Premi e punizioni. Come il mercato delle commissioni disegna la nuova geografia renziana
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Mercoledì le nomine nelle commissioni di Camera e Senato: strano Nazareno a Palazzo Madama e guai a Montecitorio
di Redazione Foglio | 03 Luglio 2015 ore 06:15
Roma. Al Senato, dove in realtà continuano un po’ a collaborare, è bastato che Paolo Romani e Luigi Zanda, cioè i capigruppo di Forza Italia e del Pd, si guardassero negli occhi, per stabilire, con muta intesa, di rimandare tutto a settembre: luglio è infatti un mese complicato, è il mese delle riforme. Ieri, per dire, è stata incardinata la riforma del Senato, poi ci sono le unioni civili, niente meno, e infine è in arrivo anche il marasma della Rai. E insomma, poiché a Palazzo Madama la maggioranza si regge per pochi voti, è meglio tenere ogni cosa in surplace, sospesa. E così Forza Italia, malgrado sia fuori dalla maggioranza, manterrà ancora per qualche mese (e poi chissà) la presidenza della commissione Trasporti, con Altero Matteoli, e della commissione Giustizia, con Nitto Palma. Tutto fermo, dunque, in un clima allusivamente nazarenico. Mentre alla Camera, dove è tutto un brunettiano scoppiettare, Maria Elena Boschi e Luca Lotti hanno incaricato il capogruppo del Pd, Ettore Rosato, di annunciare a Forza Italia, cioè al medesimo scoppiettante Renato Brunetta, la revoca delle quattro commissioni di cui il partito del Cavaliere è ancora alla guida a Montecitorio. Si decide mercoledì prossimo.
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La redistribuzione degli incarichi nelle commissioni parlamentari è da sempre un mercato, sin dai tempi della Prima Repubblica: la maggioranza sceglie e distribuisce premi, pennacchi, medagliette ai parlamentari, ovvero presidenze, segreterie e poltroncine nelle commissioni più ambite. C’è chi sale e c’è chi scende. E in questa roulette di assegnazioni, si compone quasi una geografia, si riconosce la distanza di ognuno dal cuore del governo, nel caso specifico dal cuore di Matteo Renzi. E i parlamentari, in questo sistema articolato di gratifiche e riconoscenze, da sempre sgomitano, ciascuno cerca l’approdo nelle sedi di maggior prestigio, per dire: in commissione Agricoltura, o alle Politiche europee, dove non gira un soldo, non ci vuole andare nessuno, e se ti piazzano lì allora vuol dire che non sei precisamente il preferito dai capi. Ma per la commissione Bilancio e per quella Affari costituzionali è tutt’altra storia: si fa a cazzotti (tanto che le male lingue diffondono la leggenda, certamente falsa, che Manuela Repetti, compagna di Sandro Bondi e senatrice di Forza Italia da poco passata al Gruppo misto, stia per questo cercando di zampettare nel Pd). E s’intuisce così quanto sia delicato, in realtà, questo gioco d’incastri e piccoli premi, specie quando le legislature sono fragili, quando – come nel caso dell’attuale maggioranza – ci sono tanti alleati affamati d’accontentare (Alfano&co.), parecchi malmostosi da non irritare (Bersani&co.) e anche qualche piccolo aiutante da incoraggiare, come i deputati e senatori del gruppo misto che da tempo votano con la maggioranza pur restandone fuori: simpatizzanti di Forza Italia (non solo verdiniani), soci di Lorenzo Dellai, Socialisti, e fuoriusciti dal M5S.
Da qualche giorno Rosato, il capogruppo di Renzi, si aggira per i corridoi di Montecitorio con una cartellina sotto il braccio. Sopra c’è scritto, in stampatello: “COMMISSIONI”. Lì dentro ci sono figure, nomi, volti e problemi che più concreti non possono essere. Le quattro commissioni che saranno scippate a Brunetta accendono l’appetito. Alfano, che ha quattro commissioni al Senato, ne vuole altre due alla Camera, ed è sempre complicato dirgli di no. A Scelta civica se ne dovrà dare una in più, se no si offendono. Ne resta una per il Pd o per gli ascari da tenere buoni, come i sempre affamati ex dc che hanno rotto con Monti, ovvero i ragazzi di Dellai. Lorenzo Guerini li incontra oggi. Ma per uno che accontenti, tra brividi e proteste ce n’è un altro che mette il muso. E alla fine distribuire caramelle può anche risultare controproducente.
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