Accoglienza profughi, il piano di Caffarra:
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solo persone già identificate e conosciute. Il cardinale sprona i parrocchiani ad aiutare i sacerdoti: «Altrimenti si prenderà atto che è impossibile accogliere»
12 settembre 2015 Corriere della Sera
BOLOGNA - Non un’accoglienza d’emergenza di persone appena arrivate, ma aiuti a singoli o nuclei famigliari individuati dalla Caritas. L’aiuto dei parrocchiani ai sacerdoti «altrimenti si prenderà atto con dolore che è impossibile accogliere» . Sono le considerazioni del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, sul tema dell’emergenza rifugiati.
LE INDICAZIONI - In una nota il cardinale elenca le indicazioni per far fronte «all’accoglienza dei profughi cui ci ha invitato Papa Francesco». In sei punti il cardinale spiega il suo piano. Innanzitutto precisa che della fase emergenziali se ne occupano strutture come il Cara di via Mattei. «Noi agiremo attraverso la Caritas che si interfaccerà con la Prefettura e i centri di accoglienza - scrive Caffarra -. Accoglieremo singoli o nuclei familiari già identificati e conosciuti per i quali si potrà predisporre un percorso specifico».
IL PIANO - «Si vuole offrire ai profughi percorsi di vera accoglienza e integrazione e, al tempo stesso, garantire chi accoglie di non essere lasciato a se stesso nel gestire situazioni che sono delicate e faticose. Ogni realtà che accoglie è necessario che sia quotidianamente visitata, monitorata e sostenuta dalla comunità tutta e da altre figure esterne competenti e autorevoli. Potrebbe essere questo uno spazio affidato anche ad associazioni, movimenti e altre aggregazioni ecclesiali, che possono offrire alla realtà ospitante svariate forme di sostegno organizzato» precisa Caffarra. Infine l’indicazione alle intere comunità parrocchiali: «La parrocchia non si identifica con il parroco o la canonica o le strutture parrocchiali. Proprio perché l’accoglienza sia espressione di tutta la comunità cristiana, si chiede che i sacerdoti responsabili di parrocchie e zone pastorali non si facciano carico da soli dell’accoglienza. Se non si riuscisse a garantire una effettiva corresponsabilità con almeno alcuni parrocchiani, neppure il parroco da solo potrebbe far fronte al bisogno; in tal caso si prenderà atto con dolore della impossibilità di accogliere».
LE STRUTTURE - Per quanto riguarda le disponibilità è stato individuato un percorso ben definito: la Caritas raccoglierà la disponibilità di accoglienza che vengono offerte (un appartamento abitabile ma ora non utilizzato, una famiglia disposta ad accogliere in casa propria qualcuno, altri spazi utilizzabili allo scopo). Sarà poi la Caritas «ad attivare i contatti con le istituzioni per capire di cosa c’è bisogno e in una fase successiva si potrà iniziare a ipotizzare abbinamenti tra singole situazioni di bisogno e le realtà più adatte ad accoglierle».
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