La riforma del senato prepara l'esplosione della spesa locale
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Nelle prossime settimane il governo sarà impegnato in un estenuante braccio di ferro con le regioni
di Sergio Soave , Italia Oggi 8.4.2015
Nelle prossime settimane il governo sarà impegnato in un estenuante braccio di ferro con le regioni e i comuni per arrivare alla definizione definitiva del documento economico-finanziario che disegna l'equilibrio fiscale per l'anno prossimo. È abbastanza facile prevedere come andrà a finire, perché il copione probabilmente avrà più o meno lo stesso andamento di quello recitato negli anni precedenti. Prima regioni e enti locali sosterranno che non c'è modo di tagliare i loro bilanci, dimenticando le evidenti differenze di costi delle prestazioni che dimostrano il contrario, poi si passerà a una specie di mercato delle vacche e il governo concederà uno sconto, probabilmente già previsto, magari introducendo qualche nuova tassa compensativa, come quella che Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente dell'associazione dei municipi chiede di introdurre sui biglietti aerei.
Mentre assiste a questa forse inevitabile fase di discussioni e di contrapposizioni, Matteo Renzi dovrebbe pensare seriamente al fatto che se alla fine al governo resta l'ultima parola visto che può far approvare dal parlamento la legge finanziaria anche senza il consenso dei comuni e delle regioni, questo dipende dal fatto che ancora non è in vigore la riforma della costituzione che egli stesso propone. Infatti, quando entrasse in vigore il nuovo testo, la forza contrattuale degli enti amministrativi sarebbe immensamente aumentata dalla facoltà attribuita al nuovo senato, composto direttamente da esponenti delle regioni e da sindaci, di approvare o di respingere il bilancio dello stato. A quel punto il consenso degli enti intermedi sarà indispensabile e questo potrebbe portare alla paralisi delle misure di controllo degli eccessi di spesa locale. Se la minoranza interna al Partito democratico ha scelto di concentrare il fuoco della polemica su un aspetto secondario della legge elettorale, cercando di far pesare la sua influenza tra gli attivisti per ottenere con le preferenze una rappresentanza più che proporzionale, mentre in sostanza non ha obiezioni al punto più critico della riforma istituzionale, di cui lamenta addirittura l'indebolimento dei «contrappesi», è perché punta proprio sul diritto di veto delle regioni per indebolire Renzi, se sarà confermato premier nella prossima legislatura.
Per effetto della centralità assunta da queste schermaglie di potere interne al Pd il problema dell'efficacia delle istituzioni, che è alla base della riforma costituzionale, rischia di essere sacrificato, con l'effetto di una presunta semplificazione