Noi filistei pieni di amore dobbiamo pulire dove altri defecano e curare la scabbia. Stop
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Le alternative in realtà ci sono e sono due e solo due
di Giuliano Ferrara | 14 Giugno 2015 ore 06:27 Foglio
Bisogna accogliere gli afflitti e accettare l’invasione, bisogna sanare la piaga, accettare la posizione marittima speciale dell’Italia e farne fonte di condivisione e corresponsabilità in Europa, bisogna curare la scabbia degli immigrati sfortunati e trattare con delicatezza i neonati raccolti nelle stazioni ferroviarie, e bisogna farsi largo tra folle impreviste di clochard del nostro secolo, pulire dove qualcuno defeca in assenza di servizi con la stessa delicatezza e rassegnazione con cui io pulisco appresso alle mie tre creature canine. Bisogna sporcarsi le mani (letteralmente) con la tragedia di disordine, di malagrazia, di povertà e di abissale follia che incombe alle nostre frontiere. Bisogna subire l’invasione e smetterla di pensare e di dire che c’è un’alternativa.
Le alternative in realtà ci sono e sono due e solo due. La prima è sparargli, affondarli, respingerli con violenza e rigore doganiere come merci non autorizzate o come esseri umani nemici. Non è minimamente praticabile. Non è praticata da alcuno, salvo qualche fucilata nelle enclave spagnole di Ceuta e Melilla, dove la frontiera è la frontiera perché al di là della frontiera non ci sono tribù sparse in guerra e drammi epocali incontrollati del continente africano ma il rassicurante Re del Marocco (insomma una ordinata situazione postcoloniale). E’ un’alternativa bloccata dallo spirito di carità suffragato dal buonsenso ordinario: siamo filistei ma pieni di amore, almeno in apparenza, e non ammazziamo i vicini di mare. Neanche quando si fanno minacciosi alle nostre coste. E’ così e non puoi farci niente, caro Langone.
L’altra soluzione è impervia, sarebbe quella giusta in linea teorica, ma non siamo disponibili, perché ha un costo politico, civile e sociale superiore al diffondersi della paura, superiore alla paura stessa nuda e cruda, e magari al disgusto per il decoro violato della nostra pace semisecolare. La soluzione è la guerra. Cioè una politica estera aggressiva, la ricerca del casus, la pressione sugli alleati occidentali, la willing coalition per dare ordine al disordine africano e mediorientale. La guerra implica la calata del sipario sul nostro benessere insidiato dai mendicanti di spazio vitale, la guerra per risanare il mondo che preme in farraginoso subbuglio implica uno sforzo nazionale, tasse, spese militari, impegno civile che riguarda ciascuno, rinuncia all’equilibrio. Tutti sanno che quello è il problema. L’islam politico fanatizzato, da una parte (e Dio solo sa quanto questo islam assomigli all’islam, e basta). E tutto il resto di destabilizzazione, guerre civili, caduta dei regimi nostri alleati, i nostri figli di puttana, non si cura se non con la terapia militare e politica dell’intervento forte, di natura imperiale. Ma siamo noi, potremo mai tornare ad essere, “interventisti” o addirittura “imperialisti”? No, siamo realisti immaginari. Pensiamo che non si raddrizzano le gambe ai cani, che non si esporta la democrazia, che mille fiori di strage devono fiorire perché negli altri alveari altri umani trovino la loro strada a un’operosa autodeterminazione. Neghiamo la storia, non vogliamo certo andare militare, strilliamo compunti contro gli scabbiosi ma con altrettanta compunzione è chiaro che rinunceremmo prima ancora che fosse proposta a una crociata per l’ordine mondiale. Che orrore!
Un caro amico, persona saggia e buona, mi dice che bisogna fare qualcosa, che ha visto in tv le stazioni bivacco, che sente le notizie disumanizzanti dell’immigrazione selvaggia come fucilate nel suo cuore, che non intende rassegnarsi alla deturpazione definitiva del paesaggio umano e culturale dell’Italia nostra. Lo capisco bene. Condivido il sentimento. Ma ragionando so che nessuna strategia della paura l’ha mai avuta vinta da noi, nessuna ideologia cosiddetta sicuritaria è mai andata oltre la rappresentanza di una minoranza vociante e votante, ma incapace di farsi decisione e governo della cosa pubblica, prefetto o non prefetto, Lega o non Lega, perché siamo un popolo sottile di esseri umani privati, capace di distinguere e capire il proprio interesse anche meschino, e dopo lo sberleffo e il vaffanculo e la paura giocata dai demagoghi scatta la ricognizione del possibile: dopo, gli italiani sanno che per scacciare la paura bisogna faticare duro, e fare guerra, e pagare tasse, e sistemare il mondo. Programma troppo vasto e faticoso. Stop. Meglio la scabbia, che si cura con poco, all’Asl.
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