Il parlamento fa le leggi, i magistrati le cancellano
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La stangata della Consulta su alcuni effetti della riforma pensionistica della Fornero, cancellati retroattivamente al punto da costringere il governo a stanziare al volo due miliardi
di Sergio Luciano Italia Oggi 30.5.2015
La stangata della Consulta su alcuni effetti della riforma pensionistica della Fornero, cancellati retroattivamente al punto da costringere il governo a stanziare al volo due miliardi di “risarcimenti”, è stata solo una puntata clamorosa di una telenovela che va avanti da anni: i continui micro e macroconflitti istituzionali tra un potere legislativo che sembra incapace di legiferare in modo compiuto e una serie di altre autorità – la Consulta, ma anche la giustizia amministrativa – che disfano quel che il Parlamento (o le Regioni) hanno appena fatto.
La legge Severino è sotto i riflettori in questi giorni: proibirebbe l'assunzione di incarichi pubblici a soggetti condannati in primo grado, ma non ne proibisce la candidabilità, è stata impallinata dal Tar ma ora la Consulta ha decretato la competenza della magistratura ordinaria e intanto il governo di Comuni come Napoli e Salerno e Regioni come Campania o Toscana finisce “sub-judice”.
La normativa sulla “voluntary desclusure”, come Italia Oggi ha ben documentato, è ancora talmente confusa e contraddittoria da far paventare ai soggetti interessati imprevedibili conseguenze penali dall'avervi aderito, dissuadendoli.
Per un puro caso il governo non ha dovuto tamponare un'altra falla contabile sulla dubbia costituzionalità, non sancita dalla Consulta con scelta clemente, del forte “aggio” che Equitalia applica sulle esazioni.
Insomma: l'incertezza del diritto è massima e nasce, si direbbe, dalla dozzinalità dell'operato dei legislatori. Da che dipende? Sono dilettanti allo sbaraglio? Sono incompetenti? O non sono, piuttosto, spinti da istanze diverse da quelle della buona amministrazione, protesi cioè più a mediare tra opposti interessi e conciliare l'inconciliabile che a legiferare come si deve?
L'impressione è che varie cause concorrano al disastro. Troppi compromessi, visione opportunista di breve termine, a volte fretta, spesso anche pura incompetenza. Non si può escludere neanche una sorta di “istinto suicida”, lo scrivere cioè deliberatamente male le norme che non si vorrebbe promulgare proprio allo scopo di renderle inattuabili. Certo è che il tasso di inefficienza del sistema legislativo ha superato i livelli di guardia. Un buon tema, per la foga riformista del governo in carica.
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