Renzi e la retorica della società civile

Come rivendicare il primato della politica sul ricattuccio morale

di Redazione | 11 Agosto 2015 ore 15:00 Foglio

Ma che goduria Matteo Renzi sull’Unità: “Questa retorica della società civile da contrapporre al partito (come se il Pd fosse la società incivile) per me è insopportabile”. Spavaldo ma non strafottente, Renzi ha nominato i membri del cda Rai come voleva lui, senza ipocrisie, con un bel po’ della solita lottizzazione, libera espressione del potere politico in quel baraccone di commistioni che è da sempre la Rai, anche quella dei sepolcri imbiancati e dei professori, della libera docenza in ipocrisia applicata, quella della cosiddetta – pardòn – “società civile”, appunto.

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“Per anni anche i nostri leader hanno fatto passare questo messaggio, persino nel cda della Rai dove si sono scelte persone non esperte di comunicazione”, ha detto Renzi, alludendo, evidentemente, a Bersani, che in cda fece arrivare Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi: che differenza c’è tra Colombo e Arturo Diaconale? Tra la signora Tobagi e la signora Borioni? Nessuna. Ma Tobagi e Colombo sono più cosmetici e incarnano quel riflesso pavloviano che a sinistra è l’abdicare della politica all’evanescente fantasma di Canterville di codesto club di auto-eletta “società civile”, un mondo di persone che immaginano tante cose belle e leggono tanti libri anche brutti ma con molta compiacenza di sé. Un mondo che si dà, insieme, mandato (sempre alto), impegno (sempre gravoso) e assoluzione (sempre). “Non è che se uno non si è mai iscritto a un partito è società civile e invece chi fa il militante alle feste dell’Unità o ha una tessera in tasca è incivile”. E insomma la società non è più nobile della sua rappresentanza politica, dice Renzi: ne è notoriamente lo specchio.

Categoria Italia

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