Come sono cambiati i rapporti di forza tra premier e Quirinale (e perché il Cav. cerca l’accordo col Pd
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La minaccia del voto anticipato è una carta che Renzi probabilmente non giocherà ma che potrebbe giocare in qualsiasi momento
di Claudio Cerasa | 19 Agosto 2015 ore 10:45 19.8.2015
Il tema ormai esiste ed è inutile girarci intorno: che cosa succederà a questa legislatura se il governo Renzi non dovesse trovare i numeri per costruire attorno alle riforme costituzionali una maggioranza capace di resistere alla prova di forza messa in campo dalla minoranza del Pd? Fino a qualche tempo fa poteva essere considerato un colpo di calore l’idea che questo governo possa cadere per un emendamento alla riforma costituzionale ma il problema purtroppo per Renzi esiste e come anticipato ieri dal Foglio è per questo che il presidente della Repubblica ha avviato da un mese una sessione di consultazioni informali con le varie opposizioni (compresa la minoranza del Pd) mirata sia a comprendere come aiutare il governo a trovare la quadra sulla riforma sia a capire quali potrebbero essere gli scenari in caso di improvviso collasso della maggioranza che sostiene il presidente del Consiglio. Mattarella, nelle sue conversazioni private, ripete che “non consentirà acrobazie” e che in caso di collasso non permetterà che si vada a votare con una legge elettorale monca: Italicum alla Camera e Consultellum al Senato.
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Le intenzioni del capo dello stato, esplicitate agli ambasciatori delle opposizioni, sono queste ma oltre le intenzioni c’è l’inerzia della politica e la ricostruzione che ci ha offerto il professor Stefano Ceccanti sembrano convincenti e dimostrano che nel giro di pochi mesi è cambiato molto e che il dominus di questa legislatura non è più, nei fatti, il presidente della Repubblica ma da un certo punto di vista è il presidente del Consiglio e segretario del Pd. E il punto è questo: se dal punto di vista costituzionale Mattarella ha eccome le prerogative per impedire a Renzi di andare al voto anticipato in caso di collasso del governo sulle riforme, ha davvero la forza politica per impedire che Renzi (che oltre a essere premier è anche segretario del Pd) possa portare il paese al voto in caso di collasso del governo? La risposta probabilmente è no, il presidente della Repubblica non potrebbe costringere il partito guidato da Renzi a fare una cosa diversa da quella che chiede Renzi, a meno di non voler assecondare una scissione, e per questo ha ragione Ceccanti quando sostiene che le consultazioni riservate avviate dal capo dello stato hanno lo scopo preventivo di fare oggi quello che sarebbe difficile fare domani nel caso in cui il segretario del Pd dovesse staccare la spina al governo: tentare di tenere insieme i fili, avvicinare gli avversari e mettere in campo una moral suasion anche nei confronti del presidente del Senato Pietro Grasso, che avrà il compito delicato di decidere, con gli emendamenti alla riforma costituzionale, se dare una mano al governo o alla minoranza del Pd.
Gli avversari di Renzi sanno bene che la forza del presidente del Consiglio è quello di essere il dominus di questa legislatura ed è proprio per questo che c’è da scommettere che anche alcune opposizioni (Forza Italia in primis) faranno di tutto per evitare di andare a votare con troppo anticipo rispetto alla propria tabella di marcia. Oggi a Forte dei Marmi si incontrerà una delegazione del Pd e di Forza Italia. E il fatto che l’accordo con il Pd lo voglia più Forza Italia che lo stesso Pd potrebbe essere sufficiente per capire come la minaccia del voto anticipato sia una carta che Renzi probabilmente non giocherà ma che potrebbe giocare in qualsiasi momento, a prescindere dalla stessa volontà del presidente della Repubblica.
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