"Ci hanno impedito di rivelare che i rapitori parlavano italiano"
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Pesanti accuse della vedova Failla: "Abbandonati da vivi e anche da morti. No ai funerali di Stato". Nella notte i corpi di Fausto e Salvatore dalla Libia a Ciampino
Fausto Biloslavo - Gio, 10/03/2016 - 08:08 Il Giornale
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«Ciao sono Salvo, i miei compagni li hanno portati via, io sono rimasto da solo e ho bisogno di cure mediche, ho bisogno di aiuto. Parla con giornali e tv, vedi di muovere tutto quello che puoi muovere».
Le drammatiche parole di Salvatore Failla, uno dei due ostaggi ucciso in Libia, risalgono al 13 ottobre quando i rapitori hanno fatto ascoltare a Rosalba, sua moglie, una registrazione del marito. Non era vera la separazione dagli altri tre ostaggi italiani, ma Rosalba rivela: «Uno dei sequestratori mi chiamò e parlò in italiano». La figlia Erica, 23 anni, rincara la dose: «Non ci hanno aiutato a riportarlo a casa. Ci hanno detto di stare zitti, di non fare scalpore. Ci hanno detto di non rispondere alle domande dei rapitori. Abbiamo fatto quello che ci hanno chiesto, ma non è servito a nulla. Adesso è ancora in mano ai libici, lo Stato non lo ha tutelato nemmeno dopo morto?». La vedova di Failla fa sapere a il Giornale «me lo hanno ucciso la seconda volta». La frase lapidaria riguarda l'autopsia eseguita a Tripoli, che la donna e il suo avvocato assolutamente non volevano temendo un inquinamento delle prove. E il rientro ad ostacoli del corpo del marito e di quello del suo collega, Fausto Piano, che non fa onore all'Italia. Per questo la vedova annunica di rifiutare i funerali di Stato. Lo stesso ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni ha parlato «di modalità penose» dimostrando l'impotenza italiana nel caos libico. Le salme erano attese la scorsa notte a Ciampino.Ieri l'Unità di crisi della Farnesina ha continuato a rassicurare i familiari delle vittime su «un'ispezione esterna dei corpi», ma veniva smentita da Sidikj Al-Sour, responsabile delle inchieste della procura generale di Tripoli. «Non è un'autopsia superficiale ma completa per poter estrarre, se c'è, il proiettile dai corpi e determinare il tipo d'arma che ha causato il decesso» dichiarava all'agenzia di stampa Ansa. Secondo la figlia di Failla «la Farnesina ha riferito che sono stati costretti a darli i corpi per l'autopsia perché hanno puntato le armi alla testa dei rappresentanti italiani che sono attualmente in Libia».I libici vogliono stabilire la modalità dell'«esecuzione», con tanto di colpo alla nuca, più volte annunciata dalle autorità locali puntando il dito contro i sequestratori. La sequenza fotografica, in possesso de il Giornale, dell'imboscata nel deserto del mini convoglio con gli ostaggi italiani, racconta una storia diversa. I corpi dei connazionali non mostrano alcun colpo alla nuca. Altrimenti i volti non sarebbero rimasti integri. Il cadavere di Failla è disteso a fianco di un fuoristrada blu con le portiere aperte. Finestrini, carrozzeria e parabrezza appaiono intatti. Se gli assalitori della katiba «Febbraio al Ajilat-2» avessero sparato subito dovrebbero esserci i segni evidenti di fori di proiettile o schegge di vetro. L'impressione è che gli ostaggi ed i loro carcerieri a bordo del mezzo intatto fossero scesi per arrendersi, ma sono stati falciati lo stesso. I miliziani nelle prime ore sostenevano sulla loro pagina Facebook di aver ucciso «due jihadisti italiani» non immaginando a causa dei barboni lunghi, che fossero gli ostaggi. Il fuoristrada blu è stato dato alle fiamme dopo l'attacco, forse per cancellare le prove. Assieme ai corpi degli italiani sono stati trasferiti ieri a Tripoli i cadaveri dei miliziani jihadisti uccisi nello stesso convoglio. Sette tunisini compresa una donna, che potrebbe essere Madeeha Azima Mahmoud, moglie di Noureddine Chouchane, il terrorista vissuto in Italia e colpito dagli americani nel raid del 19 febbraio a Sabrata. Nel frattempo il ministro Gentiloni si è presentato in Parlamento con una ricostruzione che fa acqua da tutte le parti. «Voglio chiarire che non era stato pagato alcun riscatto e che non risulta fosse imminente la liberazione». I due sopravvissuti, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo, sono stati abbandonati dai rapitori lasciando che si liberassero da soli evidentemente per opera dello spirito Santo. A fine gennaio i familiari dei rapiti e membri dello stesso Copasir, il comitato parlamentare sui servizi, sono stati informati che «le trattative erano praticamente chiuse». Gentiloni sostiene il contrario. Il Califfo non c'entra e «l'ipotesi più accreditata è quella di un gruppo criminale filo-islamico» ha detto il ministro. I carcerieri tunisini uccisi con Failla e Piano erano turisti? Si trattava di adepti di Ansar al Sharia, gruppo fuorilegge in Tunisia, che a Sabrata ha aderito allo Stato islamico. Il loro capo era Chuochane, il comandante giunto dall'Italia ed incenerito dagli americani.Sul raid Usa del 19 febbraio il premier Matteo Renzi ha ammesso «che era informato il presidente della Repubblica, noi, i francesi e gli inglesi». La nostra intelligente dopo 7 mesi e trattative in corso doveva avere almeno il sospetto che gli ostaggi fossero a Sabrata. Il raid Usa, con l'avallo di Roma, ha rotto gli equilibri di forza scatenando la guerra fra milizie fedeli a Tripoli e le bandiere nere. Di mezzo ci sono andati due ostaggi italiani.
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