Il manifesto di Renzi per il 2016
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Grillo, tasse, deliri onirici della sinistra. Cosa ha detto davvero il premier al Pd
di Redazione | 07 Novembre 2015 ore 06:27
Era la prima volta che Matteo Renzi si presentava di fronte a una platea con un lungo discorso scritto, e l’occasione scelta dal segretario Pd è stata quella dell’Assemblea dei gruppi parlamentari, convocata lunedì 3 novembre. In quel discorso il premier ha messo nero su bianco quella che è la nuova agenda del governo, con i punti forti della legge di Stabilità, le contro argomentazioni offerte alla sinistra delle tasse e le motivazioni che fanno di questa fase politica, parole di Renzi, “il momento migliore dall’inizio della legislatura”. Il Foglio è entrato in possesso del testo completo dell’intervento e quella che segue è una sintesi ragionata. Renzi critica chi sostiene che il cambiamento che sta portando avanti il governo sia avvenuto per ragioni esterne – “il cambiamento avviene perché così ha deciso il più grande partito politico italiano, nessuno pensi che arrivi per fattori esterni”. Ricorda che nonostante le gufate dei Brunetta “i numeri c’erano, ci sono, ci saranno, la maggioranza parlamentare non è in discussione”. E poi arriva a parlare di tutto il resto: tasse, Grillo, deliri onirici della sinistra.
Sostiene Renzi che “per la prima volta nella storia recente del nostro paese, il governo ha sottostimato i dati della crescita”. Rivendica i risultati del Jobs Act segnalando che “dall’inizio dell’attività del governo ci sono 370.000 occupati in più”, che “c’è un più 91 per cento di mutui nell’anno solare 2015” e che tutto questo, scrive Renzi, “è il segno che c’è qualcosa di nuovo che si sta realizzando, anche grazie ad un atto come il Jobs Act che dà più diritti, più tutela”. “Il clima che si torna a respirare nel nostro paese è un clima di fiducia, che mette l’Italia in testa alle classifiche sulla crescita in Europa. Quando noi dicevamo un anno fa ‘l’Italia diventerà più forte della Germania’ ci prendevano per matti. Auspicavano un TSO. Ci relegavano nella categoria ‘farete la fine della Grecia’. Sta accadendo il contrario. Sta accadendo che quello che dicevano fosse impossibile, invece può diventare realtà. C’è una parte dell’Italia che è già superiore alla Germania. E’ il Nordest”. Quanto all’Europa, scrive Renzi, “Trovo davvero interessante la stagione che si apre. Una stagione che vede l’UE in una situazione di profonda difficoltà. Da qui al 2017 ci attendono a ritroso le elezioni in Germania, a settembre 2017, le elezioni – molto difficili – in Francia, a maggio 2017, un referendum inglese complesso, e la gestione di tutto un 2016 in cui l’Ue sta cambiando pelle, e non credo che questo sia necessariamente un bene. Di fronte a tale scenario paradossalmente l’Italia è un presidio di stabilità. L’Economist ha scritto qualche settimana fa: ‘E se fosse l’Italia l’economia più stabile d’Europa?’. Dicevano che eravamo il malato d’Europa, oggi siamo quelli che stanno meglio di quasi tutti gli altri”.
Il presidente del Consiglio, andando avanti nella lettura, entra nel merito della legge di Stabilità e rivolge un invito “a tutti quelli che stanno dicendo come un ritornello sbiadito e noioso ‘il debito! Il debito! Il debito!’”. La tesi di Renzi è questa: “Vogliamo dire che per la prima volta dal 2007 il rapporto debito/pil va giù, e continuerà così, perché ‘giù le tasse, giù il debito/pil’ è il mantra del nostro impegno. Cari professori che date pagelle, con il nostro governo il debito/pil scende”. Discorso simile sul deficit. “Quando si dice che facciamo la legge di stabilità in deficit, vogliamo ricordare che il deficit quest’anno è al 2,2 per cento, l’anno scorso era il 2,6 per cento, 2 anni fa il 3 per cento, 3 anni fa il 3 per cento, 4 anni fa oltre il 4 per cento? Di cosa stiamo parlando? E’ la prima volta che va sotto il 2,5 per cento”. Renzi arriva dunque a mettere nero su bianco di fronte ai suoi parlamentari la linea ufficiale del governo sulla legge di Stabilità e declina in alcuni punti le regioni della bontà della Finanziaria. Le clausole di salvaguardia? “Questa legge di Stabilità – sostiene Renzi – blocca le clausole di salvaguardia. Il 1° ottobre 2013 c’erano le clausole di salvaguardia. Non è automatico riuscire a bloccare 16 miliardi di clausole di salvaguardia. Quando l’Iva aumentò al 22 per cento si disse ‘bene, avremo più gettito’, ma non ci fu un aumento di gettito perché un aumento di tasse eccessivo produce un effetto depressivo. Andate a guardare i dati. L’Iva aumentò dal 21 per cento al 22 per cento e il gettito diminuì. I cittadini non vanno spremuti! Stop all’aumento delle tasse”.
L’evasione fiscale? Scrive Renzi che “questo è il governo che ha fatto l’accordo con il Vaticano e con il Liechtenstein. E questo è il governo che con la fatturazione elettronica e con la dichiarazione precompilata intende dare un colpo vero all’evasione. Sarà anche un caso, ma con la dichiarazione precompilata è accaduto un fatto banale: 224 mila italiani si sono dimenticati di fare la dichiarazione dei redditi con il 730 precompilato. E noi ce ne siamo accorti al volo. Fino allo scorso anno, accadeva che a fronte di 224 mila persone che se ne dimenticavano, prima dovevi scoprire che se ne erano dimenticati e poi dovevi fare 224 mila accertamenti. Naturalmente Agenzia delle Entrate e Finanza si concentravano su quelli più gravi. Ho letto – prosegue Renzi sul tema della lotta all’evasione fiscale – alcune proposte, sul Sole 24 Ore quelle dal NENS: noi siamo disponibili a ragionarne. Diciamo sì all’incrocio di banche dati, purché non si crei un meccanismo per il quale poi tocca al cittadino produrre certificati, perché è compito dello stato – anche dando poteri maggiori a Sogei o agli altri enti – entrare dentro le banche dati.
Non continuiamo con il meccanismo per il quale il cittadino deve produrre certificazioni in più. Su questo tema ho visto alcune proposte di emendamento e siamo disponibili, interessati e grati per ogni tipo di miglioramento, a condizione che ai cittadini non si chiedano nuove carte”. E la questione delle tasse? Renzi insiste molto sul punto e anche di fronte ai parlamentari del Pd invita a tenere la seguente linea. “Dire stop alla tassa sulla prima casa in Italia non significa fare un favore ai ricchi, perché l’82 per cento dei proprietari di prima casa è un lavoratore dipendente o un pensionato e nel 92 per cento dei casi ha preso il mutuo per comprarsi casa e ha fatto 30 anni di rate. Possiamo dire quello che ci pare, ma non stiamo facendo un favore ai grandi proprietari, che continueranno a pagare in modo netto e forte dalla seconda casa in poi. Naturalmente rispetto l’opinione di chi non la pensa come noi, ma trovo importante fare chiarezza su un punto: se cercate un premier che alza le tasse, o cambiate premier, o si cambia Paese. Perché ritengo elemento costitutivo della mia identità di persona fortemente di sinistra il fatto che in Italia le tasse devono andare giù, e non su. In altri paesi, dove la tassazione media è al 30-35 per cento, si può discutere del fatto che le tasse vadano alzate, in Italia no. L’unica cosa che io considero elemento caratteristico del mio governo sul tema della politica fiscale è che le tasse devono essere abbassate. Lo considero un elemento cruciale, insieme al rinnovamento generazionale, al rinnovamento di genere, all’impronta riformista e riformatrice, a una nuova politica estera basata sul Mediterraneo. Se qualcuno ha nostalgie del tempo in cui una parte della sinistra diceva ‘anche i ricchi piangano’, si sappia che quella non è un’identità che io considero valida per noi. Si faccia un congresso e si verifichi chi è in maggioranza su questa posizione. Io non condanno il mio partito al suicidio, non condanno il mio paese alla stagnazione. Abbassare le tasse non è una manovra elettorale, è un fatto di dignità. Lo abbiamo fatto nel 2014 con gli 80 euro, lo abbiamo fatto nel 2015 con le tasse sul lavoro, lo facciamo nel 2016 con Imu e Tasi prima casa, nel 2017 con l’Ires e nel 2018 con l’Irpef. Se questo vuol dire meno tasse per tutti, c’è chi lo ha lasciato su un poster elettorale e chi invece lo ha reso programma di governo”.
“Non c’è correlazione tra evasione e contante”
Andando avanti nel ragionamento, il presidente del Consiglio – anticipando che il 21 novembre, a Venaria a Torino, “presenteremo una serie di risultati concreti del governo, a partire da un diverso modello di gestione e di interfaccia della P.A.” – arriva a sfiorare un punto chiave che riguarda la produttività. “Con questa legge di stabilità introduciamo incentivi fiscali che favoriscono la contrattazione decentrata con un bonus fino a 2.500 euro per i redditi fino a 50 mila euro, in modo da aumentare la produttività del lavoro e favorire la contrattazione laddove si crea valore aggiunto e si sperimentano pratiche organizzative interessanti. Valorizziamo anche il ruolo dei sindacati, in attesa di un intervento quadro su rappresentanza e contrattazione, accordo di cui abbiamo discusso partendo da opinioni diverse e su cui siamo pronti a discutere insieme”. Per quanto riguarda l’approccio di Renzi sul fisco, il presidente del Consiglio punta sul fatto che, con questa legge di Stabilità, “sono quasi 2 milioni le partite Iva che avranno un regime forfettario senza adempimenti sotto il volume di affari di 30 mila euro, rispetto ai 15 mila attuali. Inoltre le partite Iva aperte da meno di 5 anni pagheranno una aliquota del 5 per cento e dopo i 5 anni, se stanno sotto i 30 mila, avranno un’aliquota al 15 per cento per dare ancora una volta ai piccoli un’agevolazione, ma senza scoraggiare troppo le loro possibilità di crescita. E’ una piccola misura, ma è importante perché dà un segnale a quelli a cui lo scorso anno non eravamo riusciti a parlare. Ci sono la franchigia Irap sulle società di persone, che passa da 10.500 a 13 mila euro, e il recupero Iva sui crediti non riscossi. Scusate se sono pedante, ma non è possibile che si legga sempre la stessa storia a proposito del contante senza che sia dimostrata una correlazione tra l’aumento dell’evasione e l’aumento del contante. Se fosse così, io son pronto a cambiare idea, ma i dati dicono che non è così”.
Il terreno sul quale Renzi ha ricevuto più critiche rispetto alla legge di Stabilità riguarda il capitolo sulle pensioni, oltre che quello sulla spending, e sulle pensioni Renzi la mette così: “Non abbiamo fatto la grande riforma delle pensioni, d’accordo. Però abbiamo fatto qualcosa. E’ una misura sostanzialmente a costo zero, non renderà soddisfatti alcuni di noi, ma è comunque un punto di equilibrio iniziale. Un equilibrio tra l’esigenza reputazionale di non rimettere mano alle pensioni, anche per motivi europei, e la scelta di non andare a chiedere a chi guadagna 2 mila euro netti un contributo. Perché l’asse di fondo è sempre quello: legge di stabilità, legge di fiducia. E’ vero, c’è una parte di lavoratori che è andata in pensione ricevendo più di quello che ha versato. E c’è una parte, soprattutto della nuova generazione, che non avrà questo trattamento. Ma nel complicato gioco di equilibri abbiamo scelto di non intervenire, di non aprire quella porta. E’ un atto di codardia? Non credo. Però siamo pronti a discuterne insieme al Parlamento in tutte le sedi e in tutte le circostanze”.
All’interno dell’intervento, infine, Renzi affronta anche tre temi politici che riguardano l’identità del centrosinistra, quella del centrodestra e anche quella di Grillo. Su Grillo Renzi dà un giudizio forte. Definisce i grillini “la più grande occasione perduta per il rinnovamento della classe dirigente in Italia” e sostiene che il movimento oggi sia “in profonda crisi”. “I sondaggi – dice Renzi – li incoronano vincitori delle prossime politiche, esattamente come i sondaggi dicevano che alle Europee il sorpasso ai nostri danni era scontato. Vi ricordate come finì quella vicenda: noi con il doppio dei loro voti. La manifestazione di Imola è stata un flop politico, non soltanto per la scarsa partecipazione, ma perché per la prima volta per i 5 stelle si è manifestato il virus del movimento che si trasforma in partito: hanno discusso del leader, non delle proposte. Nel comune più grande dove hanno vinto, il sindaco è considerato un appestato, al punto di non farlo salire sul palco proprio nella manifestazione in cui si dichiarano pronti a salire al Governo. Vogliono governare, o almeno dicono di volerlo, ma poi nascondono i loro che governano già. Rincorrono le crisi, rilanciano le cattive notizie, arrivano a rinfacciare al governo persino i suicidi, attribuendoli alla crisi economica, manifestando un grado di cinismo impressionante. L’unica idea di un certo peso che hanno espresso è il reddito di cittadinanza. Su questa a mio avviso tra noi e loro c’è un abisso. Hanno espulso avversari esterni e interni perché andavano a Ballarò e adesso svernano negli studi televisivi senza soluzione di continuità. I loro leader hanno più presenze televisive che preferenze alle elezioni”.
Sul centrodestra, per proseguire, alla luce della partecipazione di Berlusconi alla manifestazione della Lega a Bologna di domenica, Renzi dice che “Berlusconi sposa la filosofia dei bla bla bloc”. “E’ la conclusione – scrive il premier – di una parabola lunga 20 anni. Non voglio dire che è tutto finito in quell’area, anzi. Io credo che qualcosa accadrà, perché non è possibile che si lascino disintegrare da soli. Il tasto dell’autodistruzione va bene, ma fino a un certo punto. Io credo che in quell’area nei prossimi anni succederà qualcosa che dobbiamo essere pronti ad affrontare. Non dobbiamo fare l’errore storico della sinistra di sottovalutare lo schieramento avversario. Qualcosa accadrà e, aggiungo io, prima accade e meglio è per la tenuta del sistema democratico. Ma Berlusconi che insegue Salvini, che scimmiotta la destra lepenista è il simbolo di una stagione che si chiude”. Sulla sinistra, infine, il duro ragionamento di Renzi è questo. “A sinistra l’operazione che stanno tentando alcuni nostri anche ex compagni di viaggio è secondo me intrisa di ideologismo. La rispetto, ma fa a pugni con la realtà. L’obiettivo della politica è fare i conti con la realtà, non confondere la realtà per ciò che non è. Il loro non è progetto politico, ma delirio onirico. Oggi non c’è uno spazio alla nostra sinistra per tentare di cambiare l’Italia. Anni di storia del Pci insegnano che il velleitarismo è il nemico peggiore di chi ama la politica. La politica è cambiare davvero la vita della gente, non fingere di mettersi in pace la coscienza con obiettivi irrealizzabili. Questo è il tempo delle riforme, non dei proclami. E’ il tempo della crescita, non della decrescita. La decrescita è felice solo per chi sta già bene, funziona per chi vive nei salotti. Nelle periferie del nostro scontento la decrescita non funziona. Le prossime elezioni, anche quelle locali, le vinceremo nelle periferie, non nei salotti del centro storico”.
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