Cos’è, per i grillini, l’inevitabile controllo dei Casaleggios
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Un'email scovata dal Foglio dimostra come funziona il controllo della Casaleggio Associati sulle vite (e i server) degli altri
di Salvatore Merlo | 05 Marzo 2016 ore 06:27
Questa storia la conoscono tutti i parlamentari, e tutti gli ex parlamentari, del Movimento cinque stelle. Eppure non è stata mai raccontata da nessun giornale. “A un certo punto, a settembre del 2014, venimmo a sapere che la Casaleggio Associati non solo aveva avuto informazioni sui nostri server di posta elettronica”, racconta Tancredi Turco, deputato veneto, avvocato penalista uscito dal M5s il 26 gennaio 2015. “Ma capimmo pure che qualcuno da lì aveva potenzialmente accesso al nostro sistema di archiviazione e comunicazione interno, parlamentari5stelle.it, quello che usano i deputati, dove si depositano documenti. Ne discutemmo anche in assemblea di questo fatto. Io, come altri, non feci una denuncia solo per il bene del Movimento. Ma la cosa diede ‘fastidio’, si fa per dire, a tanti”. Appena un anno prima, fine aprile 2013, qualcuno aveva violato la posta elettronica di Giulia Sarti, giovane deputata emiliana – fidanzata fino al 2012 con il più noto degli espulsi e grande accusatore di Gianroberto Casaleggio, Giuseppe Favia. Quel qualcuno, il ladro di email, aveva diffuso attraverso internet le foto private della deputata, stralci di sue conversazioni, sfoghi, giudizi, umori… “Giulia Sarti si era messa contro lo staff della comunicazione”, dice Lorenzo Andraghetti, che era il suo addetto stampa, storico e noto militante emiliano, lui che quando tornò a Bologna dicendo che avrebbe voluto rifondare il 5 stelle venne rapidamente espulso. “Alla fine, chissà come, mentre Giulia si lamentava dello staff, sono state diffuse le sue email, accompagnate dalla minaccia anonima di rivelarne altre, e di altri parlamentari… A quel punto stavano tutti zitti. C’è sempre stata una tensione che si tagliava con il coltello. Una paura incredibile di essere abbandonati ai cani, di essere in qualche modo esposti alla gogna del web, di essere sputtanati, e di essere anche spiati”. E in questo clima quasi psicotico, non stupisce affatto che un anno dopo, “quando capimmo che a Milano potevano avere avuto accesso alle nostre mail, ci preoccupammo”, come ha raccontato sul Foglio dello scorso 20 febbraio Sebastiano Barbanti, deputato oggi iscritto al gruppo Misto. Ma ecco come andò e come fu che si scoprì, ma pure si coprì, l’affaire delle email.
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Alla fine di settembre 2014, il gruppo M5s aveva incaricato la ditta Wr Network srl, azienda Itc torinese fornitrice di servizi per la Casaleggio Associati (ma questo ancora non si sapeva), di controllare la sicurezza del sistema “parlamentari5stelle.it”, una piattaforma di proprietà del gruppo parlamentare, creata in realtà allo scopo (non esplicito) di sfuggire un po’ all’occhio troppo attento della Casaleggio, un sistema che oltre alle mail personali dei deputati conteneva, ovviamente, anche altri dati riservati. E infatti per questa ragione, all’ingegnere della Wr Network chiamato a lavorarci, era stato impedito il pieno accesso alla piattaforma. Tuttavia, il 30 settembre 2014, il capogruppo Paola Carinelli e il capo della comunicazione Ilaria Loquenzi, su indicazione della Casaleggio, e senza informare il responsabile legale del gruppo, Alessio Villarosa, consegnarono al tecnico informatico torinese la password del sistema. Ma la sorpresa massima doveva arrivare dopo qualche giorno.
Ottenuta infatti la password di questo sistema libero e parallelo che i deputati si erano creati al di fuori del network controllato da Grillo e Casaleggio, il tecnico dell’azienda (attenzione: ingaggiata dal gruppo parlamentare), a un certo punto, per ragioni poco chiare, modifica tutti gli accessi al sistema informatico. In pratica lo smantella, lo rende inaccessibile e non funzionante. E qui arriva il bello. Perché i deputati cominciano a mugugnare, qualcuno a preoccuparsi della sua posta elettronica (visto il precedente diGiulia Sarti), qualche altro a sospettare che quella piattaforma fuori controllo non piacesse troppo “a Milano”. Così, nel corso di un’assemblea agitata, la lamentela e il mugugno diventano ufficiali: Tancredi Turco ipotizza una denuncia cautelativa, Tatiana Basilio chiede spiegazioni, Mara Mucci si mette a ridere perché forse già sospetta la rivelazione, la prevedibile epifania che di lì a poco ci sarebbe stata.
E infatti chi mai risponde ai deputati dando delucidazioni sull’accaduto? Forse il tecnico dell’azienda pagato dal gruppo parlamentare (550 euro al giorno, più viaggio e rimborso spese)? Forse il capogruppo? Ma no. Risponde, il 3 ottobre, via email, la Casaleggio Associati in persona, ovviamente. Ed è una fantastica lettera firmata “lo staff di Beppe Grillo” nella quale si dice espressamente che il sistema non è ripristinabile e che se ne sarebbe dovuto installare un altro (installato da loro, si suppone). Ma non solo. L’email conteneva pure una ammissione involontaria. Tra le righe, rivelava infatti che il misterioso “staff” di Milano aveva avuto alcuni dati relativi alla posta elettronica dei deputati. Scriveva infatti l’evanescente “staff”: “Ad ora risultano meno di 30 persone che stanno utilizzando in modo continuo o la posta o il calendario”. “Meno di 30”. Dunque sapevano chi, come e quanti deputati utilizzavano quella posta elettronica? E sapevano solo quello o avevano ricevuto anche altre informazioni provenienti dal server? E a che titolo, in definitiva, la Casaleggio era informata di quel controllo, se una ditta terza aveva il contratto con il gruppo della Camera? E a che titolo prendevano decisioni? (“abbiamo riscontrato una situazione non sanabile nella gestione attuale della posta e dei calendari … ti invitiamo a svuotare la posta e non utilizzare questo account … suggeriamo venga dismesso nell’immediato”). Dice Andraghetti, che ci sta scrivendo persino un libro: “E’ il clima Casaleggio. Io l’ho respirato per due anni a Montecitorio, prima di tornarmene a casa dopo sette anni di militanza”.
E insomma sempre, sull’intero microcosmo parlamentare grillino, in ogni angolo, dal più riposto al più illuminato, aleggia remoto, inaccessibile e inevitabile il controllo della Casaleggio Associati. E questo contribuisce non poco ad alimentare anche un elevato tasso di paranoia complottista, talvolta ingiustificata, tra i poveri parlamentari a cinque stelle, che non sono soltanto controllati ma si controllano pure l’un l’altro, in modo ossessivo, in un continuo gorgoglio di malizie, insinuazioni, che ha forse toccato il suo vertice massimo con la storia di Giulia Sarti nel 2013 ma che in queste ore si sta replicando – in tono minore – anche a Roma, dove la candidata sindaco Virginia Raggi è vittima di chiacchiere, fantasie contundenti, spiate, pseudo informazioni e dossieraggi da parte dei suoi stessi compagni. Sbracciamenti selvaggi, soprusi, abiette suppliche e delazioni sono all’ordine del giorno, nel M5s.
(continua)
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