Perché la rottamazione entra nella fase della “pax renziana”

Cernobbio, scuola, chiesa, sindacati, magistrati. Per il premier non esiste più un nemico con nome e cognome (a parte Matteo Salvini), bensì un’idea astratta: l’avversario-bricolage

di Claudio Cerasa | 08 Settembre 2015 ore 06:18 Foglio

Naturalmente molto dipenderà da come finirà stasera e da come terminerà l’incontro tra il segretario del Partito democratico e il gruppo parlamentare del Pd. Ma al di là della tensione che ci sarà tra la maggioranza e la minoranza del Pd sul tema riforme costituzionali, si può dire che il weekend trascorso ha certificato la nascita di una nuova e inedita fase della rottamazione: la pax renziana. A parte Matteo Salvini, per Renzi non esiste infatti più un nemico con un nome e un cognome ma esiste un’idea astratta e spesso caricaturale di una precisa tipologia di avversario che il presidente del Consiglio descrive senza nominare.

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L’avversario, grosso modo, corrisponde alla figura astratta di un vecchio e un po’ rincoglionito professorone con la barba lunga appassionato di gufi, di correnti e di convegni che come una bestia trascorre il suo tempo a prendere a calci i migranti, a dire no a qualsiasi cosa e a insultare il governo nei talk show triangolando amabilmente con molti professionisti della tartina. Il nemico renziano, muto e senza volto, oggi è più o meno questo. E la differenza plastica rispetto a qualche tempo fa è che il presidente del Consiglio, oltre a chiedere agli elettori di disegnare come meglio credono il volto del proprio avversario, sta provando in tutti i modi, con le parole, con i gesti, con i simboli, a muoversi nella direzione opposta a quella tradizionale del “demolition man” (copyright Wall Street Journal). E così i sindacati li si invita attorno a un tavolo per parlare di come contrastare il caporalato. E così gli imprenditori di Cernobbio un tempo definiti chiacchieroni e professionisti della tartina ora li si intrattiene amabilmente per un pomeriggio di fronte al lago di Como. E così i ciellini un tempo considerati autoreferenziali li si coccola per un’ora al Meeting. E così il preside manager della buona scuola a poco a poco viene ridimensionato nel suo ruolo per non far esplodere di rabbia i sindacati. E così le intercettazioni verranno modificate ma senza voler andare contro il diritto di cronaca dei giornalisti. E così i magistrati vengono sfidati ma senza esagerare e per questo è lecito spostare di un anno la possibilità per i pm ordinari di restare in servizio oltre il settantesimo anno di età. E così Imu e Tasi verranno abolite ma senza togliere nulla agli stessi sindaci ai quali Renzi aveva chiesto in passato di essere più efficienti. E così anche le gerarchie ecclesiastiche mai amate da Renzi vengano coccolate e consolate prima con una chicca linguistica (Renzi parla di diritti civili, non di unioni civili) e con una difesa implicita delle posizioni sull’immigrazione dell’anti salviniano monsignor Galantino (“bestie” uguale “piazzista da quattro soldi”).

Renzi, subito dopo le regionali, ha evidentemente capito che le rupture che contano sono legate più alle questioni di carattere culturale che ai singoli volti che rappresentano le “conservazioni”. E da questo punto di vista, la pax renziana, in base alla quale il premier non parla mai male di Forza Italia e se parla male del 5 stelle lo fa attaccando Grillo più che il movimento, evoca una nuova consapevolezza. I nemici servono e creano consenso, ma per governare è meglio rimanere sul vago e non avere troppi fronti aperti. Meglio dividere il paese tra chi dice sì e chi dice no e far capire alla minoranza Pd che non si può stare dalla parte di chi dice no. Meglio insomma dare agli elettori la possibilità di disegnare su misura l’avversario-bricolage. Sapendo che il referendum del 2016 potrebbe essere l’antipasto per un voto, in prospettiva, ancora più importante.

Categoria Italia

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