L'ultimatum di Maroni al Cav. Parla a Libero: "Addio Lega, a una condizione"
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Presidente, arriviamo subito al punto. Le opposizioni le chiedono di dimettersi e il Pd si dice pronto ad andare alle urne: la sua giunta è a rischio oppure no?
Libero 7.3.2016 Matteo Pandini
Presidente, arriviamo subito al punto. Le opposizioni le chiedono di dimettersi e il Pd si dice pronto ad andare alle urne: la sua giunta è a rischio oppure no?
«Macché! È l' auspicio che il Pd fa sempre, regolarmente smentito.
Non sono preoccupato. I grillini insultano, gli altri farneticano».
Nessun problema, davvero?
«Non vedo nessun problema: le prossime elezioni saranno nel 2018 e ho deciso di ricandidarmi. Si mettano il cuore in pace almeno fino al 2023».
Non teme che la legge Severino possa metterla in fuorigioco?
«È un altro auspicio della sinistra, che non riesce a vincere le elezioni democratiche e ci prova per via giudiziaria».
Roberto Maroni, già ministro dell' Interno e del Welfare ed ex leader della Lega, aveva fatto concludere in anticipo il quarto mandato di Formigoni in Lombardia: dal 2013 ha preso il suo posto con una maggioranza in cui c' è anche Ncd. Lei è rinviato a giudizio per induzione indebita.
«Accusa ri-di-co-la! Lo stesso pm l' ha definito un processetto. Devo rispondere di un viaggio che non ho mai fatto e che alla Regione è costato zero. Abbiamo mandato una delegazione ridotta all' osso. Non ho nessun timore, ma il Pd dimostra la sua natura: proposte politiche zero, sperano solo in un intervento della magistratura».
Il centrosinistra le rinfaccia anche le obiezioni dell' ufficio legislativo a proposito dell' agenzia regionale anticorruzione.
«Noi abbiamo un sistema di controllo molto diffuso, con un responsabile anticorruzione in ogni ospedale.
In Regione abbiamo deciso di istituire una authority indipendente per fare quelle verifiche che noi non possiamo fare perché non abbiamo i poteri della magistratura».
Lei ha detto che è pronto a parlarne con il governo: per il Pd è solo un annuncio mediatico.
«Ridicoli. La sinistra si decida: mi accusano di non fare abbastanza controlli, ma se li faccio mi dicono che c' è già l' anticorruzione di Cantone. In ogni caso, trovano sempre il pretesto per attaccarmi».
L' arresto di Rizzi non è un colpo alla credibilità della neonata riforma sanitaria della Regione?
«La riforma non l' ha scritta Rizzi! È la mia riforma sanitaria! Tra le altre cose, istituisce un' Agenzia di controllo in mano all' opposizione, e stabilisce nuove regole per gli appalti. È considerata dal governo un modello. Un modello che dopo la fase sperimentale potrà essere esportato a livello nazionale. È una riforma ottima e di cui sono orgoglioso. Chiaro?».
È orgoglioso anche della coalizione che sosterrà Stefano Parisi a Milano? Con la Lega c' è pure Ncd, come lei aveva caldeggiato nonostante i dubbi di Salvini.
«È prevalsa la linea della saggezza.
Possiamo vincere le elezioni contro Renzi solo mettendoci insieme. Conquistare Milano, con Maurizio Lupi in lista, significa anche mettere in crisi il governo. Possiamo far finire l' alleanza Pd-Ncd. È il modello Lombardia, che funziona perché io sono capace di mettere d' accordo tutti».
Quando ci saranno le Politiche?
«Credo tra un anno. Se il Pd perde Milano e Renzi non sfonda al referendum di ottobre, ci sarà il voto anticipato perché il governo sarebbe azzoppato. Ma le urne ci saranno in ogni caso, perché in caso di vittoria al referendum il premier vorrà passare all' incasso».
Vincere a Milano non sarà facile: Giuseppe Sala è tosto.
«Sia Sala che Parisi sono manager, e forse Sala è perfino più a destra di Parisi. Segnano la fine delle ideologie».
Come valuta Parisi?
«Quando ero ministro del Welfare e lui era in Confindustria lavorammo - insieme a D' Amato e Sacconi - ad alcune riforme come la legge Biagi o il super bonus per chi, anziché andare in pensione, preferiva stare al lavoro. Un' ottima idea suggerita proprio da Parisi. Altro che Fornero!».
Parisi è romano. Problemi?
«Ma no, è una obiezione ridicola e lui ha già risposto brillantemente dicendo che sarà il primo sindaco straniero. Spesso chi non è nato a Milano o in Lombardia ama di più queste terre perché scopre cose che noi diamo per scontate. In più, Parisi vive e lavora a Milano da anni».
Sala ha detto che dietro Parisi ci sono facce inquietanti.
«Uscita infelice. Mi pare nervoso».
Prima di vedersela con voi, Sala deve risolvere dei problemi nella sua coalizione.
«Se apre alla sinistra arcobaleno per noi sarà facile chiedergli cosa ne pensa dei campi nomadi, della sicurezza, dell' autonomia della Lombardia. E rischia che i moderati votino tutti per Parisi. Mi sembra uno scenario simile al 2013, quando il Pd provò a cavalcare il tema della legalità candidando Ambrosoli, figlio di un avvocato ucciso, ma poi ha perso. Ora cercano di cavalcare Expo: perderanno ancora». Ma Expo è stato un successo. «Vero, ma non credo basterà a Sala per vincere. Expo è stato un merito soprattutto della Moratti, poi mio e di Pisapia che abbiamo scelto di rinunciare alle nostre cariche di commissari per affidare un incarico unico a Sala. Poi è merito di Infrastrutture lombarde che ha seguito i cantieri, è stato merito della questura che si è occupata dei controlli e solo da ultimo è stato merito del governo. Ma solo perché non ha intralciato».
Rinfacciate a Sala di non aver fatto vedere il bilancio di Expo.
«Dovrà delle risposte. Peraltro, non voglio far polemica ma segnalo a quei fenomeni del Pd che vorrebbero le mie dimissioni, un tweet del giornalista Barbacetto. Non è leghista, eppure ha twittato: "A Maroni ne hanno arrestato 1, a Sala 4. Chi si deve dimettere?. Due pesi e due misure!"».
Sala è stato prosciolto dall' accusa d' abuso di ufficio.
«Sono felice, anche perché lo stimo. Ma sono rimasto sorpreso dalle motivazioni: non poteva concedere senza gara il servizio ristorazione a Eataly di Farinetti, ma dato che c' era l' urgenza hanno archiviato. Be', se funziona così basta saperlo…».
Fatto sta che il dopo-Expo la sta facendo litigare con Renzi.
«Come al solito, sfrutta cose che non ha fatto lui. Aveva annunciato che per il dopo Expo avrebbe coinvolto l' Istituto italiano di tecnologia di Genova, ma grazie al mio intervento sono state coinvolte anche le università milanesi e gli istituti di ricerca di Milano. In più, Renzi parla del 10% dell' area. Io vorrei impegnarmi anche per il restante 90% facendo un campus universitario, una zona per chi sviluppa applicazioni per collegare imprese e ricerca, e impianti sportivi».
Quali?
«Uno stadio di atletica, un palazzo del ghiaccio e una piscina olimpica.
Sono felice che l' ad della società che farà il masterplan sia Giuseppe Bonomi. Una garanzia».
Quando farà il referendum per l' autonomia? Lo stesso giorno delle Amministrative?
«Il 12 giugno si può fare, ora attendo una risposta dal Viminale. Non c' è incompatibilità perché non è un referendum abrogativo e quindi non è previsto il quorum. In questo modo dimezzeremmo le spese e userei i circa 20 milioni risparmiati per finalità sociali».
Eppure il Pd le aveva chiesto di dialogare col governo, prima di accelerare sul referendum.
«Infatti sono delusissimo! Mi ero voluto fidare di Renzi, che nel 2015 mi disse di voler inserire i costi standard nella legge di stabilità. Per la Lombardia, significava un risparmio di 10 miliardi. Invece non è successo e ci hanno tagliato 250 milioni di euro alla sanità. Con questo governo non si può trattare».
A proposito di trattative: a Roma, sembra che tutti stiano giocando per perdere. Centrodestra in primis. Sbagliamo?
«Cazzata! Le elezioni si devono vincere, anche quando sembrano missioni impossibili come la mia nel 2013: avevo deciso di dire basta a Formigoni, contro di me si era candidato anche Albertini eppure sono riuscito a vincere».
Bertolaso non ha sbagliato con le sue dichiarazioni sui «rom vessati» e non solo?
«Sì, ma ha dimostrato di non essere un politicante. Lo conosco e ha un' ottima reputazione, spero che il centrodestra sia finalmente riuscito a recuperare una situazione imbarazzante. Ma ho un sospetto...».
Quale?
«Su Roma ho la sensazione che i dubbi sulla candidatura unitaria siano frutto di questioni personali più che politiche. E purtroppo le questioni personali rischiano di farci perdere come successo in passato».
A cosa si riferisce?
«Quando una componente della coalizione non è contenta, poi al ballottaggio non va a votare. Per esempio è successo a Pavia, con la clamorosa sconfitta di Cattaneo che al primo turno aveva sfiorato il 50%».
Le liti su Roma non rendono difficile la lista unitaria di centrodestra per le Politiche?
«Chiamiamole manovre di avvicinamento. Certo, con la lista unica sarà molto difficile per noi della Lega rinunciare al simbolo. Anche per questo Renzi giocherà d' anticipo, per metterci in difficoltà».
Comunque Salvini ha detto che Bertolaso non è ancora il suo candidato… «A Roma il partito di maggioranza relativa nella coalizione è Forza Italia, e Berlusconi deve scegliere cosa fare. Tra titubare o proporre una soluzione scontentando qualcuno, va trovata una soluzione positiva per tutti».
Mica facile.
«L' importante è non restare appesi: so che ambienti di Forza Italia si stanno innervosendo per quello che sta succedendo a Roma e potrebbero esserci conseguenze a Napoli, Bologna, Torino».
Salvini va bene o è troppo duro?
«È bravissimo, è il leader giusto.
Un po' è merito mio, visto che l' ho lanciato. E sono felice che abbia scelto Giancarlo Giorgetti come suo vice: se lo merita, è una testa lucida».
Non le manca Tosi?
«Mi manca il rapporto che avevo con lui, gli ho mandato gli auguri di compleanno e non mi ha neanche risposto. Ma chi è causa del suo mal pianga se stesso. Sapevo che chi esce dalla Lega si condanna all' irrilevanza: il mio dispiacere è non essere riuscito a convincerlo a non farlo».
Salvini è pronto per Palazzo Chigi?
«Può essere la contropartita per il listone unico: noi rinunciamo al simbolo però Salvini dovrà essere il candidato. Io non ho intenzione di tornare a Roma, ma se avrà bisogno di consigli sarò a disposizione».
Matteo Pandini