La nuova svolta nazarena del Cav. e la risata che seppellirà i nanetti
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Invece di gazzebbare con alterne fortune il Cav. potrebbe ancora affidare l’università di Villa Gernetto a un team serio ma non serioso di intellettuali di destra liberale. Una delle rovine solipsistiche e narcisistiche del Cav. è lo smisurato orgoglio, o megalomania, che però me lo rende sempre e da sempre caro
di Giuliano Ferrara | 13 Marzo 2016 ore 06:30 Foglio
Quando liquidò il patto del Nazareno, che aveva fatto di lui il fonte battesimale di un paese tutto nuovo, il paradossale creatore, da destra, di una stagione riformatrice da sinistra, il super-rottamatore della prima Repubblica e dei suoi residui nella sinistra radical-kitsch, un player influente e sorprendente, Berlusconi, per noi il Cav., pensava che con Brunetta, Salvini e Meloni, simpatico trio di nani politici, nonché persone rispettabilissime ma inidonee alla manovra e alla strategia di stato seria, con loro, si diceva, avrebbe ricostruito un’alleanza di centro destra competitiva. Vaste programme. A parte Verdini e i qui presenti, furono in pochissimi a sconsigliarlo apertamente. Peccato.
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Invece di gazzebbare con alterne fortune il Cav. potrebbe ancora affidare l’università di Villa Gernetto a un team serio ma non serioso di intellettuali di destra liberale, varare una fondazione Forza Italia per lo studio dei suoi vent’anni in politica, aprire le sue reti con prudenza a un giornalismo vivace coordinato da Giovanni Minoli e dare questo famoso segnale orario al caro Pietrangelo Buttafuoco, che lo meriterebbe tutto anche se adesso lo rifiuterebbe, chissà, e non parliamo poi di un lavoro editoriale accorto, e in mani già esperte, ora che è proprietario dei libri tutti che si vendono in Italia. Una delle rovine solipsistiche e narcisistiche del Cav. è lo smisurato orgoglio, o megalomania, che però me lo rende sempre e da sempre caro perché intento alla missione impossibile di coltivarlo come un roseto incantato, escluse le spine della piccola vanità lasciate tutte al suo alter ego D’Alema, e quell’orgoglio lo ha indotto a preferire il piccolo cabotaggio fascioleghista e un piccolissimo mondo di ruffiani al partito della nazione che era la sua nemesi storica da dare in testa ai nemici di ogni giorno. Peccato.
Ma può certo rimediare, a uno come lui tutto è possibile. “Vi ho dato due candidati seri per le due capitali, mi avete smontato mezza operazione, adesso vedetevela voi”. Come fece la rimonta contro Monti dopo averlo avallato e accudito quando gli conveniva, ora Berlusconi può tranquillamente rifarsi al Nazareno, affidare Brunetta all’Accademia di Svezia che sta studiandosi di dargli il famoso Nobel per l’economia, riprendersi Verdini con gli interessi nel frattempo maturati e i complimenti vezzosi di D’Alema, cercare di tirare fuori il povero Dell’Utri dai pasticci spiegando la viltà e la non idoneità giuridica del reato di concorso esterno per cui lui ora paga un prezzo spropositato alla vanità di un’antimafia politica e giudiziaria seppellita dalle proprie scandalose connivenze, tutte o quasi emerse alla luce come concorso interno in menzogna ideologica. Churchill diceva che cambiare posizione è da tutti, ma ricambiarla di nuovo è per pochissimi, gli splendidi. Ecco. E così, consegnato alla storia com’è destino per chi ha maturato un pezzo notevole della propria vita privata e pubblica, con inventiva coraggio e successi, sulla soglia degli ottanta anni, il Cav. potrebbe dare la stura al vero narcisismo e solipsismo, quello dell’augusta vecchiezza aristocratica e pop che ricapitola, riconsidera e racconta, ma sempre con un occhio a quella parte del paese che continua a riconoscersi in lui ma non lo riconosce più quando si accoda ai bru bru della mezza politica, alle mezzecalzette del cosiddetto populismo.
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