Il mistero del ricorso del Cav. in Europa
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Riflessione (con notizia) sul ritardo europeo sulla legge Severino
di Redazione | 19 Marzo 2016 ore 06:18 Foglio
Era il 7 settembre del 2013 quando Silvio Berlusconi depositò presso la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) un ricorso attraverso il quale l’ex presidente del Consiglio chiese un parere sulla corretta interpretazione della legge Severino. La posizione di Berlusconi la conosciamo tutti: il Cav. (e con lui un fronte cospicuo di costituzionalisti) sostiene che come tutte le sanzioni afflittive, ovvero come tutte le sanzioni che colpiscono l’individuo limitando la sua libertà personale, la legge Severino debba essere considerata all’interno della cornice del Codice penale e che per questo non può essere applicata retroattivamente come è successo per Berlusconi. Secondo questa interpretazione, dato che la legge Severino è stata approvata nel 2013, dopo il reato per il quale Berlusconi è stato condannato, la legge non dovrebbe essere applicata per il caso del Cav.
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La premessa è nota. Così come è noto (lo ha raccontato il Foglio esattamente un anno fa) che la Corte di Strasburgo ha fatto filtrare in ambienti costituzionali italiani un orientamento favorevole alla tesi del Cav. Tutto bene, si direbbe. Tranne un piccolo dettaglio. Secondo quanto risulta al Foglio, a oggi, dopo 891 giorni dalla presentazione del ricorso, il dossier del Cav. si trova a questo punto dell’iter burocratico: non è stata ancora presa neppure in esame la richiesta di ammissibilità. Il tutto nonostante la predisposizione positiva della Corte. A meno che, verrebbe da dire, il problema non sia proprio quello: ritardare il più possibile una sentenza che, nel lungo termine, potrebbe trasformarsi in un formidabile assist per Berlusconi. Chissà.
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