Berlusconi ha lasciato un grande vuoto: la politica cerca ora un altro capro espiatorio
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Il meccanismo psicologico che guida le masse (e quindi anche l'elettorato nel suo complesso) è molto semplice e scientificamente abbondantemente studiato
di Pierluigi Magnaschi, ItaliaOggi, 19.8.2015
Il meccanismo psicologico che guida le masse (e quindi anche l'elettorato nel suo complesso) è molto semplice e scientificamente abbondantemente studiato. Il popolo, per essere coeso, almeno nelle sue fazioni, ha bisogno di un capro espiatorio. Ha bisogno cioè di una persona o di un cosa, o di una idea contro la quale poter scagliare le sue ansie, le sue frustrazioni, le sue rivincite. In mancanza di esso, si sente sgonfio come una camera d'aria bucata. Il capro espiatorio è, per sua natura, divisivo. Chi lo assale, infatti, lo fa perché ritiene che sia esso la causa di tutti i suoi mali. E chi lo difende, lo fa perché è convinto che esso sia invece la diga contro lo strapotere di coloro che lo attaccano per finalità di parte e che lo hanno ridotto così, al ruolo di capro espiatorio, appunto, per poter far meglio i loro comodi.
Negli ultimi vent'anni, Berlusconi ha svolto questa funzione per la metà, grosso modo, del paese. Cioè per la metà comunista (che, con il crollo del Muro di Berlino, aveva perso la ragione delle sue battaglie per un Molock che si era rivelato indubitabilmente dittatoriale e liberticida). In assenza di altre idee propagandistiche spendibili, la componente comunista italiana, con una mossa di un'intelligenza assoluta, si è ricompattata nella lotta contro Berlusconi-capro espiatorio che aveva, ben visibile sulla schiena, il suo inaccettabile conflitto di interesse televisivo. Un conflitto però che i vertici del partito a lui avverso (a parole) si è ben guardato di eliminare per legge quando fu in maggioranza in parlamento (e lo fu per otto anni su venti). Se il Pds-Ds-Pd avesse eliminato per legge il conflitto di interesse berlusconiano (cosa legittima e anche condivisibile) avrebbe fatto crollare l'ultimo Muro che aveva ancora a disposizione per poter governare senza scegliere e che è ciò che, a suo danno, si sta verificando adesso con l'evaporazione del berlusconismo. Una evaporazione che, infatti, non dipende certo da Bersani o D'Alema.
Da qui la necessità, per la politica italiana, di trovare nuovi capri espiatori. Crearne uno non è difficile. Ma perché esso possa svolgere un ruolo politico a livello nazionale, bisogna essere in grado di crearne uno che interpreti le correnti emotive di massa del momento che però non si sa quali esse siano, ma si possono valutare solo dopo che esse hanno prodotto un effetto. Da qui la necessità di procedere a tentoni.
L'M5s ha tentato la carta della denuncia della classe politica infetta e ladrona. I risultati che ha ottenuto sono stati rilevanti, diventando esso, subito, il secondo partito nazionale, pur collocandosi contro tutti e non disponendo programmaticamente di capitali né di leve istituzionali da usare a favore delle sue clientele. Ma, in questo caso, il capro espiatorio, pur avendo dato frutti, resta molto generico perché troppo esteso e infatti l'argomento comincia, non a caso, ad avere il fiato corto. Ha perso insomma la sua «spinta propulsiva», come si scriveva una volta, per poter dire niente, su Rinascita, il paradossalmente glorificato «settimanale ideologico» del Pci (locuzioni, queste, da scompisciarsi dal ridere nel 2015, ma che, trent'anni fa, mettevano sull'attenti tutti, compresi gli avversari).
Ecco perché, assieme, anche se in modi diversi, M5s e Lega hanno aperto anche il fronte dell'immigrazione selvaggia che, se non ci fosse stato monsignor Galantino, con le sue «improvvide» sortite, come diceva Amintore Fanfani della moglie, probabilmente sarebbe già rientrato.
M5s e Lega, sempre annusando il terreno come se fossero degli sioux, si sono gettati anche contro l'euro, ringalluzziti dalle prodezze di cartapesta (ma loro non lo sapevano) di Varoufakis, di Tsipras e del referendum greco con il quale «è stato data finalmente la parola al popolo». Il popolo greco, interpellato, si è espresso dicendo che non vuol pagare i debiti. Tutti gli estremisti italiani accorsi ad Atene furono subito molto contenti dell'esito bulgaro del referendum. Non capii che cosa avesse detto, in quell'occasione, Nichi Vendola, ma non me ne sono preoccupato perché mi capita sempre così. Ad ogni modo era molto eccitato. Ma i debiti non pagati riguardavano il passato. Bisognava quindi trovare chi, dopo non essersi visto restituire i crediti concessi, avesse elargito anche in futuro i crediti necessari per pagare lo stipendio ai greci, visto che le casse dello Stato ellenico e i forzieri delle banche di Atene erano vuoti. Per cui, per far tornare i conti in barba al referendum barzelletta, Varoukafis è stato restituito al suo ruolo di buttafuori del Peloponneso e Tsipras, anziché fare la rivoluzione, si è messo a fare le fusa. E ne è stato ricompensato. Vedi a fare il bravo cosa succede?, gli hanno detto. Per cui il jolly della lotta contro l'euro si è subito trasformato in una scartina per i partiti italiani in cerca di motivazioni. Proseguono quindi le ricerche. Un capro espiatorio ci deve pur essere da qualche parte. Ma sembra un ago in un pagliaio, oggi.
Pierluigi Magnaschi
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