Renzi non taglia le tasse e nemmeno riforma la p.a. E il Veneto lo bastona
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I veneti ora hanno rimesso le carte al loro posto giusto. Il Renzi di governo non li convince e così hanno riconfinato il Pd nella sua nicchia storica, quella nella quale da più di vent'anni è stato schiacciato nel profondo Nord italiano.
di Edoardo Narduzzi Italia Oggi 2,6,2015
La cartina di tornasole di queste elezioni politiche regionali è il risultato del Veneto. La regione con il pil più importante, per valore dell'export e per contributo a quello nazionale, tra quelle in cui si è votato. Gli imprenditori, i professionisti, le partite Iva, gli artigiani e, più in generale, gli elettori veneti che non vivono di trasferimenti pubblici avevano concesso una importante apertura di credito al rottamatore. Alle elezioni europee del 2014, le prime dell'era Matteo Renzi a palazzo Chigi, il Pd aveva preso quasi 900 mila voti ed era stato di gran lunga il partito più votato. Le liberalizzazioni promesse da Renzi, come l'abolizione delle camere di commercio, l'annunciata lotta violenta alla pubblica amministrazione che non funziona e, soprattutto, la promessa del Premier di voler ridurre le tasse, avevano convinto i veneti a dare un'apertura di credito al leader fiorentino. Domenica la fiducia è stata ritirata: nelle urne il crollo del Pd è stato deflagrante con un arretramento del 19% rispetto alle europee e una lista ben sotto il 20% dei suffragi espressi. I veneti sono gente pragmatica, abituata da sempre ad alzarsi la mattina per andare a guadagnarsi la giornata con le proprie energie non vivendo di tasse altrui, e hanno subito preso le misure alle slide e alle riforme mancate di Renzi. Certo, la candidatura in stile nuovista tout court di Alessandra Moretti ha tutt'altro che aiutato il Pd che pensava che i voti presi dalla Ladylike, inventata dai talkshow ma senza un vero peso politico nel Cv, alle europee fossero davvero dei voti intercettati dal giovanilismo senza messaggio della Moretti.
I veneti ora hanno rimesso le carte al loro posto giusto. Il Renzi di governo non li convince e così hanno riconfinato il Pd nella sua nicchia storica, quella nella quale da più di vent'anni è stato schiacciato nel profondo Nord italiano. Quello che da allora, quindi da sempre, attende la rivoluzione liberale che assuma le vesti di uno stato low cost e di una tosatura della pressione fiscale. Il Premier rottamatore, invece, sul fronte del taglio dei costi della p.a. ha fatto solo annunci, mentre la pressione fiscale con il governo Renzi è rimasta invariata se non leggermente aumentata. Così i veneti, che vogliono pagare meno tasse ed essere meno oppressi dallo stato per poter investire di più nelle loro aziende, hanno deciso di voltare le spalle a Renzi. Il messaggio è chiaro: se il rottamatore non rottama anche le tasse, allora quella parte di pil italiano incarnato dai lavoratori autonomi e dagli imprenditori non lo vota più e la costituency elettorale del Pd si restringe di nuovo sui pensionati. Proprio quelli ai quali il neopresidente dell'Inps, Tito Boeri, vorrebbe ricalcolare al ribasso le pensioni retributive.
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