Lettere al Direttore Il Foglio 8.4.2015

I cristiani tra carnefici sconosciuti e storie di benedizioni negate

1-Al direttore - Effettivamente Atene si trova a fronteggiare il trilemma (democrazia, sovranità nazionale e integrazione economica) di cui il Foglio scrive il 7 aprile.

Ma il trilemma riguarda anche l’Europa che, pur essendo sue due istituzioni creditrici, non può chiamarsi fuori da questa triade di assai difficile compatibilità. Se, poi, pensa di risolvere il problema spingendo Tsipras a modificare la maggioranza che sostiene il suo governo, immaginando che così la strada diventi spianata senza considerare i contraccolpi, allora l’ingerenza nella vita di quel paese compie un salto: non più la Troika che, comunque, chiedeva le riforme da introdurre e con esse impegni e vincoli, ma anche la determinazione di stabilire chi deve assolvere a questi compiti, anche se ora “imposti” non più dalla Troika, ma dal Gruppo di Bruxelles. Siamo ben oltre il famoso adagio cucciano “osservare il titolo quinto, chi ha i soldi ha vinto”. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

Capisco il suo punto ma concordo fino a un certo punto. Se sei in Europa, e accetti i soldi dell’Europa, devi rispettare alcune regole. E se gli amici che hai scelto di portare al governo non sono in grado di rispettare le regole è ovvio che puoi arrivare persino a riorganizzare il tuo tavolo da gioco. Non è ingerenza, mi spiace, ma è la differenza tra chi è responsabile e chi non lo è.

2-Al direttore - Che i cristiani sono perseguitati nel mondo, e pure in Italia sotto altre forme più… costituzionali, lo sapevamo anche prima dell’arrivo in Vaticano di Papa Francesco, e quel “mondo non sia inerte” cosa significhi con esattezza francamente mi sfugge. Mi sa tanto di quel medico che ti diagnostica il malanno ma non sa come curarlo. Comunque una cosa è certa, per fermare i tagliatori di teste non serviranno né ramoscelli d’ulivo né le preghiere, ma l’uso delle armi anche le più cruente, e bisogna avere il coraggio, una dote rara in Italia, di dirlo!

Enzo Bernasconi

In tutte le belle parole ascoltate in questi giorni in difesa dei cristiani trucidati manca sempre un concetto: non esiste difesa coerente se non si individua con chiarezza non solo la vittima ma anche il carnefice. Ed è su questo punto, sull’identificazione precisa del carnefice, sul nominare chi uccide i cristiani, che mi sembra ci sia ancora una certa timidezza, diciamo.

3-Al direttore - Le scrivo in merito ai vergognosi eventi degli ultimi giorni, relativi all’allontanamento, da una scuola del comune di Lari-Casciana Terme, di un sacerdote intento nella tradizionale benedizione pasquale, a opera di una locale dirigente scolastica, la preside Gadducci, che ha cercato di curare un paesello di casa nostra, Lari, da quella che a quanto pare considera come una malattia mortale, la cristianità e le sue tradizioni, con una cura a base di laicità neo giacobina, e di citazioni a sproposito di sentenze della Corte costituzionale. Vorrei poter derubricare il fatto, a goffo e claudicante tentativo di una piccola dirigente-preside di puntare i piedi nel proprio orticello culturale di riferimento. Ma proprio oggi che scriviamo, ci scorrono negli occhi le immagini dei circa 150 studenti kenioti, in questo tempo di Pasqua, trucidati in ragione della propria fede, ci scuserete se non riusciamo a tacere. Pochi giorni fa, alla richiesta del parroco di benedire come sempre, l’Istituto Sanminiatelli di Lari, la preside ha opposto il suo “jamais!!” sbarrando la porta dei locali della scuola. Ci auguriamo che la “cacciata del sacerdote” per la preside non abbia rapresentato un primo personalissimo atto di lotta contro un qualche apartheid territoriale, sociale, o etnico che la benedizione pasquale poteva rappresentare, ma di certo, è stato avvertito come una sorta di curiosa interpretazione della preside, del concetto di tolleranza e del “vivre ensemble” multiculturale alla quale certamente la stessa ci dirà di ambire, e se così fosse, facendoci fare grasse risate. Mi rivolgo a lei sig.ra preside: quello che lei ha tradotto con questo suo pressappochista colpo di mano, è stato il sequestro del concetto di rispetto. Lei ha privato i suoi alunni, non solo di quest’occasione di scambio, ma anche di dibattito, spostandolo sugli organi di stampa. Abbiamo rivisto retaggi di una cultura del sospetto, più che della conoscenza, e spiacevolissimo che a renderli manifesti sia una dirigente scolastica che ha mostrato nel suo ruolo di educatrice pesanti limiti di fronte alle sfide nuove che oggi anche l’integrazione ci pone innanzi. Chi le scrive ha infatti avuto modo di verificare quanto genitori di diversi bambini musulmani non solo non si sarebbero opposti, ma anzi desideravano fermamente che questo rito, questa tradizione, venisse perpetuato. Cade così una delle verosimili attenuanti a cui poteva appellarsi: la difesa del multiculturalismo. Quello che è poi successo, la divisione dei bambini cattolici messi in una grande sala per far loro vedere la benedizione, divisi da quelli non cattolici, ci ha trasmesso, se lo lasci dire, lo spiacevolissimo sapore della ghettizzazione. Appellarsi poi, come lei ha fatto, alla “mancata richiesta preventiva” del sacerdote per impedirgli l’accesso alla scuola, cosa che avviene da prima che lei nascesse, è qualcosa che ricorda il suono dello scivolio sugli specchi di chi per circondarsi di vane e vaghe attenuanti parla burocratese e si trincera dietro risibili formalismi.

Giovanni Belcari

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