007 e forze speciali. lungo processo di definitiva approvazione del disegno di legge
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quadro sulle missioni militari internazionali italiane, argomento che si trascina da tre legislature
di Alberto Scarpitta 30 luglio 2015, pubblicato in Analisi Italia
Nell’ambito del lungo processo di definitiva approvazione del disegno di legge quadro sulle missioni militari internazionali italiane, argomento che si trascina da tre legislature e che mira alla difficile formulazione di una disciplina complessiva della materia, le Commissioni Esteri e Difesa del Senato hanno approvato un emendamento, presentato dal senatore del Partito Democratico Nicola Latorre (nella foto a sinistra), con il quale si conferisce al Presidente del Consiglio il potere di emanare, sentito il Copasir, “disposizioni per l’adozione di misure di intelligence di contrasto, anche in situazioni di crisi o di emergenza all’estero che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale o per la protezione di cittadini italiani all’estero, con la cooperazione altresì di assetti della Difesa”.
In buona sostanza, in particolari e specifiche situazioni di crisi o di emergenza, quali il rapimento di connazionali o la concreta minaccia di un attentato, si consente l’impiego dei reparti speciali delle Forze Armate all’estero in delicate missioni di intelligence, per integrare le limitate risorse operative dei nostri Servizi Segreti (essenzialmente dell’AISE).
Durante il periodo che potremmo definire di “distacco operativo”, gli elementi delle Forze Speciali prescelti godrebbero delle stesse garanzie funzionali degli agenti dei servizi, come la clausola di non punibilità per gli eventuali reati commessi durante la missione e la possibilità, da parte dell’esecutivo, di opporre il Segreto di Stato alle eventuali indagini della magistratura. Dopo la missione gli operatori rientrerebbero nei ranghi per riassumere il loro status di militari. Soprattutto questi ultimi aspetti giuridici hanno sollevato, come sempre accade nel nostro Paese, non poche polemiche, alcune pretestuose, altre più articolate.
Tra le voci contrarie quella, molto argomentata, di un altro senatore PD, Felice Casson, che giunge ad individuare nella norma possibili rischi di costituzionalità. Secondo la legge sui servizi del 2007, infatti, le funzioni assegnate a DIS, AISI e AISE non possono essere svolte da altri enti, organismi o uffici. Sarebbero inoltre emersi dubbi e perplessità sulla catena di comando responsabile delle missioni congiunte, con il rischio di possibili interferenze tra gerarchie militari e civili.
Forse una diversa formulazione dell’emendamento, che specificasse meglio le condizioni per l’impiego delle Forze Speciali, potrebbe sciogliere alcune riserve di natura sia politica che legale e funzionale.
Curiosamente non sembrano esserci state invece richieste di chiarimento sul significato di “intelligence di contrasto”, un termine ambiguo che probabilmente includerebbe sia attività informative che azioni dirette.
Fatte salve queste precisazioni, l’emendamento Latorre copre un vuoto normativo importante, identificando nella Presidenza del Consiglio l’autorità preposta all’assunzione delle decisioni operative, e cerca di dare una risposta razionale ad un problema tangibile e concreto.
In un panorama internazionale sempre più fosco, il provvedimento rafforza e disciplina una cooperazione tra organismi dello Stato già sperimentata sul campo nei teatri operativi esterni ed assegna ai servizi, sia pure per casi specifici e periodi limitati di tempo, risorse numeriche e capacità operative che questi non possiedono, inclusa la possibilità di effettuare in casi estremi un blitz risolutivo. D’altro canto l’impiego delle Forze Speciali a sostegno dell’intelligence è prassi comune tra i nostri principali alleati, anche in Paesi che pure dispongono, a differenza del nostro, di strutture operative dei servizi molto efficienti di tipo militare.
Negli Stati Uniti, ad esempio, nonostante che la Special Activities Division della CIA comprenda un corposo Special Operations Group (SOG) responsabile delle operazioni clandestine a maggior rischio in aeree di crisi, il ricorso a reparti militari del J-SOC in missioni covert è assai frequente e debitamente regolamentato dal punto di vista legale.
In Francia le unità del COS, il Commandement del Opérations Spéciales, hanno agito nel Sahel in stretto collegamento con elementi del Service Action (SA) della DGSE, la direzione generale per la sicurezza esterna.
Il SA integra al proprio interno l’attività di raccolta informativa, di origine sia tecnica che umana, la capacità di analisi e quella di porre in essere un’azione diretta di tipo militare. Delle dimensioni complessive di un reggimento, dispone anche di un proprio reparto di volo, dotato di elicotteri Caracal e di aerei da trasporto tattico.
Nel suo ambito operano tre centri d’istruzione, dedicati alla formazione rispettivamente degli agenti clandestini, dei commando per le operazioni speciali di tipo militare e degli incursori subacquei.
Nell’ambito delle Forze Speciali del Regno Unito (UKSF) opererebbe infine, secondo autorevoli e ricorrenti voci giornalistiche, lo E Squadron, una piccola unità segreta composta da elementi tratti dal SAS e dallo SBS destinata ad operare con il Secret Intelligence Service, meglio noto come MI6. L’esistenza ed il ruolo del reparto sarebbero emersi durante una fallita missione clandestina in Libia.
Naturalmente nessuno propone, con l’emendamento Latorre, la creazione di strutture operative di intelligence parallele a quelle militari, simili ad esempio a quelle francesi (ogni residua ambizione di questo tipo è scomparsa con la catarsi politico-giornalistica seguita al caso Gladio): semmai la norma mira a sanare, almeno in parte, le lacune generate proprio dalla mancanza di tali apparati.
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