L’avanzata dei 5 Stelle fuori dal Palazzo: «Così conquistiamo l’Italia»
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Quindici sindaci collegati su Whatsapp e migliaia di consiglieri comunali. Da sempre forte nel voto d’opinione, ora il Movimento dilaga sul territorio
Marco Fattorini, Linkiesta 23.6.2015
Quindici sindaci, novantasette consiglieri regionali, centinaia di consiglieri comunali (112 solo in Sicilia). Qualcuno nel Movimento ipotizza addirittura una cifra vicina ai «2mila portavoce eletti». La geografia dell’Italia a Cinque Stelle va oltre i Palazzi romani. Dopo i risultati delle Regionali, le vittorie ai ballottaggi e il vento in poppa nei sondaggi, il Movimento tira una boccata d’ossigeno sui territori. Il prossimo obiettivo, neanche a dirlo, è il Campidoglio. Senza contare che nel 2016 si andrà al voto in città come Milano, Torino e Napoli. Sul tavolo però restano questioni aperte. La linea politica del governo locale, le candidature, i ruoli da chiarire. «Da sempre le amministrative erano la nostra bestia nera, adesso stiamo costruendo una nuova classe dirigente», spiega a Linkiesta Giancarlo Cancelleri, capogruppo Cinque Stelle al Parlamento Siciliano. «Dove c’è un nucleo attivo che fa battaglie, viene premiato alle urne. A Gela abbiamo appena eletto il sindaco ma a Licata, pochi chilometri di distanza, non arriviamo al 5 per cento». Un altro esempio. «Quando alle politiche 2013 in Sicilia prendevamo il 34 per cento alla Camera, alle amministrative di Catania non superammo lo sbarramento. Una lezione per chi nel Movimento pensava bastasse il simbolo, un bollino di qualità come quello della banana Chiquita, per prendere voti. Invece va avanti chi merita, non abbiamo la struttura di un partito e dobbiamo faticare sul territorio».
Nel 2009 si contavano 23 consiglieri comunali a Cinque Stelle. Oggi il Movimento siede nei consigli regionali di 18 regioni su 20. All’appello mancano Calabria e Sardegna
Proprio sul territorio il Movimento ha vissuto di alterne fortune. Storicamente i Cinque Stelle sono sempre stati più forti nel voto d’opinione, scontando problemi di radicamento alle amministrative. Adesso la questione morale a Roma, i risultati in Parlamento e le esperienze di governo in giro per l’Italia danno nuova linfa. «In realtà il Movimento esisteva e faceva battaglie sul territorio ben prima di essere scoperto dai media», raccontano gli attivisti della prima ora. Le liste civiche, i banchetti, le mobilitazioni. Nel 2009 si contavano 23 consiglieri comunali a Cinque Stelle. La svolta arriva con le politiche del 2013, anno in cui il Movimento diventa «romanocentrico». Una valanga di parlamentari, ma anche diverse realtà da comporre e un Movimento da strutturare in giro per l’Italia. Ci sono i meetup, spesso non bastano. Nascono faide locali. Oggi il Movimento siede nei consigli regionali di 18 regioni su 20. I pentastellati si tagliano gli stipendi, lottano contro i vitalizi, fanno interrogazioni e opposizione serrata. In Sicilia pagano di tasca propria (300mila euro) per realizzare una via alternativa dopo il crollo del viadotto dell’autostrada A19 che ha spaccato a metà la viabilità isolana. In due regioni però gli uomini di Grillo restano a bocca asciutta. Prima di tutto in Sardegna, dove per una guerra interna ai meetup Grillo ha deciso di ritirare il simbolo. Nessun consigliere nemmeno in Calabria, dove alle elezioni dello scorso novembre il Movimento si è fermato al 4 per cento. «Non c’era un vero coordinamento regionale», la giustificazione postuma.
Passano mesi, i parlamentari continuano a girare l’Italia, tornano in tv e servono le pizze ai tavoli in una campagna elettorale autofinanziata. Alle regionali di maggio il Movimento fa il pieno: sette consiglieri in Campania e sette in Puglia, sei in Liguria, cinque in Toscana e altrettanti nelle Marche, quattro in Veneto, due in Umbria. Alla candidata M5s in Puglia il governatore Michele Emiliano offre l’assessorato all’ambiente. La risposta è no. Ma la regione regina dei Cinque Stelle resta la Sicilia, dove il Movimento ha 14 consiglieri e una storia importante. La nuotata di Grillo sullo Stretto, il clamoroso risultato delle urne, un lungo lavoro sul territorio. «Abbiamo conquistato credibilità - spiega Giancarlo Cancelleri - sfidando la diffidenza dei siciliani che da tempo hanno smesso di credere alle balle della politica tradizionale. La nostra più grande rivoluzione è stata mantenere le promesse. Ieri eravamo tollerati, oggi siamo rispettati alla luce delle battaglie portate avanti». L’isola felice del Movimento è anche quella in cui gli uomini di Grillo lavorano per il consolidamento. «Alle prossime regionali - chiosa Cancelleri - non saremo più gli outsider. Mi sbilancio, saremo noi quelli da battere». E sarebbe la prima regione governata dai Cinque Stelle.
Esiste una chat di Whatsapp a cui partecipano sindaci, capigruppo e il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. Lo spazio serve per chiedere consigli e scambiare esperienze sull’azione amministrativa
La Sicilia è anche la terra col maggior numero di sindaci grillini: ben cinque fasce tricolori. Inclusa Gela, tana del governatore Crocetta. Le altre dieci sono in giro per l’Italia. Dai 7mila abitanti di Montelabbate ai 190mila di Parma, passando per i 160mila di Livorno, i 70mila di Pomezia e i 53mila di Civitavecchia. «Teniamo all’amministrazione delle città - spiega Alessandro Di Battista - perché lì mettiamo in pratica le idee originarie del Movimento e facciamo fuori Equitalia dalla riscossione dei tributi». Esiste una chat di WhatsApp a cui partecipano i sindaci, i capigruppo comunali e il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. Lo spazio serve per chiedere consigli e scambiare esperienze sull’azione amministrativa. Intanto sul campo si rivendicano i risultati. Misure green, raccolta differenziata, difesa della legalità. A Ragusa gli studenti pendolari non devono pagare i mezzi pubblici, a Parma la giunta ha abbattuto del 40% il debito di 875 milioni ereditato dal Pdl, ad Assemini non c’è più la Tasi, a Pomezia è stata chiusa una municipalizzata inutile. A Mira si vuol far pagare la tassa dell’immondizia in base alla quantità prodotta, non più in base alle dimensioni della casa. Ma la Stalingrado a Cinque Stelle resta Parma, conquistata nel lontano 2012. Lì Federico Pizzarotti ha dovuto combattere con l’inceneritore ma soprattutto con i diarchi Grillo-Casaleggio, che non avrebbero visto di buon occhio la sua “libertà” condita dall’ascesa politico-mediatica.
Oggi, con le acque più calme, da Parma ragionano sul futuro “locale” dei pentastellati. «Il Movimento ha margini di crescita al nord, ad esempio nelle grandi città, dove peraltro non siamo riusciti a sfondare. Ma non dobbiamo inseguire la Lega sul terreno dell’immigrazione». Marco Bosi, capogruppo M5s al consiglio comunale di Parma e uomo vicinissimo a Pizzarotti, mette nero su bianco le richieste degli amministratori locali pentastellati. «È necessario fare rete sempre di più per condividere le esperienze di governo locale». I piani, spiega a Linkiesta, sono principalmente due. «Dal punto di vista amministrativo dobbiamo costruire quanto prima un’identità politica del Movimento per la gestione dei servizi sul territorio. Che oggi non abbiamo. Dal punto di vista mediatico ci sentiamo soli e ci piacerebbe che il Movimento riuscisse a veicolare di più le azioni di governo locale». La conclusione è che la rete non basta. «Servono incontri e riunioni tra tutti gli eletti, a tutti i livelli. Per fare un esempio, gli amministratori e consiglieri M5s ci chiedono tantissimi consigli su welfare, servizi sociali, assistenza a disabili e minori, tematiche centrali per un’amministrazione comunale su cui ancora oggi non c’è una visione d’insieme nel Movimento».
I «delegati territoriali» sono nominati dalla Casaleggio Associati per la gestione del Movimento nelle regioni. «Non hanno funzionato», spiegano dalle periferie M5s
Anche Giancarlo Cancelleri, dall’isola felix siciliana, ammette: «Dobbiamo migliorare il meccanismo con la rete e con il contatto fisico. Non bisogna delegare, ma partecipare». Spesso le potenzialità del territorio vengono soffocate dalle guerre intestine. Come i meetup che si scindono e arrivano alle elezioni con liste separate, ultimo il caso di Pesaro. Ma in ballo ci sono anche le figure dei «delegati territoriali», referenti ufficiali e ufficiosi, spesso si tratta di parlamentari, nominati dalla Casaleggio Associati per la gestione del Movimento nelle regioni. «Non hanno funzionato, in alcuni casi non hanno fatto nulla», attaccano dalle periferie M5s. Con l’arrivo del “direttorio” la delega a Meetup e territori spetta ad Alessandro Di Battista e Roberto Fico. A loro più di qualcuno chiede un’azione incisiva che finora non s’è vista. Meno spot e più sostanza. Mesi fa, ad esempio, era stato indetto il tour dei Comuni. «Partirono da Livorno - racconta un insider - arrivarono 17 parlamentari per fare un comizio in un teatro, a cui però non c’erano più di 80 persone. E infatti dopo quella tappa non s’è fatto più nulla».
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