Perché la vera partita della minoranza Pd si gioca sul referendum
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Matteo Renzi non sta complottando per sbattere fuori i bersaniani, anzi. A Milano e Roma si lavora per evitare incidenti
di Redazione | 15 Marzo 2016 ore 14:34 Foglio
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Napoli è persa, Roma invece… Checché si dica – e, in alcuni caso, si scriva – non è affatto vero che Matteo Renzi stia lavorando per spingere fuori dal partito la componente bersaniana. In questa fase delicata in cui il premier da giugno (con le amministrative) ad ottobre (con il referendum costituzionale del 22) si sta giocando tutto, non è certo sua intenzione provocare un cataclisma politico. Banalmente, perché non gli conviene. Il presidente del Consiglio, infatti, ha bisogno dei voti anche degli elettori più di sinistra per riuscire a vincere Milano (e il risultato, in questo caso, è a portata di mano) e tentare di confermare Roma. Altra questione, ovviamente, è Napoli. Anche se lo stato maggiore del Partito democratico non lo può dire ufficialmente in quella città il Pd ci ha messo una pietra sopra. Tutti i sondaggi, infatti, dicono che, nonostante abbia fatto poco o niente per il capoluogo partenopeo, Luigi de Magistris è ancora molto amato dai napoletani. Ma perdere in quella città, se si vincono Milano e Roma, non è un grande problema, dal momento che comunque Napoli non era governata dal Pd. E anche per quanto riguarda il referendum Renzi vuole evitare che tutta la minoranza interna, nella versione Gianni Cuperlo e in quella Roberto Speranza, approfitti del clima di scontro interno per sposare le ragioni del “no”.
Smentite. Insomma, seppure con il suo stile, che non è certo quello del leader accomodante che subisce i ricatti interni delle correnti, il segretario del Partito democratico vuole frenare la corsa verso la rottura, anche per questo ieri mattina ha fatto diffondere una smentita riguardo certe frasi pesanti rivolte agli esponenti della minoranza che gli erano state attribuite.
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Chi invece vuole sfruttare questo momento difficile – amministrative e referendum – per riuscire a migliorare le proprie posizioni sono i bersaniani. Per questa ragione la minoranza interna non abbasserà i toni nemmeno nei prossimi giorni. L’obiettivo è quello di mettere in difficoltà il segretario, di dipingerlo come un leader che non cerca l’unità del partito ma la rissa. In questo modo la minoranza pensa di ottenere diversi vantaggi. Primo, quello di disorientare gli elettori e spingerli a tenersi lontani dalle urne sia alle elezioni amministrative di giugno che al referendum costituzionale di ottobre. Secondo, avere la possibilità di venire meno alla disciplina di Partito e partecipare alla campagna per il “no”. Terzo, ottenere che Renzi, già da adesso, garantisca alla loro area una buona rappresentanza nelle prossime liste elettorali.
Usurpati e usurpatori. Tra tutti questi obiettivi, il più ambizioso riguarda il referendum. Fino a poco tempo fa i bersaniani davano per scontato il risultato delle urne, ma ora si rendono conto che non è detto che la linea di Renzi abbia successo. E, certo, la tentazione di vedere l’odiato usurpatore (perché è così che lo vedono) costretto a lasciare Palazzo Chigi perché ha legato la sua permanenza alla vittoria referendaria è grande. Anche se questo potrebbe voler dire correre il rischio di uno scioglimento anticipato della legislatura.
Prima di far precipitare tutto. Dunque, la partita che si sta giocando all’interno del Pd è veramente molto delicata. E Renzi, che lo sa, ha spiegato ai suoi che occorre assolutamente evitare un incidente che faccia precipitare tutto.
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COMMENTO
Giovanni • 3 ore fa
Ho l'impressione che anche Roma sia persa e che ainoi potrebbe vincere la fanciulla pentastellata che è bellina, così a modo e non somiglia affatto a quei sanguinari giustizialisti a 5 stelle. E che probabilmente una volta eletta, suppomgo, si sgancierà presto da loro. Penale o non penale.