Così il Senato arresta la magistratura che esonda
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I senatori hanno detto "no" all’arresto di Azzollini: è una buona notizia per chi sogna una politica non schiava della magistratura
di Redazione | 29 Luglio 2015 ore 13:21 Foglio
Il senatore Antonio Azzolini festeggiato dopo il voto negativo alla richiesta d'arresto (foto LaPresse)
La richiesta d’arresto per il senatore Antonio Azzollini non stava in piedi, lo abbiamo scritto a lungo anche sulle nostre pagine, presentava molti elementi di debolezza non solo per l’inchiesta in sé ma anche per le ragioni che avrebbero dovuto giustificare l’arresto immediato del senatore di Ncd, e quella di oggi è una giornata importante per il Parlamento, perché si dimostra che ciò che dice una procura non è per forza Vangelo e che le prerogative che spettano alla Camera e al Senato non prefigurano una mera funzione notarile ma hanno un senso, servono a giudicare nel merito i processi, nel valutare con attenzione ciò che riguarda il destino di un parlamentare.
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Non è banalmente spirito di sopravvivenza della maggioranza, è un passaggio importante che se verrà confermato nel futuro – se si dimostrerà che le richieste di arresto per i parlamentari devono essere giudicate nel merito e non devono essere prese come oro colato solo per paura che ci sia un qualche grillino che possa fare un tweet pronto a denunciare l’inciucio – costituirà un passaggio importante anche per la nostra democrazia. L’immunità parlamentare non esiste più, come si sa, ma la Costituzione prevede ancora degli strumenti, come l’autorizzazione all’arresto, che permettono di respingere al mittente dei tentativi della magistratura di forzare la mano con la politica. Oggi la maggioranza dei senatori ha pensato che fosse uno di quei giorni.
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