Maurizio Sacconi), Gianfelice Rocca (Assolombarda, l’associazione territoriale più rilevante) e nordestini. Montezemolo, mostrando livore, ha insistito sulla criticità di una Confindustria “spaccata” che ha “perso l’unica occasione di vero cambiamento”. Rocca ha ignorato le chiamate a candidarsi personalmente, si dice sconsigliato dalla famiglia, perdendo la chance di unire la Lombardia che si è appunto divisa. Rocca non ha commentato al Foglio. Le piccole imprese, di cui Boccia è stato rappresentante ed è esponente (la sua società fattura circa 40 milioni di euro), hanno preferito l’arrocco al mare aperto. “Serve una guida che conosce la macchina per fare una evoluzione, una rivoluzione è rischiosa: dobbiamo pensare alle aziende e ai dipendenti”, ha detto Paolo Bastianello, imprenditore vicentino che fu sconfitto da Boccia per la guida del Comitato piccola industria, gridando poi “viva Salerno!” per salutare i corregionali di Boccia uscendo tra gli ultimi dalla sede di Viale dell’Astronomia; struttura simbolica ma ieri priva di difese militari, diversamente da istituzioni sensibili agli attacchi terroristici a Roma.
Alberto Brambilla